sabato 18 dicembre 2010

Il Vaticano scieglie ancora il Cav

il Fatto 18.12.10
Il Vaticano scieglie ancora il Cav
Pressioni su Casini per far affondare il Terzo Polo
di Marco Politi

Città del Vaticano. “La Chiesa spinge l’Udc all’abbraccio con il governo. Casini non vuole legarsi a un cadavere. E intanto il Papa elogia Berlusconi per aver difeso il crocifisso dinanzi all’Europa. È una partita a tre, assai delicata, quella che si sta giocando all’interno del mondo cattolico. Visto il totale allineamento del premier alle istanze economiche e legislative della Chiesa (al pranzo con il cardinale Bertone prima della fiducia Berlusconi dichiarò platealmente “non sarò mai contro il Vaticano”) i vertici ecclesiastici si sentono sempre più incoraggiati a intervenire nel-l’arena politica e a premere sul partito di Casini perché non proceda con Fini sulla via del Terzo polo, ma raggiunga un accordo con il governo.
Evidenti le parole pronunciate il 15 dicembre dal cardinale Bagnasco, presidente della Cei, quando ha affermato che gli italiani si sono espressi “in modo chiaro e democratico” per la governabilità e tale desiderio deve essere “da tutti rispettato e perseguito”. Pochi giorni dopo Bagnasco ha rilanciato l’appello ad un dialogo vero “nelle articolazioni dello Stato, che diversamente si inceppa”. Il segretario di stato vaticano Bertone ha invocato la benedizione divina sui governanti italiani. E l’Avvenire ha ammonito Casini a non approntare un “terzo pasticcio” (altro che Terzo Polo!).
Benedetto XVI, ricevendo per le credenziali il nuovo ambasciatore presso la Santa Sede Francesco Greco, ieri ha coronato il tutto ribadendo solennemente il diritto di intervento della Chiesa. “Lo Stato – ha detto richiamandosi al Concordato – è chiamato a tutelare non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione e delle comunità religiose nella sfera pubblica”. I legami tra l’Italia e la Chiesa cattolica costituiscono caratteristiche, ha ricordato il Papa, che “non possono essere negate, dimenticate o emarginate”. Quando è successo, ha ammonito Ratzinger, “si sono causati pericolosi squilibri e dolorose fratture nella vita sociale del Paese”. Monito chiarissimo. Seguito dall’elogio del governo Berlusconi per il mantenimento del crocifisso nelle scuole e la difesa delle minoranze cristiane nel mondo. Perché tutti capiscano l’Osservatore Romano ha titolato: “Il Papa ribadisce il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica”.
CASINI, eppure, non ha intenzione di cedere. Non entrerà in un governo Berlusconi né rinuncerà allo stretto coordinamento con Fini. Lo ha anche spiegato al cardinale Bagnasco incontrato pochi giorni fa. Casini sa che i vertici ecclesiastici sono arroccati nell’appoggio al governo Berlusconi, ma ormai non tornerà indietro. Conta su quel trenta per cento dell’episcopato che da tempo ha silenziosamente sfiduciato Berlusconi, e sa che parte dell’associazionismo cattolico guarda al centro o a sinistra ed è stanco di un premier parolaio e bunga-bunga . Ma soprattutto Casini ha ancora carte forti nei confronti della gerarchia ecclesiastica. Il suo pacchetto di voti capace di impedire in parlamento qualsiasi approvazione di leggi invise al Vaticano.
Se la Chiesa teme che si stabiliscano norme contrarie alla dottrina vaticana su temi sensibili come le coppie di fatto o il testamento biologico – questo il ragionamento illustrato a suoi interlocutori ecclesiastici di persona e tramite suoi ambasciatori – allora non deve temere : in parlamento l’Udc farà barriera con il Pdl e la Lega. Tutto questo si può fare dall’“esterno” senza aggregarsi al carro di Berlusconi, che per Casini è ormai politicamente inaffidabile come premier. Le posizioni diverse di Fini? È giusto lasciare libertà di dibattito (nel segno di un’antica tradizione democristiana che va riscoperta ). Ma rafforzare il Terzo Polo, così suona il messaggio di Casini al Vaticano, significa favorire la crescita dell’area cattolico-moderata con la prospettiva di attrarre sui temi cari alla Chiesa voti dalla destra finiana e dall’area dei popolari del Pd. Dall’associazione dei Focolari giunge un assist al leader Udc. Il governo non ha una maggioranza capace di affrontare i problemi del Paese, rimarca il professore Antonio Maria Baggio esponente del movimento. Un accordo Berlusconi-Casini è possibile solo rispettando le condizioni dei centristi. In primo luogo “necessariamente” va riformata la legge elettorale. Altrimenti non si va da nessuna parte.

mercoledì 15 dicembre 2010

Il Vaticano Avvisa «Pier»

Il Vaticano Avvisa «Pier»

Pierfrancesco De Robertis, Il Giorno/Il Resto del Carlino/ La Nazione, il 06/12/10

Le parole in politica pesano, specie quelle di un cardinale. Specie se arrivano dopo settimane di pressing discreti, fatti in incontri riservati e in messaggi recapitati per vie traverse ma sempre di altissimo livello e importanza. Notate: mano mano che la crisi politica si avvicina al fatale epilogo del 14 dicembre si fanno più espliciti gli interventi della gerarchia cattolica nell’attualità italiana (tipo quello di due giorni fa del cardinale Camillo Ruini, ancora l’uomo forte del Vaticano nelle vicende di casa nostra).

