lunedì 2 marzo 2009

Testamento biologico. Prove di epurazione dei senatori ribelli nel Pdl

il manifesto 27.02.09
Testamento biologico. Prove di epurazione dei senatori ribelli nel Pdl

Appello bipartisan sul ddl: «Fermiamoci e rinviamo»
di Eleonora Martini

«Calma e sangue freddo: rinviamo il voto sul testamento biologico a dopo le elezioni europee». Nove senatori di entrambi gli schieramenti politici lanciano un appello «volto a scongiurare un voto non sufficientemente meditato sul problema del fine vita». Ma la risposta, altrettanto bipartisan, è al momento piuttosto freddina, se non del tutto negativa. I primi risoluti no alla moratoria legislativa vengono dalla presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro, dalla capogruppo in commissione Sanità Dorina Bianchi e, dall'altra parte dell'emiciclo, dallo stesso relatore del ddl, Raffaele Calabrò. I motivi sono diversi ma è chiaro che il lavoro in commissione è giunto ad un momento molto delicato (martedì in seduta notturna si tenterà di mettere ai voti i circa 600 emendamenti e il presidente Tomassini, sperando di portare in Aula il testo modificato, ha già chiesto di far slittare il termine previsto per giovedì 5). La tensione è alle stelle, il Pdl accusa i democratici di ostruzionismo, scoppiano liti in commissione Sanità, ma a tutti in questo momento la battaglia appare più aperta di prima. Intanto, però, con calma e sangue freddo c'è qualcuno nel Popolo della libertà che preme per serrare i ranghi ed epurare i dissenzienti. Tanto da far trapelare la notizia, poi smentita a fine giornata dagli stessi interessati, della sostituzione dalla commissione Affari costituzionali dei due senatori Pdl Lucio Malan e Ferruccio Saro che avevano sollevato dubbi di costituzionalità sul ddl Calabrò. Un avviso ai ribelli, si potrebbe dire con un pizzico di malizia, sul quale il vice capogruppo Pdl Gaetano Quagliariello si è limitato a commentare: «Il gruppo non ha preso in considerazione questo problema perché la commissione si riunisce la settimana prossima». Una notizia, insomma, «vera ma prematura» come la definisce Anna Finocchiaro prendendo in prestito una frase di George Bernard Shaw.
«Noi, credenti e non credenti - scrivono nell'appello bipartisan i democratici Enzo Bianco, Emma Bonino, Pietro Ichino e Stefano Ceccanti, insieme con i senatori Pdl Lamberto Dini, Antonio Paravia, Maurizio Saia, Giuseppe Saro e Rossana Boldi - considerato il clima attuale del dibattito politico in corso sul testamento biologico, rileviamo il rischio che un intervento legislativo non sufficientemente meditato, quale che ne sia il segno e il contenuto, cristallizzi soluzioni rigide, sempre parzialmente inappropriate rispetto all'infinita varietà dei casi reali, come è inevitabile. Per questo chiediamo una moratoria legislativa su questa materia di qualche mese, che permetta di recuperare la serenità necessaria per il migliore e più aperto confronto». Un appello che secondo Saro «ha già aperto un dibattito» tra le coscienze di centrodestra: «Se si riuscisse a superare questo scontro tra schieramenti, si potrebbe arrivare ad una legge più condivisa, non una legge etica da repubblica teocratica». Così però la vorrebbero i 53 senatori Pdl che hanno chiesto di inserire anche la respirazione artificiale tra i trattamenti non rifiutabili. «Sembra che si debba decidere chi vince tra i due schieramenti mentre il vero problema è quale legge verrà fuori», aggiunge Bonino.
Ma la proposta non viene accolta bene nemmeno nel Pd: Anna Finocchiaro e Dorina Bianchi non ci stanno anche se concordano sul bisogno di non legiferare sull'onda emotiva del caso Englaro. «Nel frattempo però potrebbero presentarsi altri casi altrettanto strumentalizzabili e il clima potrebbe addirittura peggiorare», spiega l'ex tedodem Bianchi che ci tiene, dice, «a rispettare gli impegni presi: arrivare a una legge il più presto possibile e portare il testo in Aula il 5 marzo». Chiaro dunque che Dorina Bianchi non lavora per l'«ostruzionismo», un'accusa che il senatore Massidda (Pdl) ha rivolto ieri ai suoi colleghi di commissione scatenando una vera bagarre.
È Piero Fassino invece a ricordare che «il Pd è un partito plurale nella cultura ma laico», e a porre l'accento sulla distinzione «tra le convinzioni religiose di ciascuno di noi e il dovere dello Stato di fornire ai cittadini leggi che consentano a ciascuno di vedere rispettate le proprie scelte di vita». Come a dire: libertà di coscienza per tutti.

Nessun commento: