martedì 15 novembre 2011

Ministri, nella lista tre poltrone “pesanti” per il mondo cattolico

La Stampa 13.11.11
Ministri, nella lista tre poltrone “pesanti” per il mondo cattolico
Riconoscimento alla Chiesa per il ruolo nella caduta del governo
di Fabio Martini

Michele, il fidatissimo chef ciociaro di Berlusconi, ha dovuto cucinare quello che resterà l’ultimo pranzo a Palazzo Chigi del Cavaliere per un ospite molto particolare: il più probabile successore del suo capo. Per due ore Mario Monti è stato ricevuto a Palazzo Chigi (e non a Palazzo Grazioli) da Silvio Berlusconi nel corso di un pranzo che è servito a chiarirsi le idee, spianare gli ultimi ostacoli verso la nascita del nuovo governo. Il pranzo tra un premier ancora in carica e uno in pectore è stata una delle tante originalità di una crisi politica che, oramai da mesi, sta cambiando la Costituzione materiale del Paese.
Nel corso della giornata di ieri Mario Monti, ad appena 24 ore dalla sua prima giornata da senatore a vita, ha impresso una decisa accelerazione in vista del conferimento dell’incarico del Capo dello Stato, svolgendo quel giro esplorativo tra i potenziali leader della maggioranza che di solito viene compiuto non prima ma dopo il mandato presidenziale. Prassi inedita, imposta dalla emergenza-mercati: il Quirinale vorrebbe che nel corso della giornata di domani, alla riapertura delle Borse, l’Italia avesse già un nuovo governo, che abbia espletato la prima formalità, quella del giuramento dei ministri.
Proprio per evitare vuoti di potere, Monti si è imposto una giornata da politico a tutto tondo: in mattinata si è incontrato con Pier Luigi Bersani, a pranzo si è visto con Silvio Berlusconi e nel pomeriggio ha avuto colloqui con Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Francesco Rutelli, in altre parole con tutti e cinque i leader del «pentapartito di unità nazionale». Un lavoro di bulino, che spesso viene esercitato dagli sherpa appositamente incaricati e che invece Monti ha dovuto svolgere in prima persona. Col macigno di Gianni Letta da rimuovere, una grana aggravata dal fatto che il «Richelieu» di Berlusconi ha partecipato al pranzo nel quale Monti ha dovuto comunicare che non c’erano i margini per quella soluzione.
Nel corso della giornata Monti ha proseguito anche il lavoro di composizione della sua squadra, nel caso in cui oggi venisse incaricato di formare il nuovo governo. Un lavorio che dura da diversi giorni e che si è andato componendo secondo lo schema di gioco iniziale: quello di un governo di soli tecnici. Uno schema che nei giorni scorsi era stato condiviso da Pdl e Pd ma che nelle ultime ore ha vacillato per effetto della pressione del Popolo della libertà a favore di Gianni Letta, ma che alla fine ha tenuto. I ministri con portafoglio saranno dodici come imposto dalla riforma Bassanini, ma quasi certamente se ne aggiungeranno uno o due senza portafoglio, con una drastica riduzione rispetto agli attuali dieci. Forte dimagrimento anche per quanto riguarda i sottosegretari: anche questi tutti tecnici, dovrebbero essere non più di venticinque.
Interessante anche la filosofia che presiede alla struttura del governo. Molta attenzione al mondo cattolico, che dovrebbe contare due, forse tre ministri chiaramente identificabili. Un’attenzione che sarebbe semplicistico etichettare come «quota Todi», ma che ha due motivazioni. Anzitutto il riconoscimento, certo non esplicito, al contributo che la Chiesa italiana ha dato all’erosione culturale e alla fine anche politica del berlusconismo. Ma c’è un motivo in più: Oltretevere guardano con interesse ma, per ora, senza particolare afflato all’operazione-Monti. Come dimostra quanto scrive il direttore di «Avvenire» Marco Tarquinio: «Non serve solo “tecnica”, ma anche moltissima buona politica» e in ogni caso «l’Italia nonpuò essere commissariata da qualcuno o qualcosa». Dovrebbero entrare nel governo Monti, come Guardasigilli il professor Cesare Mirabelli (docente alla Lateranense e consigliere generale presso la Città del Vaticano), ma anche Stefano Zamagni, bolognese, vicino a Romano Prodi, che ha collaborato alla stesura della enciclica «Caritas in veritate». In corsa anche il rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi. In alternativa a Zamagni - più difficile, ma non impossibile - l’ingresso di Andrea Riccardi, leader della Comunità di Sant’Egidio, mentre sono in caduta le azioni di Umberto Veronesi, una sorta di «uomo nero» per Santa Romana Chiesa.
Per quanto riguarda il comparto economico, la candidatura di Fabrizio Saccomanni, direttore generale di Bankitalia, si sarebbe indebolita per effetto della contrarietà del centrodestra, ma da via Nazionale potrebbe arrivare lo stesso un ministro, meglio una ministra: Anna Maria Tarantola, il cui nome era entrato nel toto-governatore dopo la nomina di Mario Draghi alla Bce. La Tarantola potrebbe andare allo Sviluppo economico. Per quanto riguarda il ministero-chiave, l’Economia, suspense fino all’ultimo. Potrebbe essere lo stesso Monti a tenere per sé l’incarico con un interim, ma il presidente della Bocconi potrebbe chiedere di occupare quella poltrona a Guido Tabellini, dal 2008 rettore alla Bocconi. Molto probabile anche l’ingresso di Giuliano Amato, da tre anni e mezzo non più parlamentare e presidente della Treccani: per lui si continua a ipotizzare un incarico da ministro degli Esteri. Alla Difesa resta forte la candidatura del generale Rolando Mosca Moschini. Come sottosegretario alla presidenza, il favorito è Enzo Moavero Milanesi, già capo di gabinetto di Monti a Bruxelles e prima, consigliere a Palazzo Chigi di Amato e Ciampi.