Destinatario degli appelli al «rafforzamento del governo» (come quello appunto di Ruini) non è tanto Berlusconi i cui rapporti con il Vaticano godono di ottima salute, quanto il cattolico Pier Ferdinando Casini. Gli inviti vengono non a caso dal Vaticano e non dalla Cei (i vescovi) i cui punti di vista talvolta non collimano. La Cei è guidata dal cardinale Bagnasco ma riflette gli umori dei molti vescovi sparsi sul territorio italiano, non sempre e non tutti d’accordo nel «contestualizzare» - come direbbe monsignor Fisichella - lo stile di vita del premier. Il Vaticano ha invece verso la politica un approccio più pragmatico, con uno sguardo che va oltre il contigente e bada più al sodo: l’esenzione Ici ai beni ecclesiastici «non esclusivamente commerciali» (stimata in 400 milioni all’anno), i contributi alla scuola cattolica e quant’altro. Tutti elementi (per alcuni, privilegi) che i vari governi Berlusconi hanno sempre assicurato. Il «gentiluomo di sua santità» Gianni Letta (ma ultimamente anche Tremonti) oltretevere è di casa. Berlusconi quindi per il Papa (inteso come Santa Sede) non è un problema. Il «problema» può invece esserlo adesso Casini, e soprattutto la possibilità che l’Udc si allei con il ‘senzadio’ Fini, propugnatore di una destra laica e in certi accenti addirittura anticlericale. Ecco quindi spiegati i richiami pubblici di Ruini, ecco il senso dei tanti appelli che in queste settimane sono giunti riservatamente a Casini perché in qualche modo trovi il verso di puntellare il governo Berlusconi. Per «Pier» resistere potrebbe non essere facilissimo.

lunedì 13 dicembre 2010

Non agiremo mai contro il Vaticano"

La Repubblica 10.12.10
Non agiremo mai contro il Vaticano"
Berlusconi pranza con Bertone: lavoro perché il Papa possa andare a Mosca
All´incontro per i nuovi cardinali l´assenza di Bagnasco conferma il gelo con la Cei
di Marco Ansaldo

CITTÀ DEL VATICANO - «Caro ambasciatore, lei ora lascia l´incarico di rappresentare l´Italia presso la Santa Sede per andare a Mosca, dove c´è il mio amico Vladimir Putin. Io vengo criticato per questo rapporto. Mi accusano. Mi attaccano. Ma non capiscono che il mio vero obiettivo è quello di portare la Russia in ambito occidentale. E che grazie a questa relazione privilegiata sto lavorando anche con il patriarca ortodosso Kirill perché si creino le condizioni affinché il Papa possa andare un giorno a Mosca».
Sono passate le 14 a Palazzo Borromeo, sede della legazione italiana presso il Vaticano, quando il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, si rivolge all´ambasciatore Antonio Zanardi Landi, padrone di casa e organizzatore dell´incontro. Mezzo governo è schierato sulla lunga tavolata che domina la sala grande. Ci sono Letta, Bonaiuti, Frattini, Tremonti, Alfano, Bondi, Fazio, Fitto, Romani, Gelmini. C´è anche il consigliere per la politica internazionale del premier, il deputato del Pdl, Valentino Valentini, uomo di collegamento di Berlusconi con la Russia. E dall´altro lato del tavolo i commensali sono il segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone, e 9 dei 10 nuovi cardinali italiani usciti dal recente Concistoro in cui Benedetto XVI ha creato 24 porporati.
Palpabile l´attesa per un evento che, se è una tappa ormai di prammatica dopo ogni Sacro collegio (fu Prodi a presenziare nel 2007), cade ora a pochi giorni dal decisivo voto di fiducia del 14 dicembre per il governo, con un presidente del Consiglio alla ricerca di appoggi autorevoli. Un momento delicato, a cui la Segreteria di Stato vaticana ha risposto in maniera positiva.
Ai cardinali di fresca nomina il premier ha fatto i complimenti e regalato una croce pettorale. E a tutti ha espresso ottimismo per l´imminente passaggio in aula, confidando di poter ottenere i numeri richiesti. «Da parte mia - ha assicurato prima di ricordare gli anni trascorsi dai salesiani (guardando Bertone che appartiene a quell´ordine) - non verrà mai nulla contro il Vaticano». E dopo alcune frasi del sottosegretario Gianni Letta, il collaboratore del Papa ha risposto ringraziando il governo di aver condotto una politica a favore della Chiesa. Con i giornalisti Bertone si è poi schernito («era solo un pranzo di cortesia, io ero ospite, prego per l´Italia e prego per il futuro di ogni Paese con cui siamo in relazione perché i problemi toccano tutto il mondo, non solo l´Italia»).
Della delegazione ecclesiale facevano parte i cardinali Ravasi, Romeo, De Paolis, Sardi, Amato, Piacenza, Monterisi, Sgreccia e Bartoloni. Assente giustificato Baldelli. Spiccava piuttosto l´assenza del presidente dei vescovi, Angelo Bagnasco, che aveva un impegno precedente a Genova, sua arcidiocesi cui tiene molto. Al suo posto il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata.
E´ da tempo del resto che i vescovi italiani non nascondono malumore verso Berlusconi. Il loro quotidiano di riferimento, Avvenire, l´altro giorno in un editoriale si è schierato contro il voto anticipato se in Parlamento si trovasse un´altra maggioranza. C´è chi guarda al dopo. Tremonti (che ieri si è speso sulla necessità di sostenere la famiglia), gode di grande stima. Stuzzica l´idea di un Ppe italiano prospettata da Formigoni. L´ingresso dell´Udc nella maggioranza offrirebbe qualche rassicurazione. Ma non convince la prospettiva di un partito di centro con il ‘laicista´ Fini.
All´uscita del palazzo bocche cucite, comunque, per i porporati. «Meno litigi e scosse ci sono, meglio è», commenterà più tardi uno dei cardinali che ha partecipato alla colazione di lavoro. «Gli uomini di governo devono perseguire il bene comune, non quello del proprio partito», aggiungeva un altro. Nei saloni in cui, fra pochi giorni, Zanardi Landi sarà sostituito dal nuovo ambasciatore Francesco Greco, Berlusconi si lasciava infine andare su una poltrona: «Se poi non otterrò la fiducia - diceva scherzando - vorrà dire che mi riposerò».

