venerdì 31 luglio 2009

Ru486, l'Aifa dà via libera alla pillola

Ru486, l'Aifa dà via libera alla pillola

La Repubblica del 31 luglio 2009, pag. 11

Michele Bocci

La Ru486 entra nel prontuario farmaceutico italiano e tra pochi giorni, dopo che la registrazione sarà pubblicata dalla Gazzetta Ufficiale, potrà essere somministrata negli ospedali italiani. Ieri il Cda dell’Agenzia italiana per il farmaco ha dato il via libera all’ammissione nel nostro sistema sanitario della pillola abortiva prodotta dalla Exelgyn, al centro negli ultimi anni di violenti scontri ideologici. Si è trattato dell’ultimo atto ed era largamente atteso, essendo stato preceduto da una serie di pareri positivi dei tecnici dell’Aifa. Non è mai successo che un farmaco fosse bloccato dal Cda all’ultimo momento. Il Consiglio di amministrazione si è espresso a maggioranza di quattro contro uno dopo una riunione fiume, oltre 6 ore, in cui si sarebbe anche valutata la possibilità un rinvio della decisione a settembre. L’ipotesi poi è tramontata ed è arrivato il via libera con il solo voto contrario di Romano Colozzi, assessore alle Finanze della Regione Lombardia. È stata decisa anche una modifica al regolamento che detta la somministrazione: la pillola andrà presa entro la settima settimana di gestazione.

Da giorni i nemici della Ru486 si erano schierati compatti per convincere i cinque membri del Consiglio di amministrazione a bloccare l’approvazione, magari a rimandarla. Anche ieri pomeriggio, quando la riunione era già in corso, sono arrivati gli strali del sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, del presidente emerito della Pontificia Accademia della Vita, monsignor Elio Sgreccia, del Movimento per la vita e di Scienza e Vita. «La pillola uccide», «Fa soffrire le donne», «Aumenterà il numero degli aborti», «Chi la usa e chi la somministra sarà scomunicato». Nei giorni scorsi il direttore generale dell’Aifa, Guido Rasi, aveva promesso che il Cda non si sarebbe fatto condizionare. Già da alcuni mesi il Comitato tecnico dell’Agenzia aveva dato il via libera al farmaco ed era arrivata anche la fissazione del prezzo per il servizio pubblico: 14,28 euro per la confezione da una compressa, 42,80 per quella da tre.

Ieri pomeriggio è stato particolarmente duro monsignor Sgreccia, che ha minacciato la scomunica per chi dovesse prescrivere e per chi dovesse prendere la pillola: «Mi auguro che il Governo e i ministri competenti intervengano, questo non è un farmaco ma un veleno letale» ha aggiunto. In tarda serata, quando è arrivata la decisione, il deputato dell’Unione di centro Luca Volonté ha commentato: «Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte. Altro che ‘estremamente sicura’: la Ru486 non è un’aspirina per il mal di testa». Grande soddisfazione ha invece espresso L’Associazione italiana per l’educazione demografica (Aied), da dove si commenta: «Ci si allinea con i paesi europei, recuperando un ritardo che ha penalizzato le donne italiane». Dello stesso tenore la reazione di Silvio Viale, il ginecologo che per primo a sperimentato, a Torino, la Ru486: «Finalmente. Prima di tutto è una vittoria per le donne italiane, che da oggi sono più libere e hanno un’opportunità in più. Sono però dispiaciuto che la decisione sia arrivata, i politici per questo dovrebbero chiedere scusa. Adesso bisogna lottare per offrire l’aborto medico in tutta Italia».