domenica 23 ottobre 2011

Ieri dibattito con Fisichella, tra un mese forum con Bagnasco

La Repubblica 21.10.11
Ieri dibattito con Fisichella, tra un mese forum con Bagnasco
Bersani sul fronte cattolici "Dialogo da laico adulto"
Il segretario pd critica il "negozio dei valori" "Invece si negozia la convivenza"
di Goffredo De Marchis

ROMA - Bersani prende in mano la questione cattolica. Lo fa in prima persona, non delega nessuno. Né i cattolici del Pd, né il potenziale alleato centrista dell´Udc. Lo fa da «laico adulto», una formula che parafrasa e rovescia la famosa battuta di Romano Prodi in risposta all´appello di Ruini a disertare i referendum sulla fecondazione assistita. «Laicità adulta»: per il segretario del Pd vuol dire che un non credente evita di affidarsi solo alle leggi di natura. Semmai si iscrive nel solco di una storia secolare di rapporti tra la laicità e la Chiesa. Mettendo al centro l´uomo. Questo dirà anche il 18 novembre in un´altra sede, alla presenza del presidente della Cei, Angelo Bagnasco, invitato da Scienza e Vita, la più attiva delle associazioni cattoliche sul fronte dei valori non negoziabili.
L´appuntamento di ieri è dunque solo un primo passo. Bersani discute di Vangelo e laicità con monsignor Rino Fisichella, presidente del Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione, in un dibattito promosso dalla Congregazione dei figli immacolata concezione e da Elea. Siamo in Vaticano, in una sala di Via della Conciliazione, di fronte a una platea di preti, suore, autorità ecclesiali. In prima fila siede il direttore dell´Osservatore Romano Gian Maria Vian. C´è da rimontare un gap che ormai appare evidente e ancora di più dopo il seminario di Todi. Dove il Forum delle associazioni ha bocciato Berlusconi, ma tra le alternative non ha individuato con certezza un rapporto proficuo con il Pd.
È Fisichella a confermare come per la Chiesa i valori non negoziabili restano tali. «Nessuno li può sovvertire - dice - e ogni tentativo di volerli limitare non sarebbe privo di conseguenze per il corretto impegno dei cattolici in politica». Fisichella del resto è stato uno stretto collaboratore di Camillo Ruini nei lunghi anni al timone della Cei, cioè strenuo difensore del bipolarismo, del pluralismo dei cattolici negli schieramenti, ma allo stesso tempo inflessibile su diritti e bioetica. Con un sorriso Fisichella definisce "pelagiano" Bersani, eretico che cerca la verità «ma deve ricordarsi che non tutto è lecito perché non tutto edifica». Il segretario del Pd affida la sua risposta a citazioni evangeliche senza usare le sue metafore. Poi entra nel vivo, ossia i valori non negoziabili. «La politica non negozia valori», è la premessa. Ma negozia, si confronta e media sulla «convivenza e sul bene comune». Per Bersani il ruolo della cristianità nella costruzione dell´Europa è innegabile. Ci crede, non fa propaganda. E accetta che la Chiesa intervenga, che metta la sua verità davanti a tutto. «Anche la verità però è un fiume carsico. Quando l´hai trovata non devi smettere di cercarla». Il Pd è un partito, spiega, di credenti e non credenti. Con questo approccio: «Una laicità adulta e orgogliosa non accetta di essere descritta come inconsapevole della dignità dell´uomo». Fisichella parla di un "secondo round" prossimo venturo. E il 18 con Bersani davanti a Bagnasco ci saranno anche Maroni, Alfano, Casini. Una specie di test per il dopo Berlusconi.