mercoledì 8 dicembre 2010

una nuova materia per le scuole superiori «Introduzione alle religioni»

l’Unità 5.12.10
Pd: una nuova materia per le scuole superiori «Introduzione alle religioni»
Alla proposta hanno aderito 22 parlamentari di quasi tutti i gruppi
Per Giovanna Melandri servirà a «colmare la lacuna attualmente presente nella scuola circa la conoscenza delle grandi esperienze religiose di tutto il mondo». Apprezzamento da parte dei rappresentanti di tutte le fedi
di Gian Mario Gillio

Con una conferenza stampa alla Camera, i deputati del Pd Giovanna Melandri, Jean-Leonard Touadi e Andrea Sarubbi, assieme a Paola Frassinetti del Pdl, hanno presentato una nuova proposta didattica denominata Introduzione alle religioni. «L’appartenenza religiosa si legge nella proposta di legge a prima firma Melandri, che ha già visto l’adesione di 22 parlamentari di quasi tutti i gruppi torna a essere una delle componenti essenziali dell’identità degli uomini e delle donne del nostro tempo». L’insegnamento dell’Introduzione alle religioni è inserito come materia di studio obbligatoria nella scuola secondaria di primo grado e nella scuola secondaria superiore. Sono abilitati all’insegnamento i laureati in discipline umanistiche assunti in seguito a concorso pubblico; è prevista un’ora settimanale di insegnamento per ogni classe. Dunque al centro della proposta vi è l’analisi del fenomeno religioso quale elemento trasversale all’esperienza umana e alle culture. Uno sguardo alle grandi tradizioni religiose (induismo, buddhismo, ebraismo, cristianesimo al quale verrebbe prestata particolare attenzione e islam) attraverso l’analisi dei relativi testi sacri, delle tradizioni, delle culture e delle identità dei popoli.
MELANDRI: CONTRO L’ATTUALE LACUNA
«Una nuova materia ha spiegato Melandri che, senza voler minimamente intaccare la funzione ed il ruolo riconosciuti all’insegnamento della religione cattolica (Irc) dalle disposizioni concordatarie, vuole colmare la lacuna attualmente presente nella scuola circa la conoscenza delle grandi esperienze religiose di tutto il mondo. Ciò consentirà, a partire dall’approccio ai testi di riferimento, di cominciare a dotare gli studenti di quegli strumenti culturali idonei a comprendere la pluralità che caratterizza la società di oggi. Pensiamo, ad esempio, alle nuove generazioni nate e cresciute in uno spazio multiculturale e interconfessionale».
AQUILANTE: PROPOSTA IMPORTANTE
Il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha sottolineato l’apprezzamento per un’iniziativa che appoggia: «Questa proposta è importante in quanto allinea l’Italia all’Europa e tiene conto del fatto che la nostra società si presenta sempre più multiculturale e multi-religiosa. Soprattutto ha proseguito Aquilante apre ad una nuova laicità che favorisce lo sviluppo delle capacità critiche nel processo formativo».
Fondamentale si legge nella proposta di legge che adeguato spazio sia riservato anche alle tradizioni religiose orientali. Non solo per dare agli studenti la possibilità di coglierne la ricchezza spirituale e artistica, ma anche come risposta di civiltà al crescente e diversificato fenomeno migratorio. Ad appoggiare l’iniziativa erano presenti anche rappresentanti delle diverse fedi: Sandro Di Castro, dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Giorgio Ferri, dell’Unione degli atei e degli agnostici e razionalisti, e Alessandro Paolantoni, segretario generale dell’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia.

