domenica 25 gennaio 2009

Il nuovo corso americano e la questione religiosa

Liberazione 22.1.09
Il nuovo corso americano e la questione religiosa
di Paolo Naso

Il tempo della retorica - della grande retorica del cambiamento e della speranza - è finito e per Barack Obama è iniziato quello del governo e quindi anche di decisioni complesse e difficili. Eppure negli occhi e nel cuore dei milioni di americani - e non solo - che nei giorni scorsi hanno seguito le cerimonie di avvio del mandato presidenziale, il 20 gennaio segna davvero un nuovo inizio, una frattura netta con gli otto anni dell'amministrazione Bush, del suo cinico "conservatorismo compassionevole" e del protagonismo teocon. In termini ancora più marcati rispetto alla presidenza Reagan, infatti, gli ultimi due mandati della casa bianca hanno visto il protagonismo culturale e politico di una destra religiosa che ha preteso di monopolizzare le dinamiche religiose interne alla società statunitense e di iscrivere forzatamente Dio nelle liste del partito repubblicano.
In un certo senso Bush e il suo staff passeranno alla storia proprio per questo: essere riusciti a distrarre l'elettorato dalle grandi urgenze politiche del 2000 e del 2004, ed aver "eticizzato" le campagne elettorali riducendole a una grande opzione morale tra "bene" da una parte e "male" dall'altra. In questa prospettiva i grandi temi politici dell'economia, della pace, della guerra e delle scelte ambientali, così cari ad Al Gore e a John Kerry, passavano in secondo piano. Al contrario emergevano con forza i temi dei valori dell'America, della sua tradizione e della sua identità giudaico-cristiana, il no all'aborto, al riconoscimento dei diritti degli omosessuali, alla ricerca sulle cellule staminali embrionali e, più in generale, il tentativo innaturale e anticostituzionale di confessionalizzare la società e le istituzioni degli Stati Uniti.
Argomenti - forse i soli - in grado di mobilitare ampi settori di un elettorato cristiano - altrimenti orientato all'astensione. La capacità di intercettare la grande domanda di religiosità radicale che si esprime nella società Usa è quindi stato l'elemento decisivo a favore di otto anni di egemonia repubblicana.
Oggi, invece, tra gli elementi che hanno portato all'elezione di Barack Obama vi è stata la capacità di assumere il "fattore religioso" e di interpretarlo in chiave progressista ed inclusiva. Lo abbiamo visto proprio nei giorni scorsi quando il presidente ha scelto per presiedere le diverse cerimonie religiose personalità assai diverse tra loro: Rick Warren, un predicatore evangelical che prima di altri ha rotto con la Destra religiosa e con la sua pretesa di monopolizzare il "voto di Dio"; ma anche Gene Robinson, un vescovo episcopaliano (anglicano) apertamente gay e Sharon Watkins, donna pastora e presidente di una delle denominazioni cristiane degli Usa che ha assunto posizioni più radicali sui temi politici, etici e sociali. Ma anche sacerdoti cattolici, rabini e imam; senza ignorare i "non credenti" ai quali Obama si è esplicitamente rivolto nel suo discorso inaugurale.
Il nuovo presidente sarà quindi assai più "ecumenico" del suo predecessore; ben più di Bush sarà garante di quell'eccezionale pluralismo culturale e religioso che costituisce uno dei tratti più originali della società americana. Al tempo stesso si presenta come difensore di quel rigido sistema di separazione tra lo Stato e le confessioni religiose che per secoli ha garantito il principio di laicità da una parte e la massima libertà religiosa dall'altra. L'annunciata decisione di tornare a finanziare la ricerca sulle staminali embrionali è una precisa indicazione di questa direzione di marcia della nuova Amministrazione.
In questo quadro la religione degli americani potrà giocare un ruolo diverso, assai meno bigotto e conservatore. Le chiese storiche, che in buona parte esprimono una teologia liberal e quindi molto attenta ai temi della pace, della giustizia, dell'ambiente e dei diritti potranno essere più visibili e centrali. Dopo gli anni della religione della paura, sembra venuto il tempo della religione della speranza. Lo diceva già Martin Luther King: «Un giorno la paura bussò alla porta. La fede andò ad aprire. E non trovò nessuno».

sabato 24 gennaio 2009

Nuova svolta del presidente. I vescovi Usa: "Siamo preoccupati"

La Repubblica 24.1.09
Aborto e staminali, svolta nell´America di Obama
Obama cancella il veto di Bush "Fondi alle organizzazioni pro-aborto"
Nuova svolta del presidente. I vescovi Usa: "Siamo preoccupati"
di Mario Calabresi