venerdì 21 ottobre 2011

Il Partito democratico pellegrino in Vaticano

il Fatto 21.10.11
Il Partito democratico pellegrino in Vaticano
Dopo il convegno dei cattolici a Todi che ha decretato finito Berlusconi, Bersani dialoga con Fisichella
di Marco Politi

Tre giorni dopo il convegno cattolico di Todi Luigi Bersani mette piede in territorio vaticano e difende l’autonomia della politica, rilancia il dialogo tra cattolici e non credenti, esorta a trovare “soluzioni condivise” per far ripartire l’Italia.
Sarà perché da piccolo ha organizzato uno sciopero di chierichetti, ma nel confronto con il vescovo Rino Fisichella – fresco dell’incarico ricevuto da Benedetto XVI di promuovere la “nuova evangelizzazione” – il segretario del Pd non mostra complessi di inferiorità né cede a tentazioni compromissorie.
Nel faccia a faccia, organizzato da Piero Schiavazzi per “Eventi Elea” in un palazzo della Santa Sede con tanto di gendarmi vaticani di guardia, si avverte a differenza di altre occasioni l’atmosfera pesante di una situazione del Paese contrassegnata da un drammatico decadimento. Nel parlare di rapporti tra Stato e Chiesa, come si è visto anche dai recenti interventi del presidente della Cei Bagnasco, nessuno può dimenticarlo.
Forse con qualche nostalgia di troppo per la stagione dello scontro-incontro tra Dc e Pci, mons. Fisichella batte il tasto della frammentazione odierna dell’Italia. “La debolezza della politica – dice – è frutto della debolezza di una società disorientata, paurosa e priva di idealità”. La cura, spiega, non può venire solo dalla politica ma dalla “sinergia” di quanti comprendono la drammaticità del momento. E qui entra in campo l’apporto dell’insegnamento della Chiesa e il richiamo al “diritto radicato nella stessa legge di natura” a cui una “laicità creativa” – neologismo inventato dal monsignore – deve sapersi ancorare per creare uno stato giusto e pacifico che non sia, sant’Agostino docet, una “banda di briganti”.
Discorso pacato, che si richiama all’intervento di Benedetto XVI al parlamento di Berlino, che però in coda riafferma nettamente i famosi “principi non negoziabili” con un avvertimento duro nonostante la confezione morbida: “Questi principi sono a fondamento di ogni altro impegno a favore dell’uomo nel suo vivere sociale; ogni tentativo di volerli limitare o modificarne l’ordine gerarchico non sarebbe privo di conseguenze per il corretto impegno dei cattolici in politica”.
UOMO AVVISATO! Il Vaticano avverte il Pd e la Sinistra che continuerà a brandire l’argomento come una clava nei rapporti politici del dopo-Berlusconi.
Bersani notoriamente non è uomo che buca lo schermo con la sua oratoria, ma qui (memore, chissà, della sua tesi di laurea in filosofia medievale sul “Rapporto tra grazia e autonomia dell’uomo in Gregorio Magno”) trova le parole giuste per farsi capire dall’uditorio. “Non tocca alla politica – argomenta – far negozio né della fede né dei valori né della gerarchia dei valori”. Missione della politica, invece, è “negoziare soluzioni condivise per la convivenza”, per costruire una società in cui l’uomo possa diventare più umano. Nessun accenno a quanto accadde al governo Prodi appena tentò di trovare soluzioni per le coppie di fatto, ma il segnale è chiaro. Non hanno senso atteggiamenti “paralizzanti”. Le mediazioni vanno negoziate per risolvere situazioni concrete ed evitare che in nome dei principi si laceri ancora di più l’Italia. Parla – Bersani – come se si fosse riuniti attorno al tavolo di una cascina di Ermanno Olmi. Senza foga ma con franchezza. Punta il dito contro l’attuale legge sul fine vita, in cui non intravvede lo spirito che anima tante famiglie in situazioni tragiche. “Troviamo soluzioni umane”, scandisce. Si dice disposto ad ogni discussione sulla condizione dell’uomo odierno, che rischia di essere schiacciato dalla tecnica, ma rivendica l’orgoglio laico di tanti non credenti, i quali hanno dato la vita per difendere la dignità dell’uomo e la sua libertà. Anche lui, in coda, lancia il suo messaggio: serve il contributo della cultura istituzionale dei cattolici per rimettere in sesto la democrazia in Italia. Serve il dialogo tra credenti e non credenti per evitare la lacerazione sociale del Paese.

martedì 27 settembre 2011

Il premier e la Chiesa, amici per forza

La Stampa 27.9.11
Governo, la svolta della Cei
Il premier e la Chiesa, amici per forza
Dalle “zie suore” e dagli studi dai salesiani alla difesa delle posizioni ecclesiastiche sui temi etici
di Mattia Feltri