mercoledì 24 novembre 2010

Dai finiani alla sinistra ecco la lobby laica che spaventa il Vaticano

Dai finiani alla sinistra ecco la lobby laica che spaventa il Vaticano

Francesco Peloso, Il Secolo XIX, il 19/11/10

Quel che s’avanza è una lobby laica trasversale. Dalla nuova destra finiana a settori del Pd, fino ai vendoliani e passando per la fondazione di Montezemolo, sta prendendo forma, con la deflagrazione del Pdl, un gruppo composito di personalità, parlamentari, opinion maker decisi a far rispettare i diritti individuali, quelli della persona. Il che, tradotto, vuol dire riconoscimento delle coppie di fatto etero e omosessuali, rifiuto dell’omofobia, parità fra uomo e donna, approvazioni del divorzio breve, tutela della legge 194 sull’aborto, apertura su temi come la fecondazione assistita e il testamento biologico, e poi diritti di voto e cittadinanza per gli immigrati, affermazione delle pluralità religiosa del Paese.
I modelli sono la Francia del laicismo positivo alla Sarkozy e la Spagna zapaterista più decisamente anticlericale. Insomma se la Chiesa ha sempre chiamato i cattolici ad unirsi, al di là dell’appartenenza di partito, sui temi eticamente sensibili, ora da parte laica si sta ragionando su un analogo e contrario movimento. A dare la linea è stato lo stesso leader di Futuro e libertà, Gianfranco Fini, che ha affermato un principio generale: «il Parlamento deve fare leggi non orientate da precetti di tipo religioso».
Dall’altra parte, Stefano Rodotà, leader autorevole della sinistra laica, ha censurato il recente tentativo di Silvio Berlusconi di utilizzare, nei frangenti tormentanti della crisi di governo, i temi etici con l’obiettivo di «mettere in difficoltà i finiani, già critici verso la legge sulla procreazione e ostili alla proposta di testamento biologico approvata dal Senato, per allettare l’Udc e creare divisioni all’interno del Pd". E però, spiegava ancora con malizia Rodotà, il vero destinatario della linea "pro-life" del Cavaliere, "erano le gerarchie vaticane".
Temi etici. Va detto che Fini non si è mai tirato indietro sui temi etici, anche a costo di ritrovarsi isolato nel Pdl come è avvenuto sul caso Englaro. "Mi sarei comportato - ha detto in proposito - come la famiglia di Eluana", "la volontà della persona coinvolta e della famiglia è meritevole del rispetto delle istituzioni, è una soglia che non deve essere varcata a cuor leggero dallo Stato". Tanto per capire quanto pesino simili questioni, si pensi che la finiana Flavia Perina, direttore del "Secolo", l’estate scorsa, descrivendo il rapporto di Futuro e libertà con il governo, osservava: "sui temi etici, sul testamento biologico, rivendicheremo la libertà di coscienza, ma per il resto saremo leali". Insomma lo spartiacque era proprio quello.
Certo è che un ruolo importante nella costruzione di un asse laico, ce l’hanno avuto i radicali, alfieri dei principi laici e delle battaglie per l’autodeterminazione dell’individuo - definizione aborrita dal Vaticano - presenti non a caso sia a destra che a sinistra. Così i 9 parlamentari pannelliani eletti nel Pd, sei alla Camera e tre al Senato fra cui Emma Bonino, hanno il loro peso visto l’attivismo di cui si rendono protagonisti. Lo stesso dicasi per Benedetto Della Vedova, radicale della prima ora, deputato Pdl e ora a capo dell’associazione "Libertiamo", ovvero i valori liberali e laici propugnati a destra. Così, date le premesse, non è stato casuale l’ultimo attacco a testa bassa portato contro il Presidente della Camera - accusato di "anticlericalismo" - dal direttore del quotidiano dei vescovi Avvenire, Marco Tarquinio (attacco ripetuto ieri).
Coppie di fatto. Il tema su quale si riscontra il consenso più ampio fra destra e sinistra è senz’altro quello del riconoscimento giuridico per le coppie di fatto. Qui la deputata Pd Paola Concia, omosessuale dichiarata, e il moderato finiano Silvano Moffa, possono incontrarsi, e con loro si allineano molti esponenti del Fli da Luca Barbareschi a Giulia Bongiorno, presidente della Commissione giustizia della Camera, fino a Chiara Moroni, per la quale bisogna arrivare "a includere, nell’insieme delle persone che vedono tutelati i propri diritti civili, anche le coppie di fatto. Ma bisogna dire, con grande schiettezza, che il tema vero sono le coppie di fatto omosessuali". A sinistra si muovono nella stessa direzione Barbara Pollastrini autrice, insieme a Rosi Bindi dei Dico, una delle proposte di regolamentazione delle unioni civili che non hanno visto la luce, e poi molti degli ex Ds. Con loro il sindaco di Torino Sergio Chiamparino per il quale "le coppie di fatto non sono più una patologia, ma una fisiologia del nostro Paese" e inviano "un segnale forte al Parlamento affinché riprenda in mano - e con decisione - temi che non possono più attendere". Dalle parole ai fatti: il Comune di Torino ha approvato il riconoscimento dei diritti civili delle coppie gay.
Immigrazione. C’è poi la questione immigrazione, dove il Fli ha assunto posizioni in netto contrasto con la Lega nord e il Pdl e di fatto assai più vicine a quelle del centrosinistra. Tanto che è nata una proposta firmata da Fabio Granata, Fli, e Andrea Sarubbi, cattolico Pd, per dare in tempi rapidi e con regole certe la cittadinanza agli immigrati. E a proposito della recente sconfitta parlamentare della maggioranza proprio sui temi dei diritti di rifugiati, il giovane direttore del sito web di Fare Futuro, Filippo Rossi, ha definito in questo modo il Pdl: "Diventeranno un partito xenofobo, di estrema destra. A quel punto avranno scritto, da soli, la parola fine a un grande sogno che si è trasformato in un incubo".
Cattolici laici. A sinistra, invece, un caso a parte è quello di Nichi Vendola, leader nascente della sinistra italiana. Vendola è un omosessuale dichiarato da sempre, cattolico di formazione, è cresciuto alla scuola di don Tonino Bello il celebre vescovo pugliese, ex presidente di Pax Christi, impegnato sui temi della pace e della giustizia sociale. Oggi il presidente della Puglia dichiara che bisogna farla finita con l’anticlericalismo ma certo su diritti civili e difesa della 194 difficile che farà sconti. La recente Conferenza nazionale sulla famiglia promossa dal governo, infine, è stata bollata come clericale dalla nuova lobby laica e criticata per aver prodotto molte chiacchiere e pochi fatti. Su questa linea si trova Irene Tinagli, economista, ex dirigente del Pd ed oggi esponente della Fondazione di Luca di Montezemolo "Italia futura", embrione del futuro raggruppamento politico che sorgerà intorno all’ex presidente della Fiat.

lunedì 8 novembre 2010

Vendola parla di fede e rilancia il patto al centro "Basta anticlericalismo"

La Repubblica 25.10.10
Il leader di Sel: governo tecnico solo per la legge elettorale
Vendola parla di fede e rilancia il patto al centro "Basta anticlericalismo"
di Giovanna Casadio

Passa un ordine del giorno sui matrimoni gay, ma Nichi insiste sulle unioni civili