In soli tre giorni sono state radicalmente messe discussione le basi etiche e ideologiche della Casa Bianca di George W. Bush: mercoledì Obama ha promesso un´Amministrazione più trasparente e il ritiro dei soldati dall´Iraq in 16 mesi, giovedì ha riscritto la dottrina della sicurezza nazionale, ordinando la fine della tortura, delle carceri segrete della Cia e la chiusura di Guantanamo e infine ieri ha riaperto il dibattito sull´aborto e gli embrioni. La decisione della Fda non dipende da Obama, ma non è casuale la scelta dei tempi: si è aspettato che Bush lasciasse Washington e giurasse un presidente che in campagna elettorale ha promesso di rimuovere i divieti al finanziamento federale della ricerca che utilizza gli embrioni.
L´ordine esecutivo firmato ieri sera da Obama elimina la norma - voluta da Reagan nel 1984 e rilanciata da Bush nel 2001 - che impedisce di dare finanziamenti pubblici alle organizzazioni non governative americane e internazionali che prevedono nelle loro politiche di pianificazione familiare anche l´interruzione di gravidanza. Questa norma chiamata "Mexico City Policy", perché venne adottata durante il vertice dell´Onu sulla popolazione che si tenne nella capitale messicana 25 anni fa, è stata al centro di una battaglia ideologica serratissima. Già Bill Clinton la abolì nel 1993, con il suo primo ordine esecutivo da presidente, e scegliendo di farlo nel giorno del ventesimo anniversario della decisione della Corte Suprema che autorizzò l´aborto. Otto anni dopo, utilizzando la stessa data simbolica, George W. Bush annullò la decisione di Clinton ripristinando il divieto voluto da Reagan. Ora anche Obama è entrato in questa battaglia, ma ha voluto lanciare un segnale di dialogo: non ha firmato la sua decisione nel giorno del contestato anniversario - quando sul Mall di Washington sfilano migliaia di manifestanti in favore del diritto alla vita - per segnalare la volontà di un approccio pragmatico e non ideologico. Non è il caso di lanciare guerre di religione nel momento in cui ha bisogno di un sostegno bipartisan per affrontare la crisi economica.
Tanto che l´altroieri sera, dopo aver detto che la legge sull´aborto «non solo protegge la salute delle donne e la libertà di riproduzione ma simbolizza anche un principio più ampio: che il governo non deve entrare negli affari più intimi della famiglia», Obama ha sottolineato che al di là delle opinioni personali deve esserci unità «nella volontà di prevenire gravidanza indesiderate, ridurre il numero degli aborti e sostenere le donne e le famiglie nelle scelte che fanno».
Ma la Chiesa cattolica è pronta ad andare allo scontro con il nuovo presidente sia se sceglierà di firmare una nuova legge in discussione al Congresso - il Freedom of Choice Act - che prevede una rimozione dei limiti all´aborto decisi negli ultimi anni a livello federale e statale, sia se andrà avanti sulle cellule staminali embrionali. «Siamo preoccupati - ha detto il vescovo di Orlando Thomas Gerard Wenski alla Radio Vaticana - per il fatto che gli ideologi pro-aborto possano far passare al Congresso una legge abortista più radicale: speriamo che ciò non accada, ma se dovesse accadere, speriamo di riuscire a convincerlo a non firmarla».

mercoledì 14 gennaio 2009

Obama, no agli atei: «Giurerò invocando Dio»

Corriere della Sera 14.1.09
Obama, no agli atei: «Giurerò invocando Dio»
Il presidente eletto annuncia: pronuncerò la tradizionale frase sulla Bibbia di Lincoln
Intentata un'azione legale ma Barack, religioso, assicura che non rinuncerà all'invocazione: «Che Dio mi aiuti»
di Ennio Caretto