È trascorso un anno esatto dall’uscita del libro dell’arcivescovo di Trieste, Giampaolo Crepaldi, nel quale l’autore illustrava con precisione i motivi per cui le gerarchie ecclesiastiche tolleravano il libertinaggio berlusconiano: «È (...) più grave la presenza di principi non accettabili nel programma che non nella pratica di qualche militante, in quanto il programma è strategico ed ha un chiaro valore di cambiamento politico della realtà più che le incoerenze personali» (il libro si intitola “Il cattolico in politica. Manuale per la ripresa”). Il parere, di per sé molto autorevole, ebbe nella prefazione del cardinale Angelo Bagnasco un insuperabile sigillo di qualità: non restava che alzare le mani. Soltanto pochi mesi più tardi, in occasione della dura prolusione del gennaio 2011, Bagnasco segnalò «un evidente disagio morale». E adesso saranno gli esegeti dei documenti episcopali a indicare quale punto di non ritorno sia stato raggiunto, ma ripensando all’avvento di Silvio Berlusconi nella disputa politica, diciotto anni fa, non si può negare che le cose siano molto cambiate.
Era un Berlusconi, quello, che cercava di accreditarsi in Vaticano coi suoi modi da dopocena, per il tramite delle zie suore o ricordando gli studi dai salesiani o nel collegio dell’Opus Dei, e siccome l’aspirante leader aveva i suoi talenti, andò al nocciolo della questione ricordando sé ragazzino, seduto al convitto Sant’Ambrogio ad abbeverarsi ai racconti dei sacerdoti fuggiti in Italia dai comunisti russi e polacchi. E offrì il trait d’union raccontando d’aver esordito tredicenne alla politica, nel 1948, quando attaccava i manifesti della Democrazia cristiana intanto che qualche ragazzaccio comunista scrollava la scala per farlo cascare giù, e dargli quel che gli spettava. Primi passi eroici (fidarsi sulla parola non è mai stato un problema), praticamente una marcia al rullo di tamburi per una Chiesa che, perduta la Dc, non sapeva a che santo votarsi. A proposito del Partito popolare di Mino Martinazzoli, il vaticanista Sandro Magister avrebbe poi scritto che «mai il grosso dell’elettorato democristiano, modernizzante, pragmatico, soprattutto del Nord, avrebbe potuto continuare a votare un gruppo dirigente fattosi all’improvviso puritano, pauperista, giacobino, satellite di comunisti e postcomunisti».
Per Berlusconi è già un grande successo che in pubblico il presidente della Conferenza episcopale italiana, Camillo Ruini, lo accolga senza manifesti pregiudizi, a differenza del resto del mondo, e tenga la celebre linea dell’equidistanza nel 1996, quando a capo del centrosinistra c’è Romano Prodi, cattolico dossettiano di cui Ruini ha celebrato il matrimonio. Durante il quinquennio dell’Ulivo, la Chiesa sottolinea le sue aspettative sulla scuola, sulla famiglia, sulla difesa della vita, ma trova molti più interlocutori all’opposizione che al governo e prende posizione senza infingimenti (tanto che il segretario dei popolari, Franco Marini, sostiene che l’Avvenire sembra l’house organ di Forza Italia). Eh sì, è nato un fruttuoso sodalizio.
Da lì in poi per Berlusconi è stata una cavalcata al fianco dei porporati d’Italia (e difatti si racconta della premonizione offerta da Ruini a Prodi, che sarà usato «dai comunisti» e poi gettato come un cencio). Dopo le leggi ad personam, la produzione più massiccia dei governi di centrodestra riguarda le norme care al Vaticano, quelle varate e quelle bloccate. Sono i famosi «principi non negoziabili» attorno i cui si stringe un’alleanza ferrea. E nemmeno tanto campata in aria visto che nel 2005, ai referendum sulla procreazione assistita e sulla produzione degli embrioni, ottiene l’annullamento della consultazione per mancanza di quorum: un successo evidente. E due anni dopo il trionfo è del Family Day a piazza San Giovanni a Roma, una manifestazione contro i Dico, cioè le unioni di fatto sia fra eterosessuali che fra omosessuali. Lo straordinario è che si tratta di un corteo di cattolici contro la cattolica Rosi Bindi (che ha firmato la legge insieme con la ex comunista Barbara Pollastrini), ed è un corteo che ottiene il risultato di imbarazzare il centrosinistra, visto che in strada, insieme con Berlusconi, scendono cattolici vicini a Prodi come Savino Pezzotta, Clemente Mastella e Giuseppe Fioroni: la rivendicazione di un cattolicesimo adulto avanzata dal premier viene bruscamente ed efficacemente respinta. E dunque niente procreazione assistita, niente Dico (o Pacs o altro), sì alle agevolazioni fiscali, finanziamenti alle scuole, qualche sterile ma gradito distinguo sull’aborto: il centrodestra non molla l’osso ed è una falange nel caso di Eluana Englaro e nei pasticci successivi che impantanano una legge annunciata in quarantotto ore, e ancora oggi in studiata fase di pre-elaborazione. Quello raccolto da Silvio Berlusconi è un credito inestimabile al punto che, quando racconta una barzelletta contenente una rotonda bestemmia, monsignor Rino Fisichella si immola e sostiene che il nome di Dio si può pronunciare invano: talvolta dipende dal contesto. Ed è proprio il problema del contesto, ora, a vanificare tanti meriti conquistati in battaglia.