FIRENZE - Nichi Vendola parla ai cattolici e alla Chiesa. Propone un´alleanza «tra le forze centriste e di sinistra ma senza ipoteche moderate». Invita a «un compromesso», a patto che si voglia battere «la precarietà del lavoro, contro cui è anche il papa, quindi potrà ben essere in un programma elettorale». Pensa a un fronte ampio per «il cambiamento del modello di sviluppo dell´Italia», per sconfiggere il berlusconismo e il suo «Olimpo pacchiano tra Apicella e Dioniso». E ribadisce il sì a un governo tecnico ma solo per riformare la legge elettorale.
Parte da sé, Vendola, dalla sua omosessualità, dalla sua fede: «Tra le tante diversità del vostro portavoce che vi dovete beccare - si rivolge ai 1.400 delegati del primo congresso di "Sinistra ecologia e libertà" - c´è anche questa, c´è una fede religiosa che non intendo nascondere». Non è che abbia incontrato il cardinale Bagnasco, come è stato scritto. È che Nichi si dice «innamorato di quel povero Cristo che finisce in croce» e racconta una storia dove i simboli del potere si capovolgono completamente in «due legni in croce, quattro chiodi, una corona di spine...». Non solo. Tra le ovazioni di una sinistra che - prosciugata dal "voto utile" del Pd di Veltroni nel 2008 e dai propri errori - temeva di non rialzarsi mai più, rilancia i temi dimenticati dei diritti civili, a cominciare dalle coppie di fatto. «Alle famiglie del Family Day chiedo: vi ha ferito di più l´amore gay o l´impoverimento prodotto dal liberismo?». Insiste: «No alle vecchie pulsioni anti clericali». Ricorda più volte Aldo Moro.
Sel vota poi un ordine del giorno in cui si prevede «il matrimonio a prescindere dal sesso dei contraenti». Colpi battuti su temi dimenticati. Dal Pd arriva la condivisione di Ignazio Marino e di Vincenzo Vita. Ma è il filo di un discorso «finalmente» ripreso («Ci eravamo smarriti, ci siamo ritrovati»), quello di Vendola. Un´ora e mezza su tutti i temi. Sul lavoro soprattutto, precisando: «Non diventeremo il partito della Cgil, l´Italia ha bisogno della Cgil». Sui conflitti: «Il patto tra produttori è un inganno». Al Pd e a Bersani chiede di uscire dalle ambiguità, di essere chiaro sul «governo tecnico o di fine stagione»: sì, se è per la legge elettorale, no per le riforme economiche. Al teatro Saschall lo acclamano presidente di Sel, e lui: «Non sono il presidente di un piccolo partito ma di una grande speranza. C´è un´Italia migliore. La politica la voglio vivere per strada». Si commuove Fabio Mussi, il leader dell´ex Correntone Ds che non ne ha voluto saperne del Pd: «Parliamo con il Pd ma sono felice di non essere lì». Tutta la platea in piedi lo applaude.
Franco Giordano, Gennaro Migliore, Titti Di Salvo, Eva Catizone, Loredana De Petris, Grazia Francescato, Elettra Deiana, Paolo Cento, Carlo Leoni e le tante storie politiche della sinistra tornano sul palco, giurando però di non guardare indietro, di volere il partito-ponte. Parlano gli operai, i cassintegrati in collegamento dalla Sardegna. La delegata Maria Pia Erice ricorda i sei stranieri che volevano uscire dal centro d´accoglienza di Trapani liberi e sono usciti morti. Grazie di Vendola a Pannella e a Emma Bonino, «con cui sono stato 90 volte in disaccordo» ma anche da quelle «ho imparato. Grazie a tanti, alla memoria di Uccio Aloisi il padre della Taranta, a Gino Strada, a don Ciotti, a Lorella Zanardo. Quindi tutti a cantare "Bella ciao", per non dimenticare.

mercoledì 3 novembre 2010

Nichi «cerca» i cattolici

l’Unità 25.10.10
Nichi «cerca» i cattolici
Vendola si “gioca” la fede: «Io credo E voglio parlare con la Chiesa»
Vendola chiude il congresso del Sel e viene acclamato presidente. Nel suo discorso sfida al Pd e apertura al mondo cattolico: «Non nascondo la mia fede, voglio parlare con la Chiesa delle coppie gay».
di Andrea Carugati