La Ru486, utilizzata in Francia dall’88 e in gran parte degli altri paesi europei dalla fine degli anni Novanta, è un farmaco abortivo che blocca l’azione del progesterone, cioè l’ormone che sostiene l’evoluzione della gravidanza. In Italia si usa dal 2005, cioè da quando Viale, esponente dei Radicali, avviò una sperimentazione del farmaco al Sant’Anna di Torino. Altre regioni seguirono quell’esperienza, acquistando direttamente dalla casa produttrice il farmaco per il singolo caso.

venerdì 24 luglio 2009

Mina Welby si tessera al Pd per il "terzo uomo"

Mina Welby si tessera al Pd per il "terzo uomo"

L'Unità del 10 luglio 2009, pag. 21

Sulla scia della candidatura di Marino, anche Mina Welby si è iscritta al Pd, nel circolo di Subaugusta, a Roma. Una iscrizione che sa di «disobbedienza civile», visto che Mina ha già la tessera radicale. «Spero che tanti nuovi iscritti sosterranno la sua candidatura e che questo possa scuotere il Pd», spiega a l’Unità, invitando altri a fare lo stesso. «È incredibile che qualcuno scambi Marino per un estremista: la sua caratteristica è l’equilibrio,ma il suo partito l’ha lasciato solo», dice Mina, che ricorda quando Marino volle far visita a suo marito, Piergiorgio, poco prima che si facesse staccare la spina. Era il 17 dicembre 2006, una settimana dopo, ai funerali, negati dalla Chiesa, Marino fu l’unico parlamentare de l’Ulivo a prendere la parola.

domenica 19 luglio 2009

La «mozione» Marino

l’Unità 8.7.09
Laicità /3
La «mozione» Marino
«Finora è stata la battaglia solo di una minoranza»
Intervista a Stefano Rodotà di Mariagrazia Gerina

Il Pd sulla laicità deve chiarirsi le idee, fin qui è stata la battaglia di una minoranza, che Marino ha condotto anche quando è stato messo da parte dal suo stesso partito», spiega il costituzionalista Stefano Rodotà, convinto che la candidatura di Marino possa far bene: «È nuova in senso serio, viene da una esperienza politica importante, è tutta di contenuti e non di schieramento». La sua però è una «valutazione esterna», spiega: «Interverrò, seguirò, ma non prenderò la tessera del Pd».
Non la convince la posizione degli altri candidati sui temi della laicità?
«La critica che ho rivolto è molto netta: su queste cose su cui è necessaria chiarezza le persone che come Marino hanno preso posizione sono molto poche. Adesso vedo che c’è un ritorno del tema laicità. E penso che questa sia una cosa buona, ma è il risultato di una battaglia che è stata patrimonio di una minoranza nel Pd come nel paese. Se la laicità è entrata nell’agenda del Pd non è per i vecchi dirigenti che adesso ne prendono atto ma per i pochissimi che hanno portato avanti quelle istanze in parlamento. E Marino lo ha fatto anche quando è stato messo da parte dal suo stesso partito, che nel fuoco della battaglia lo ha sostituito in commissione».
Dorina Bianchi, che ha preso il suo posto, nega un problema laicità.
«Hanno paura anche delle parole. Ma in un sistema democratico ci sono valori non negoziabili che vanno difesi, come il diritto all’autodeterminazione della persona. E lasciamo perdere i giochi di parole. Anche la libertà di coscienza non è dei parlamentari ma dei cittadini. Un partito deve dire se queste sono materie che vanno affidate alla legge dello Stato o se la legge deve tutelare la libertà di scelta secondo coscienza delle persone, che deve essere aiutata. Questa è la prima decisione da prendere. Marino, per esempio aveva proposto investimenti sulle terapie del dolore e sugli hospice. Cose concrete che una consentono alle persone di decidere».
C’è chi dice che un candidato «monotematico» non è adatto a guidare un partito.
«Ma la laicità è un modo di leggere la Costituzione ed è una delle componenti della logica costituzionale. Significa: rispetto delle regole democratiche, dialogo, tolleranza nei confronti degli altri fuori da ogni fondamentalismo, rispetto dei diritti fondamentali che si tratti delle materie che riguardano la vita, la sicurezza, l’immigrazione».