lunedì 29 agosto 2011

Ici e 8 per mille, scontro tra vescovi e radicali

La Repubblica 29.8.11
Ici e 8 per mille, scontro tra vescovi e radicali

ROMA - «Gli enti della Chiesa pagano già le tasse dovute, la vera urgenza è stanare gli evasori fiscali». Avvenire risponde al segretario dei Radicali Mario Staderini, a capo di una mobilitazione cresciuta anche sul web che chiede di far pagare Ici e Ires alle attività commerciali cattoliche. «Staderini - si legge nel corsivo "Secondo noi" - spieghi come concilia la sua volontà di non voler tagliare i fondi a parrocchie e Caritas con l´attacco suo e del Gran Maestro all´8 per mille». Il quotidiano dei vescovi parla di un complotto massonico contro la Chiesa, e ospita una lettera di Angelino Alfano: «Tentare di penalizzare la Chiesa significa far del male alla nostra gente e soprattutto alla gente più indifesa», scrive il segretario pdl, secondo cui gli «ipotizzati privilegi» di cui godrebbe la Chiesa sono bugie e falsità «cavalcate anche da settori del Pd». Replica ancora Staderini, parlando di uso politico dell´8 per mille da parte della Cei.

mercoledì 18 maggio 2011

Il loro progetto: trasformare il ddl in clava elettorale

l’Unità 26.4.11
Il loro progetto: trasformare il ddl in clava elettorale
Maria Antonietta Farina Coscioni

È questione più di ore, che di giorni. La legge sul fine vita, che sostanzialmente nega la possibilità di esprimersi con un testamento biologico, già approvata dal Senato, sarà usata dal centrodestra come una clava in campagna elettorale: nella speranza di acquisire il sostegno, sempre più flebile, della comunità dei credenti cattolici e della gerarchia vaticana. I prodromi già si sono manifestati: il devoto ministro del Lavoro Sacconi auspica «il più tempestivo esame del Ddl Calabrò»; e con lui la non meno devota sottosegretaria Roccella e vari esponenti della maggioranza.
Qualche giorno fa la richiesta del centrodestra di calendarizzare immediatamente per l’Aula la legge sulle dichiarazioni anticipata di trattamento è stata respinta, ma solo per il ritardo con il quale a Montecitorio è stata licenziata la legge sulla prescrizione breve, dopo tre settimane di serrato ostruzionismo dell’opposizione. Entro il 30 aprile dovrà essere approvato il Documento economico-finanziario e ai primi di maggio sarà la volta del testamento biologico.
È evidente che lo vogliono esibire prima del voto; e in ciò si registra significativa convergenza tra maggioranza di centrodestra e Udc: il partito di Casini ha già fatto sapere che chiederà l’inversione dell’ordine del giorno e sarà spalleggiato da PdL e Lega.
Vogliono arrivare all’approvazione del Ddl Calabrò prima che si sviluppi nel Paese un dibattito e una riflessione su una legge che se fosse conosciuta dalla pubblica opinione nei suoi termini e nelle sue pratiche conseguenze, inevitabilmente provocherebbe una massiccia reazione di rivolta. Come ha detto Benedetto Della Vedova, che ha lanciato l’allarme a nome del Fli: «Vogliono fare campagna elettorale sulla pelle dei malati e delle famiglie».
Il Ddl Calabrò, se sarà approvato, sarà la pietra tombale della libertà e dell’autodeterminazione del cittadino. Occorre fare di tutto per rallentare l’iter legislativo e far crescere la resistenza nel Paese. Per questo chiedo alle compagne e ai compagni del Pd: si può rinunciare a sostenere, come già si è fatto al Senato, l’incostituzionalità della legge che ci vogliono imporre? Possiamo rinunciare a utilizzare tutte le pieghe che il regolamento della Camera ci consente, come si è fatto per la “prescrizione breve”? Grazie alle “invenzioni” di Roberto Giachetti e alla tenacia degli altri parlamentari di opposizione abbiamo guadagnato preziosi spazi informativi, perfino la televisione di Stato, obtorto collo, è stata costretta a darne conto, sia pure in modo molto parziale. Io credo che sia una lotta necessaria, opportuna, urgente.