WASHINGTON — Il nome di Dio viene invocato molto spesso dallo stato americano. «In God we trust», Confidiamo in Dio, è il motto stampato sulle sue banconote. «One nation under God», Una nazione sotto Dio, figura nel Giuramento alla bandiera dal '54, l'era dell'anticomunismo. «God bless America », Dio benedica l'America, è la chiosa finale dei discorsi presidenziali. E alla sua inaugurazione, il nuovo presidente chiede «So help me God», Che Dio mi aiuti. Una tradizione, sostengono molti storici, iniziata da George Washington nel 1789 (è tuttavia dubbio) e osservata solo da alcuni suoi successori, ma divenuta prassi dal '33, con Franklin Roosevelt, il quale forse segretamente dubitava di riuscire a salvare il Paese dalla Grande depressione senza l'appoggio divino.
Le continue invocazioni a Dio hanno così disturbato gli atei americani — secondo cui sono incostituzionali — che un loro esponente di punta, il medico californiano Michael Newdow, ha citato a giudizio (a nome di 10 associazioni e 17 persone) i comitati organizzatori dell'inaugurazione di Obama, i due predicatori Joseph Lowery e Rick Warren, che terranno le preghiere, nonché il presidente della Corte suprema John Roberts, chiedendo che alla cerimonia non si pronunci la parola «Dio» e Obama non concluda il solenne giuramento — «Svolgerò fedelmente l'incarico di presidente, e farò del mio meglio per preservare proteggere e difendere la Costituzione » — col fatidico «So help me God».
È difficile che il tribunale federale sentenzi in tempo — la citazione è del 31 dicembre scorso — anzi è probabile che finisca per respingerla.
Ma Obama, che è religioso e giurerà sulla Bibbia di Lincoln, il presidente dell'abolizione della schiavitù, l'ha anticipato affermando che dirà «Dio mi aiuti». È un'invocazione che non intacca il principio della separazione Stato-Chiesa, hanno notato i portavoce, e che non viola la Costituzione, il cui primo articolo vieta al Congresso di stabilire una religione in America. Un atto di fede appropriato in un momento molto delicato per il Paese.
Newdow ha incassato. Ha spiegato di non avere citato Obama personalmente «perché come cittadino ha il diritto di osservare la sua religione », ma di sperare ancora che dica «So help me God» in privato. E ha aggiunto che se bocciato dal tribunale ricorrerà in appello, per ottenere che dopo le elezioni del 2012 Obama o il suo successore rinuncino al «Dio mi aiuti». Una missione impossibile? Newdow fallì già nel 2001 e nel 2005 all'insediamento di Bush alla Casa Bianca, epoca in cui i neocon si battevano perché l'America si definisse una repubblica cristiana. I credenti americani lo attaccarono. «Vuole che lo stato smentisca l'esistenza di Dio», ribatté Scott Walter della Fondazione della libertà di religione. «Ma i nostri valori si basano su di essa».

domenica 4 gennaio 2009

La protesta Il leader radicale: grave la decisione di non recepire le leggi italiane

Corriere della Sera 3.1.08
La protesta Il leader radicale: grave la decisione di non recepire le leggi italiane
Pannella: il Vaticano viola il Concordato
di R.P.

ROMA — Il leader radicale Marco Pannella attacca il Vaticano, dopo la decisione di darsi una nuova legge sulle fonti del diritto, quella che non prevede più una «recezione quasi automatica » delle leggi italiane. «Abbiamo letto tutti che uno dei principali soggetti dell'informazione dei Tg italiani, il Capo dello Stato del Vaticano, ha di fatto assunto una decisione gravissima, che nega alla radice la struttura concordataria, e semmai ancor di più quella sventurata siglata nei Patti di Villa Madama».
Secondo Pannella, «delle due, l'una: o il Vaticano ha doverosamente e riservatamente avvisato il nostro Presidente della Repubblica di questo fatto importantissimo, di incriminazione della legislazione delle istituzioni italiane; oppure non l'ha fatto». Conclusione: «Io devo pensare che il Presidente non ne fosse informato, perché altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui, come gli avrebbe imposto la Costituzione, non abbia risposto alla decisione dello Stato del Vaticano ».
La Santa Sede, per parte sua, aveva già sopito sul nascere le polemiche riprese da Pannella. Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale del Vaticano, ha spiegato l'altro giorno a Radio Vaticana che le nuove norme rappresentano «una semplificazione rispetto alla legge del 1929». La «novità di maggior rilievo» è che «fino ad ora, in Vaticano, abbiamo applicato le norme del Codice civile italiano del 1865 con crescente difficoltà in relazione al fatto che la società oggi presenta profili nuovi, aspetti nuovi ». Adesso viene richiamato «il Codice del 1942» che «ovviamente, pur essendo ormai anzianotto, è però più moderno».
Nessuno sconvolgimento, insomma: «Non è che cambi molto, perché in realtà il richiamo alla legislazione italiana è sempre stato in via suppletiva — ha aggiunto Della Torre — . L'ordinamento vaticano ha sue leggi, ha sue norme. Non solo il Diritto canonico, anche se il Diritto canonico è sempre stato la fonte principale: non è che venga introdotto oggi come fonte principale nell'ordinamento!», ha esclamato. Sull'Osservatore Romano si parlava di contrasto «con troppa frequenza evidente » tra le leggi italiane e i «principi non rinunziabili». Ma «il filtro alle leggi italiane c'è sempre stato», dice il presidente del Tribunale del Vaticano: «Anche nella precedente legge del 1929, il richiamo alle norme italiane era in via suppletiva e sempre con un filtro: il non contrasto con l'ordinamento interno dello Stato vaticano con i principi e le norme del Diritto canonico e con le disposizioni di diritto divino, naturale e positivo».
Nessun gesto di rottura, quindi: «Essendo la Città del Vaticano uno Stato indipendente e sovrano, può modificare tutte le sue leggi come vuole», ha concluso Della Torre. Del resto «anche l'ordinamento italiano, come quello di qualsiasi altro Stato, prevede dei filtri alla recezione di norme di ordinamenti stranieri, perché evidentemente ogni Stato vuole cautelare il proprio ordinamento giuridico dalla intromissione di valori che siano incompatibili con i principi dell'ordinamento giuridico stesso».