Odifreddi riprende la tessera: il chirurgo è un credente, può farcela. "Torno e voto per Ignazio se vince lui addio Binetti"

La Repubblica 16.7.09
Odifreddi riprende la tessera: il chirurgo è un credente, può farcela. "Torno e voto per Ignazio se vince lui addio Binetti"

Al centro del suo programma due temi cruciali: laicità e battaglia contro la nomenklatura

ROMA - Piergiorgio Odifreddi rientra nel Pd per sostenere Ignazio Marino. Il matematico e filosofo era stato chiamato nella commissione sui valori del Pd. Ma non firmò il manifesto. «Non faccio la foglia di fico laica», disse. Lasciò il Pd prima ancora di iscriversi prevedendo che il pasticcio sui valori avrebbe prodotto risse a non finire.
E adesso, professore, ci riprova con Marino. Perché?
«Perché al centro del suo programma ci sono due questioni fondamentali. La laicità e la battaglia anti-nomenclatura, anti-burocrazia. Due cose che avrebbe dovuto fare Veltroni, sull´esempio di Zapatero. Purtroppo non le ha fatte».
Perché Marino dovrebbe farcela?
«Ha un vantaggio: è credente. Forse per questo può riuscire: come Nixon che in forza del suo anticomunismo aprì il dialogo con Russia e Cina».
Quante chance dà, come matematico, a Marino?
«Una su tre, se ai candidati non si aggiungerà Grillo».
Lo vorrebbe?
«Parafrasando Brecht direi "sfortunati i tempi in cui la politica ha bisogno dei comici". Effettivamente Grillo non è credibile. Ma Marino è una cosa diversa».
Non considera il chirurgo un outsider?
«Forse. Ma ha una serie di punti di forza. Franceschini e Bersani, per quanto relativamente nuovi, non sono trascina-popolo. Non hanno carisma. Marino inoltre ha una professione, è un fior di chirurgo, e anche nel Pd sta crescendo la schiera chi non sopporta più gli uomini di apparato».
E se Marino perde, lei lascia di nuovo il Pd?
«Dipende. C´è modo e modo di perdere. Se una posizione laica dovesse essere nettamente minoritaria... da non credente potrei sempre ricorre al divorzio. Ma può finire diversamente. Se vince Marino, ha detto Paola Binetti, me ne vado. Già questo mi basta».
(l.n.)