domenica 8 maggio 2011

In Aula oggi il ddl che vuole imporre l’obbligo di alimentazione e idratazione forzata

l’Unità 27.4.11
In Aula oggi il ddl che vuole imporre l’obbligo di alimentazione e idratazione forzata
Sitin a Montecitorio del comitato Coscioni. Oltre duemila gli emendamenti presentati
Sul testamento biologico fretta elettorale di Pdl e Lega
Dibattito soffocato, il Pdl vuole procedere a colpi di maggioranza. Casini presenterà una richiesta di inversione dell’ordine dei lavori per accelerare l’iter del ddl. Marino: «Legge che viola la libertà di cura».
Jolanda Bufalini

La legge che prevede l’obbligo di idratazione e alimentazione in ogni caso, escludendo che si tratti di un trattamento sanitario, torna oggi all’ordine del giorno dei lavori d’aula alla Camera. Al punto dieci, quindi con buona probabilità di slittare se non fosse che Pier Ferdinando Casini e l’Udc hanno cambiato idea rispetto alla capigruppo che ha votato l’ordine dei lavori. Il 19 aprile, a fronte della richiesta di Pdl e Lega di esaminare il provvedimento entro aprile, ad opporsi furono proprio l'Udc e il Pd. Ma, in seguito, il vice presidente dell'Udc alla Camera, Gian Luca Galletti rese nota la disponibilità del gruppo a lavorare «anche oltre i giorni e i tempi previsti». Poi l'annuncio di Casini che questo pomeriggio presenterà la richiesta, sostenuta da Pdl e Lega, di inversione dell’ordine del giorno. A questo punto, secondo il relatore di maggioranza Domenico Di Virgilio per i tempi sull’approvazione, tutto dipende dal documento economico finanziario per il quale l’Aula è prenotata giovedì, il presidente dovrà decidere se calendarizzare il testamento biologico venerdì per andare al voto, presumibilmente, la settimana successiva, oppure, se sarà rinviato il testo finanziario, «si potrebbe arrivare al voto venerdì stesso».
Una prospettiva che non piace affatto alle opposizioni che considerano il ddl anti-costituzionale, far questi il senatore Ignazio Marino: «Se non è incostituzionale dire che i pazienti sono costretti a sottoporsi a cure mediche io non so cosa lo sia». I deputati radicali eletti nelle liste del Pd ha presentato 2000 emendamenti, cercando così di scongiurare l’approvazione in tempi rapidi di un provvedimento che «in realtà ha bisogno di dibattito e di maturazione delle coscienze». 69 sono gli emendamenti presentati dall’Idv e altrettanti dal Pd, 49 quelli del gruppo e una ventina da parte dei singoli deputati. Fli ha presentato un emendamento sostitutivo di tutto il testo. Ma, prima degli emendamenti, in Aula si dovranno discutere le eccezioni di costituzionalità.
Dunque, nonostante l’accelerazione che la maggioranza tenta di dare al provvedimento, magari per trovare un tema su cui compattarsi rispetto ai tanti motivi di divisione, l’iter della legge, nello slalom con il documento economico-finanziario, potrebbe non essere facile. L’accelerazione alimenta i sospetti di strumentalità, per Margherita Miotto, capogruppo Pd agli Affari sociali: «L'uso che la destra fa del Ddl sul testamento biologico la dice lunga sulla loro strumentalità su questa materia. Impediscono che la discussione su un tema così delicato abbia la necessaria continuità. Hanno imposto il rinvio in Aula ad aprile in modo da soffocare il dibattito con i tempi contingentati, adesso sono presi da una improvvisa fretta.
In piazza Montecitorio, dalle 16, si svolgerà il sit in convocato dalla associazione Coscioni, parteciperà anche Ignazio Marino: «La maggioranza del Pdl deve spiegare perchè chi ha vinto le elezioni può sopraffare la libertà individuale sulla scelta delle cure mediche».

martedì 3 maggio 2011

i neo puritani divisi da Calvino

i neo puritani divisi da Calvino
i neo puritani divisi da Calvino

domenica 1 maggio 2011

Blitz elettorale sul biotestamento

La Stampa 28.4.11
Blitz elettorale sul biotestamento
Berlusconi e Casini accelerano ma il sì finale dopo il voto
Carlo Bertini