Matrimoni gay, Il congresso dà via libera. Sì anche all’adozione per single

«Ci eravamo smarriti, ci siamo ritrovati», esordisce Nichi Vendola poco prima di mezzogiorno, per concludere un’ora e mezzo dopo con Bella Ciao a squarciagola, (sparuti) pugni chiusi tra i delegati, e un abbraccio corale della platea che lo incorona leader di Sel ben prima del voto ufficiale del pomeriggio (ovviamente all’unanimità). C’è persino chi gli allunga un bimbo da baciare, per dire il clima del teatro Saschall di Firenze, dove è nato sì un nuovo partito, ma soprattutto un leader nazionale.
Novanta minuti in cui Vendola mette in tavola la summa del suo repertorio, da Gramsci ad Aldo Moro («Avrebbe capito la piazza Fiom come fece col Sessantotto»), da Gandhi a Capitini, dai rapporti di produzione di Bertolt Brecht alla «Cura» di Franco Battiato, che diventa la chiave per spiegare il suo welfare: «Ci prenderemo cura delle persone, delle loro debolezze, a partire dai disabili». E ancora: Vandana Shiva, Gino Strada, Carlo Petrini, l’omaggio a Pannella e Bonino, i ragazzi di Locri, Don Ciotti,
Uccio Aloisi, il cantore della Taranta («Il suo gusto per il mondo è l’antidoto al leghismo»). E la bellezza, «che non è il giovanilismo, ma le ferite del tempo che ci consuma, non sono gli Olimpi pacchiani a metà tra Dioniso e Apicella». Risate, Berlusconi è servito.
IL RAPPORTO COL PD
Vendola non lesina critiche ai leader riformisti italiani “alla Blair”: «La parabola della sinistra modernizzatrice che si congeda dalla radice laburista e sceglie gli slogan della destra è giunta al suo compimento». E ancora: «Il patto tra produttori è un inganno perché cerca di rimuovere il conflitto sociale, solo ai più forti conviene...». «Il tremontismo ha avuto i suoi prodromi nel rigorismo di Padoa Schioppa, ecco le ragioni delle nostre sconfitte». No, lui punta dritto allo sciopero generale proposto dalla Fiom. «Serve perché l’Italia possa guardarsi allo specchio». Di Bersani dice che «ci legano stima e affetto sincero». «Il nostro incontro alcuni giorni fa è stato buono, ha aperto porte e finestre alla speranza». Però... Il leader di Sel spara a zero contro l’ipotesi di governo tecnico che metta mano a riforme economiche bipartisan, evocato sabato da D’Alema. «Va bene cambiare il Porcellum, ma quali sono le riforme neutre? Quelle sul lavoro? E su quale terreno, il tremontismo? Spero di avere risposte chiare da Bersani». Poco prima Fabio Mussi aveva sparato sui «leader difettosi» che, come Blair, «sono andati al centro per governare». Vendola è più ecumenico, ma non molla l’osso: «Il nostro popolo vuole che stiamo insieme, ma anche che proponiamo un nuovo modello sociale e di sviluppo. Vinceremo se la generazione del “lavoro mai” vedrà in noi un futuro».
IL MONDO CATTOLICO
Il leader di Sel rivendica la sua fede («tra le tante mie tante diversità vi beccate anche questa, sono innamorato di Cristo che morendo in croce ha ribaltato i simboli del potere»), smentisce un incontro col cardinale Bagnasco ma ribadisce la volontà di dialogo «a oltranza» con la Chiesa, a partire dagli «affamati», e anche se «troveremo porte chiuse». Il congresso vota all’unanimità alcuni odg: via libera ai matrimoni gay, all’adozione per i single, ai registri comunali per i testamenti biologici, Vendola rilancia «il progetto d’amore tra due persone dello stesso sesso» ma avverte i suoi: «No all’anticlericalismo, di queste cose voglio parlare con la Chiesa. Voglio chiedere agli amici del Family day se li hanno feriti le coppie gay o il liberismo». Nel Pd Ignazio Marino gongola, Matteo Renzi ne loda la passione, ma avverte: «Non si schiacci sulla Cgil». Vendola, giù dal palco, asciuga i concetti: «Sogno un compromesso tra le forze centriste e di sinistra sulle riforme possibili. Ma non è detto che l’egemonia debba essere moderata, quella sfida ce la giochiamo con le primarie, che ormai non possono più essere sabotate». Enzo Carra, ambasciatore Udc in prima fila, sorride: Un discorso da dirigente dell’Azione cattolica. Secondo me alle primarie ha delle chances, in questa fase serve un’anima, e per noi più facile parlare con chi ha un’identità chiara... La soluzione è un centro alleato con la sinistra, col trattino...».

martedì 15 giugno 2010

Spagna, pronta la legge sulla religione "Niente crocefissi e funerali di Stato cattolici"

La Repubblica 14.6.10
El País rivela la bozza delle nuove norme: stabiliscono la "neutralità religiosa" delle istituzioni
Spagna, pronta la legge sulla religione "Niente crocefissi e funerali di Stato cattolici"
di Omero Ciai

Il nuovo progetto in Parlamento dopo l´estate. Ancora in discussione l´articolo che regola l´uso del velo islamico

Via il crocefisso dalle aule scolastiche, dagli ospedali pubblici, dalle sedi amministrative, dai ministeri; e via il parroco dai funerali di Stato che non potranno più essere di rito cattolico. La bozza della nuova legge sulla "libertà religiosa" in Spagna - già annunciata dal premier Zapatero due anni fa - è pronta e ieri è stata rivelata da El País. Più che di "laicità" dello Stato, nella bozza, si esprime «la neutralità dei pubblici poteri di fronte alla religione e a qualsiasi altro credo, evitando qualsiasi confusione fra funzione pubblica e attività religiosa».
Riguardo ai funerali di Stato, El País propone l´esempio di quelli che si svolsero nel 2004 per le vittime degli attentati dell´11 marzo e ricorda che furono di rito cattolico nonostante tra i morti vi fossero numerosi musulmani. Con la nuova legge lo Stato potrà organizzare solo funerali civili, senza simboli religiosi. Mentre sul crocefisso la legge chiarisce che non potrà essere esposto (come nessun altro simbolo religioso) nei locali pubblici, esclusi quelli con un particolare valore storico, artistico o culturale. Fanno eccezione però i centri privati, anche nel caso in cui siano ampiamente finanziati con denaro pubblico, come le scuole o gli ospedali.
La nuova legge è composta da un totale di 37 articoli e si propone di rendere uguali di fronte allo Stato tutte le religioni presenti nel paese: in Spagna ci sono, oltre alla maggioranza di cattolici, 1,4 milioni di musulmani, un milione di protestanti e 600mila cristiani ortodossi insieme a comunità minori di ebrei, mormoni, buddisti e testimoni di Geova. Grazie agli accordi firmati con lo Stato spagnolo nel 1979 la Chiesa cattolica potrà ancora godere di alcuni privilegi, come quello di essere l´unica confessione alla quale i contribuenti possono attribuire lo 0,7 % delle tasse.
C´è, per ora, un solo spazio vuoto nella nuova legge e riguarda il velo islamico. La Commissione governativa che ha preparato la bozza non ha ancora deciso - scrive El País - «se regolerà o no con una norma i simboli religiosi individuali portati in uno spazio pubblico», come sarebbe appunto il velo in una scuola o in un ospedale. Fonti del governo vicine a Zapatero ammettono che nella Commissione sull´argomento prosegue il dibattito anche se il ministro della Giustizia spagnolo, Francisco Caamaño, si è espresso chiaramente a favore di una normativa. «È necessario precisare - ha detto - quali simboli religiosi di identificazione personale possono essere portati da un cittadino in uno spazio pubblico. In questi casi la legge dovrà essere chiara e dovrà applicare il senso comune e la tolleranza». La legge vigente per ora in Spagna, che risale al 1980, non chiarisce se portare il velo sia consentito oppure no negli spazi pubblici. La discussione in Parlamento della nuova legge inizierà solo dopo l´estate.