martedì 7 luglio 2009

Marino e la scalata alle nuove tessere del Pd

Marino e la scalata alle nuove tessere del Pd

Liberazione del 7 luglio 2009, pag. 8

Angela Mauro

Di lui D’Alema ha detto che è «serio ma non adatto a garantire un rilancio robusto del Pd». In molti hanno detto che è «serio ma sa solo di laicità». Franceschini ha fatto lo sportivo augurandogli «in bocca al lupo». A due giorni dall’ufficializzazione della candidatura alla segreteria del Pd, il senatore Ignazio Marino fa innanzitutto il pieno dei commenti. Normale per un «terzo uomo» con il suo profilo: medico, cattolico, impegnato sui temi della laicità, esperienza professionale all’estero, sensibile alle piaghe di questo paese, tra meritocrazia e "gerontocrazia" in tutte le professioni. Gli arrivano commenti anche ultra-positivi, come quello di Emma Bonino: «La candidatura di Marino è una bella notizia per il Pd. Trovo del tutto affrettati i giudizi di chi lo descrive come troppo sbilanciato sulla laicità. Anche di Obama molti politologi dicevano che non aveva l’esperienza e che non ce l’avrebbe mai fatta...» . Senza osare paragoni altisonanti, la squadra di Marino va avanti, ci prova, «per vincere», come hanno chiarito all’inizio di questa avventura. Nelle ultime 48 ore, oltre al pieno di commenti politici, hanno accumulato «migliaia di messaggi di solidarietà e appoggio», spiegano dal suo entourage. Naturalmente resta da vedere se tutte queste dichiarazioni d’affetto e stima politica diventeranno altrettante tessere del Pd per fortificare la candidatura Marino e metterla sui binari giusti per partecipare alle primarie. Ci si aspetta una sorta di "guerra" dagli eserciti schierati a fianco degli altri due candidati, Bersani e Franceschini, soprattutto dal primo, il cui bacino di voti è più vulnerabile alle truppe del senatore. Per il momento però siamo al livello di aspettative, di "aria fiutata". E gli ostacoli che rallentano il tesseramento sembrerebbero più di ordine pratico. C’è, per esempio, il problema che molti circoli sono sforniti di tessere nuove da assegnare. E c’è anche un problema di ordine più politico, segnalano dalla squadra Marino: e cioè il fatto che questa fase di delusione, di partito sfinito dalla sua stessa crisi presenta uno strascico di circoli poco attivi, poco frequentati e quindi aperti solo per poche ore al giorno o solo per pochi giorni a settimana. Il che rende difficile tesserarsi, soprattutto nelle grosse città dove è più complicato trovare il tempo per sbrigare la pratica dell’iscrizione se non si esaurisce in una puntata al circolo e via. Si vedrà. Anche tra i nomi noti del Pd e dintorni, comunque, la candidatura Marino continua a far proseliti. Con lui fin dal primo giorno, Beppino Englaro, il padre di Eluana, la ragazza morta a febbraio al centro delle battaglie del senatore sulla bioetica. Englaro ha deciso di prendere la tessera del Pd. In squadra anche il sindaco della sua Genova, Marta Vincenzi. Il chirurgo candidato può contare sull’ex pm Felice Casson. C’è un giallo Goffredo Bettini, ex veltroniano devoto del «terzo uomo» che ora però si ritira dalla squadra, annunciando di volersi dedicare a «un lavoro culturale e intellettuale. Il mio impegno di direzione sul campo finisce qui - dice - Ora Marino costruisca una squadra aperta. Io troverò altri modi per sostenerlo nella battaglia congressuale». L’equipe Marino è stata contattata anche da Stefano Rodotà e da diversi parlamentari, che magari non hanno ancora ufficializzato il loro appoggio. Difficile - si sapeva smuovere le appartenenze interne, ma non si tratta di una missione impossibile. Ci sono per esempio gruppi organizzati di "bindiani" arrabbiati con Rosi che ha dato l’appoggio a Bersani «senza consultarli» e propensi a schierarsi con Marino, che dalla sua ha anche il fatto di essere cattolico. E ci sono naturalmente i «lingottini», i quarantenni del Pd che l’11 luglio lanciano la loro giornata del tesseramento, in appoggio alla candidatura Marino. Il senatore sarà presente in uno dei circoli del Pd di Venezia. Intorno al 20 luglio poi, allo scadere della presentazione di candidati e programmi (fissato dalla commissione congressuale per il 23 luglio) è in programma una kermesse di respiro nazionale probabilmente a Milano. Si vedrà, lo ripetiamo. Certo è che, rispetto alle battute iniziali, alcuni commenti si sono ammorbiditi. «Le uniche due candidature nuove in campo sono quelle di Bersani e Marino», dice un D’Alema evidentemente impegnato soprattutto nella "guerra" contro Franceschini, la cui candidatura «non regge», gli ha mandato a dire domenica sera dalla festa del Pd a Roma. Perchè, dopo due sconfitte del gruppo dirigente che lo sostiene, Franceschini avrebbe potuto al massimo lanciare una sua candidatura «all’insegna dell’unità, ma non contro». D’Alema gli ricorda di essersi dimesso dopo aver perso le Regionali da capo del governo e si dice «colpito» a leggere che «si fa un congresso con l’obiettivo di distruggere D’Alema». Non lo ingoia quel «non riconsegnerò il partito a chi c’era prima di me», pronunciato da Franceschini. «Ma tutti "quelli di prima", a parte me, stanno con lui...», ironizza, attaccando le primarie, «regola assurda», figlia di una concezione che ha portato la società civile a «invadere, occupare il partito». Ieri gli ha risposto uno di "quelli di prima": Piero Fassino, coordinatore della mozione Franceschini. «Sconcertante Massimo. Nessuno e tanto meno Dario ha mai pensato di fargli la guerra...». Intanto, un sondaggio di Sky, il primo mai pubblicato sui tre candidati alla segreteria del Pd, assegna il 45 per cento delle preferenze a Marino, il 37 per cento a Bersani, il 18 per cento a Franceschini.