Per ora è una toccata e fuga, con uno scopo non confessato, sventolare una bandiera che dovrebbe piacere all’elettorato cattolico in vista delle amministrative. Ma siccome il biotestamento è tema sensibile che investe le coscienze di tutti gli italiani, è probabile che all’accelerazione decisa ieri alla Camera, segua una prudente frenata per far slittare a dopo le elezioni un testo controverso e foriero di lacerazioni in tutti i partiti. Un testo che esclude la possibilità di rinunciare in piena coscienza, al momento della stesura di un testamento biologico, ad alimentazione e idratazione forzate. Che i medici saranno tenuti a fornire al paziente, salvo i casi in cui non sia più in grado di assimilarle.
Non stupisce dunque che ieri in piazza Montecitorio le associazioni dei medici Cgil protestassero consegnando a Fini 10 mila firme in difesa del dettato costituzionale che riconosce alla persona il diritto di non curarsi. Questo poco prima che l’aula votasse, su richiesta di Casini, un’inversione dell’ordine del giorno per passare subito all’esame del testo sul fine-vita. Quindi, dopo una battaglia tra Pd-RadicaliIdv-Fli e Pdl-Lega-Udc, la proposta di Casini passava a larga maggioranza 306 a 248. Con Fini lesto a chiarire che, comunque sia, l’aula oggi procederà con l’esame del Documento di finanza pubblica come deciso dall’ultima capigruppo. E quindi, dopo la bocciatura delle pregiudiziali di costituzionalità di Idv e Radicali, tutti a casa con la scusa che mancavano i pareri delle commissioni di merito agli ultimi emendamenti depositati. Ma con la consapevolezza generale che se ne riparlerà dopo il 17 maggio, complice la fitta agenda e la pausa dei lavori dovuta alla campagna elettorale.
«Hanno detto che bisognava fare presto e ora si scopre il bluff», attaccava il Radicale Maurizio Turco. «Vedremo, ancora non sappiamo quando concluderemo l’esame», metteva le mani avanti il capogruppo del Pdl Cicchitto. «Ma certo che slitterà al 17 maggio!», sbottava un cattolico moderato come Pierluigi Castagnetti del Pd. Convinto che il blitz di Casini fosse dettato dall’esigenza di «non farsi scavalcare nel rapporto con il Vaticano dalla Lega, che per prima in capigruppo aveva chiesto di procedere all’esame del fine-vita». E che il motivo del probabile rinvio del voto finale sia «la paura che tutti hanno di misurarsi in campagna elettorale con questo tema». E come viatico dell’incontro di oggi con Bertone, ieri Berlusconi è sceso in campo con una lettera ai deputati «per un voto responsabile» su una legge, che non sarebbe stata necessaria, «se non ci fossero tribunali che, adducendo presunti vuoti normativi, pretendono in realtà di scavalcare il Parlamento e usurparne le funzioni». Il riferimento è al caso Englaro e tutto quel che comportò, comprese le divisioni in Parlamento tra laici e cattolici, tanto che il premier ha voluto chiarire che «nel nostro partito esistono sensibilità diverse su questo tema, e non è mia intenzione chiedere che queste convinzioni personali siano sacrificate. Ma il lungo lavoro sul testo di legge credo abbia portato a un risultato largamente condivisibile».
E se l’obiettivo della maggioranza era spaccare il Pd, i primi effetti si son visti all’assemblea del gruppo Democrat dove Fioroni è stato convinto da Veltroni a non far votare i «suoi» con la maggioranza contro la pregiudiziale dei Radicali. E dopo aver tuonato in aula contro chi «butta un tema così delicato nel tritacarne della campagna elettorale», Franceschini si è sorbito l’accusa di Buttiglione di esser andato al traino dei Radicali e della loro «campagna eutanasica». Accusa che «ci offende sanguinosamente», ha reagito duro Bersani. Con massima soddisfazione di Pdl e Lega, che in un colpo hanno ottenuto la spaccatura di Pd, Terzo Polo e opposizioni.

giovedì 28 aprile 2011

Un pessimo biotestamento in cambio dell’assoluzione dal bunga bunga?

il Fatto 28.4.11
Un pessimo biotestamento in cambio dell’assoluzione dal bunga bunga?
Alla Camera il ddl Calabrò diventa un comizio elettorale per attrarre il voto cattolico Berlusconi: “Senza legge i tribunali scavalcano il Parlamento”
di Caterina Perniconi