domenica 25 aprile 2010

L'ingerenza del Vaticano in campagna elettorale

L'ingerenza del Vaticano in campagna elettorale

Il Fatto Quotidiano del 21 aprile 2010

Il presidente dei Consiglio non si stanca di ripetere che "i cattolici sono con noi", cioè con il Pdl. "Il Pd - ha detto - è sempre più estremista e laicista, al traino politico di un movimento eversivo come I’Idv e culturale come i radicali". E infatti, nonostante la presa di posizione di Famiglia Cristiana all’epoca dello scandalo Noemi Letizia ("Si è superato il limite della decenza"), durante l’ultima campagna elettorale l’appoggio del Vaticano si è fatto sentire. E infatti il presidente della Cei, Angelo Bagnasco, aveva indicato le priorità che dovevano guidare il voto dei cattolici nelle elezioni del 28 e 29 marzo scorsi: la tutela della vita, da difendere prima di tutto dall’aborto, ma anche il diritto al lavoro e alla casa, così come l’accoglienza e la difesa dell’ambiente.
Un messaggio diretto per scongiurare la vittoria nel Lazio della candidata Emma Bonino, la quale avrebbe sicuramente messo mano sul sistema sanitario che, nei dintorni di Roma, è importante resti sotto l’influenza della Chiesa. Così Bagnasco ha fatto la sua dichiarazione di voto che ha subito visto i frutti una volta vinte le elezioni: da qui, infatti, le dichiarazioni contro la pillola abortiva di Cota, neopresidente del Piemonte.

Dalla Chiesa quanti no

Dalla Chiesa quanti no
l'espresso del 23 aprile 2010

di Ignazio Marino

E se si ricominciasse a dialogare? Se le gerarchie ecclesiastiche accettassero di ascoltare tutti gli scienziati, senza separarli in credenti e non credenti, su molti temi delicati, per cercare di interpretare insieme i dilemmi del nostro tempo? Sembra un’ipotesi remota in un’epoca in cui i vertici della Chiesa appaiono irrigiditi, inflessibili e affrontano con atteggiamento dogmatico argomenti in cui il dogma, in effetti, non esiste.
Certamente la sacralità della vita è uno dei capisaldi della religione cattolica, come di altre religioni o filosofie. È logico che vi sia un’attenzione particolare perla tutela e il rispetto della vita, in ogni circostanza. Un principio che non vedo come elemento di separazione rispetto al pensiero laico. E non va dimenticato che, anche sul tema dell’aborto, la Chiesa in passato ha riconosciuto la complessità di alcune situazioni. Se per esempio la vita di una donna è messa in pericolo a causa di un problema clinico collegato a una gravidanza, oppure se una ragazza è rimasta vittima di violenza sessuale o, ancora, se la gravidanza riguarda una ragazzina appena adolescente, troppo giovane affrontare il peso fisico e psicologico di un figlio da crescere, viene invocata la cosiddetta "conscientia perplexa", ovvero quella condizione che rende incerto il giudizio morale e difficile la decisione e che permette tuttavia di trovare la soluzione più ragionevole e appropriata. Si tratta di scelte estreme condotte nel sacro luogo della coscienza.
Sull’interruzione di gravidanza, fatta eccezione dei casi appena citati, la regola è chiara, ma non si capisce il perché di una violenta opposizione alla possibilità di utilizzare, in Italia, la pillola RU486. L’aborto costituisce sempre un dramma, ma è regolato da una legge dello Stato. Il mezzo tecnico per attuarlo non rientra tra le questioni etiche o religiose, si tratta di una valutazione esclusivamente clinica e, in quanto tale, va discussa personalmente dal medico con la sua paziente. Ogni medico ha il dovere di spiegare le opzioni cliniche esistente e consigliare il percorso che ritiene più adatto, valutando ogni singola situazione. Una donna che ha preso la decisione di interrompere la gravidanza potrebbe avere una importante controindicazione all’anestesia: il medico deve dirle o no che oltre al metodo chirurgico esiste una opzione farmacologica?
Un altro tema che ha visto un progressivo irrigidimento da parte del Vaticano riguarda la fine della vita. Il punto fermo, del tutto condivisibile, è un no netto all’eutanasia: in nessun caso una persona può volontariamente causare la morte di un’altra, anche se per scopi compassionevoli. Ma gli interrogativi, le "zone grigie", di cui saggiamente parla il cardinal Martini, sorgono rispetto alla interruzione delle terapie ormai inutili. Interrogativi che hanno impegnato anche la Chiesa, basti pensare al messaggio di Paolo VI ai medici cattolici nel 1970: «II che impedisce al medico di uccidere e che lo obbliga nello stesso tempo a dedicarsi con tutte le risorse della sua arte a lottare contro la morte. Questo non significa tuttavia obbligarlo a utilizzare tutte le tecniche di sopravvivenza che gli offre una scienza instancabilmente creatrice. In molti casi non sarebbe forse un’inutile tortura imporre la rianimazione vegetativa nella fase terminale di una malattia incurabile? In quel caso, il dovere del medico è piuttosto di impegnarsi ad alleviare la sofferenza, invece di voler prolungare il più a lungo possibile, con qualsiasi mezzo
e in qualsiasi condizione, una vita che non è più pienamente umana e che va naturalmente verso il suo epilogo».
Oggi, invece, soprattutto nel nostro Paese, alcune gerarchie ecclesiastiche hanno preferito archiviare dubbi e sfumature in nome di certezze non discutibili e principi non negoziabili. Sottovalutando gli interrogativi che attraversano le coscienze dei fedeli. Pensiamo a un altro esempio, quello della fecondazione assistita. La posizione ufficiale della Chiesa è molto severa ma basta ascoltare le persone comuni per comprendere che, nella realtà, molti cattolici sono convinti che non sia importante se il concepimento avviene nell’utero di una donna o in una provetta; quello che conta è che si tratti del frutto dell’amoredi una coppia e del desiderio di costruire una famiglia.
In assenza di dialogo tra religione e scienza, diventa molto difficile individuare soluzioni condivise che sarebbero invece importanti perché prima o poi (più prima che poi) delle decisioni andranno prese. È il caso delle cellule staminali. Tutti ammettono che in passato è stato fatto un errore nel creare artificialmente migliaia di embrioni umani che tuttora sono congelati nelle cliniche per l’infertilità e che non saranno mai utilizzati a scopo riproduttivo. La loro fine è certa e le loro cellule, preziose per la ricerca, moriranno e andranno buttate perché una legge italiana ne vieta l’utilizzo.
Altri Paesi hanno scelto strade diverse e la ricerca oggi, lo sappiamo bene, non tiene conto dei confini geografici. Su questo tema il Vaticano, però, è netto: gli embrioni non si toccano. Ma proviamo a immaginare cosa accadrà se nei prossimi mesi, al termine di una sperimentazione in corso negli Usa, un uomo o una donna costretti da anni sulla sedia a rotelle per una grave lesione alla spina dorsale, riprendessero a camminare. Cosa potrà dire la Chiesa? Che alcuni esseri umani non hanno diritto alla guarigione perché non si possono usare cellule embrionali destinate a morire nei congelatori? Dubito che tale posizione potrebbe essere compresa anche dal più devoto dei fedeli.
Come ha scritto Carlo Maria Martini: « La Chiesa non va vista solo nel suo aspetto istituzionale, identificandola per giunta con la gerarchia, cioè con i preti, i vescovi e il papa... Essa è composta da tutti coloro che credono in Gesù Cristo...». E anche per questo la Chiesa dovrebbe accettare il dibattito su questi temi che, se non discussi, travolgeranno tutti, credenti e non credenti.