In aula giusto il tempo di un comizio elettorale, qualche applauso e poi tutto rimandato a dopo le elezioni. Lo show sul testamento biologico offerto ieri dalla Camera dei deputati è servito alla maggioranza e all’Udc per mostrare i muscoli al loro elettorato cattolico sui temi etici. Ma nulla di più.
Il clima era incendiato già dal mattino, quando il presidente del Consiglio ha inviato ai parlamentari del Pdl una missiva per ringraziarli del lavoro delle scorse settimane sul processo breve, chiedere loro impegno sul biotestamento e, tanto per non perdere il vizio, attaccare i giudici. “La gran parte di noi – ha scritto Berlusconi – ritiene che sul ‘fine vita’, questione sensibile e legata alla sfera più intima e privata, non si dovrebbe legiferare, e anch’io la penserei così, se non ci fossero tribunali che, adducendo presunti vuoti normativi, pretendono in realtà di scavalcare il Parlamento e usurparne le funzioni”. La lettera ha fatto molto arrabbiare Beppino Englaro: “Il problema di Berlusconi è la magistratura – ha detto il padre di Eluana – ma nel caso di mia figlia, non ha fatto altro che rispondere alla domanda di giustizia del cittadino con principi di diritto allineati alla costituzione senza essere serva di alcun potere”.
NELLO STESSO tempo la Cgil consegnava al presidente della Camera Gianfranco Fini, le diecimila firme raccolte tra medici, infermieri e operatori sanitari contro il disegno di legge all’esame dell’aula. Gli stessi che promettono battaglia in caso di approvazione di questa legge: “Se passerà vedremo di percorrere tutte le vie possibili per fermarla, visto che così com’è è incostituzionale”.
Poi si è arrivati in aula, in tutta fretta, per un provvedimento che è rimasto nei cassetti di Montecitorio per quasi due anni. L’urgenza dettata dalla morte di Eluana Englaro era venuta meno. E il testo arrivato alla Camera il 26 marzo del 2009 non accennava a essere discusso. Fino a ieri. Quando una ragione “di convenienza e non d’importanza”, come ha spiegato durante il suo intervento il presidente dei deputati democratici Dario Franceschini, ha riportato la legge all’ordine del giorno. Così il partito di Casini ha chiesto la priorità per il biotestamento che è stata approvata grazie ai voti dei ministri, tutti schierati in aula a “salvare” il governo.
Perché la discussione sul “fine vita” spacca sia la maggioranza che l’opposizione. La sospensiva presentata dal Pd è stata respinta con 248 sì e 306 no. Anche Fli ha votato coi democratici e l’Idv. Bocciate inoltre le pregiudiziali di costituzionalità di Idv e Radicali (225 sì, 307 no). Ma la maggioranza, oltre alle assenze (mancavano 16 Pdl, oltre a 7 Responsabili e due leghisti, mentre 19 erano in missione), ha registrato il dissenso di Giuseppe Calderisi (Pdl) che ha votato a favore delle pregiudiziali e si è astenuto, assieme a Santo Versace, sulla sospensiva. Versace si era astenuto anche nella votazione precendete assieme a Lella Golfo, Antonio Martino e Manuela Repetti. Per quanto riguarda i democratici, gli ex Ppi vicini a Giuseppe Fioroni non hanno partecipato al voto sulle pregiudiziali, mentre Luigi Bobba ha votato contro.
Un tema delicato e scivoloso sul quale “la maggioranza si sente onnipotente e libera di ledere i diritti degli italiani” ha dichiarato l’Italia dei valori. E per il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani “è indecoroso che con tutte le urgenze e le priorità che abbiamo, il Parlamento, ancora una volta, usi la maggioranza per stravolgere gli ordini del giorno e imbastire iniziative che sono solo elettoralistiche. Nel merito – ha spiegato – noi siamo assolutamente contrari ad una legge che entra a piedi giunti tra la vita e la morte del cittadino. Chi ci accusa e dice la parola eutanasia ci offende sanguinosamente”. Ma i distinguo sono forti anche nel suo partito. E a Bersani resta meno di un mese per provare a ricompattarlo su una posizione comune.

domenica 10 aprile 2011

Radicali, finto spot con attacco a Cl

Radicali, finto spot con attacco a Cl

Maurizio Giannattasio
Corriere della Sera - edizione Milano, 05/04/2011

Fotogramma dello spot Telecom: correva l'anno 1953. «Mamma è nata. L'abbiamo chiamata Francesca!». L'annuncio viene dato da uno dei pochi telefoni pubblici esistenti in paese.

Fotogramma dello spot elettorale della Lista Bonino-Pannella messo su YouTube. Un anno dopo, il 1954. C'è sempre un uomo al telefono, ma questa volta l'annuncio è di un altro tipo. «È nata, la chiameremo Comunione Liberazione!». Il riferimento è a quando don Luigi Giussani insegnava al liceo classico Berchet, e insieme a un gruppo di studenti fondava Gioventù Studentesca che qualche anno dopo diventa Cl.

Non è uno spot romantico come quello della Telecom, anche se allietato dalle note dei Beatles. Perché la voce fuori campo è tutto tranne che benevola: «La maggioranza degli italiani non ha mai smesso di lottare contro chi ha ostacolato ogni progresso e libertà civile. Contro chi ha difeso solo i propri privilegi. Contro chi ha umiliato la scuola pubblica dando soldi alle proprie scuole confessionali. Anche a Milano c'è chi non si rassegna». Un pugno in pieno petto che prosegue la battaglia inaugurata dai Radicali con gli esposti sulle firme false per il listino del presidente della Regione, Roberto Formigoni. Ma questa volta il bersaglio è diverso. A finire nel mirino non è solo Formigoni, ma direttamente un movimento ecclesiale, «il cui scopo - si legge nel sito di Cl - è l'educazione cristiana matura dei propri aderenti e la collaborazione alla missione della Chiesa in tutti gli ambiti della società contemporanea». Saranno in molti ad arrabbiarsi.