venerdì 9 aprile 2010

«Decide la donna con il medico, non i politici»

l’Unità 8.4.10
Intervista a Ignazio Marino
«Decide la donna con il medico, non i politici»
Il senatore Pd: Cota voleva bloccare l’uso del farmaco perché ha vinto le elezioni. La destra ha fatto ritardare di anni l’arrivo della Ru486. E su biotestamento il Pd sia compatto
di Natalia Lombardo

Abortire per una donna è sempre una sconfitta ma la scelta su quale metodo usare nasce solo dal dialogo intimo fra la donna e il medico, non può essere un presidente di Regione, un ministro o una commissione parlamentare a imporla». Ignazio Marino, cattolico del Pd, è nel suo studio al Senato; oggi si riunisce la sua componente «Cambia l’Italia». Ieri si è insediata la commissione del ministero della Salute per monitorare l’uso della pillola e capire, dicono, se c’è il rischio che si effettuino «aborti a domicilio». Una forma di controllo? «Si sta confondendo tra problemi etici e clinici. Quando una donna ha preso la drammatica decisione di interrompere una gravidanza, ha già affrontato la questione etica. Il medico decide con la donna quale sia il percorso migliore, che sia chirurgico o farmacologico, spiegando i rischi di entrambi. Magari ci sono donne che hanno paura di un’anestesia totale per una brutta esperienza avuta prima. Il ginecologo, oggi, 7 aprile 2010, deve dire che esistono diversi tipi di aborto, uno dei quali con il farmaco Ru486. Poi la scelta nasce solo dal suo dialogo intimo con la donna».
I detrattori della Ru486 reclamano il ricovero ospedaliero obbligatorio, anche se la pillola viene somministrata in due tempi. Un’ambiguità voluta? «Può esistere un rischio concreto se una donna assume il farmaco e poi resta separata dal contatto immediato con una struttura sanitaria. Ma è difficile che accada in Italia. Occorre un monitoraggio di tutto il percorso, o col ricovero finché l’aborto non è completato, o un day hospital con assoluto controllo fino alla fine. Ma tutto ciò si muove nel binario delle raccomandazioni scientifiche e del rispetto della legge 194. E poi esiste la libertà della donna di firmare la cartella clinica e uscire dall’ospedale».
Tra leghisti o politici del Pdl, maschi, c’è l’idea sprezzante che la pillola possa essere usata con leggerezza. «Nasce il sospetto che i politici di destra abbiano ritardato l’uso della Ru486 di due anni, dopo che era stato autorizzato dalla Agenzia Europea del Farmaco e la stessa Aifa ha tardato molto a dare il via. Poi con l’indagine della commissione Sanità la destra ha ritardato di alcuni mesi l’uso della pillola in Italia, convinti che il solo aborto chirurgico fosse un deterrente. Un discorso né sensato, né rispettoso per la donna. Si tratta, semmai, di prevenire l’aborto con più informazione sulla contraccezione, soprattutto fra le donne immigrate».
Il sottosegretario Mantovano non lo nega: «Si cambia la Costituzione, perché non si può toccare la 194?». L’obiettivo è questo?
«Da trent’anni c’è la 194 e gli aborti sono dimezzati. È una delle leggi più equilibrate. Uno Stato laico deve avere una legge sull’aborto. Ricordo negli anni 70 a Roma arrivare al pronto soccorso donne sanguinanti per gli aghi da calza infilati dalle mammane nell’utero, altre che andavano nelle cliniche dove si effettuavano gli aborti clandestini; chi se lo poteva permettere volava a Londra, dove era libero. Ecco, non voglio tornare a questo».
I proclami di Cota e di Zaia hanno bloccato la partenza della Ru486 negli ospedali? «Il ministro Fazio li ha fermati con un linguaggio disarmante: c’è la legge, leggetela e rispettatela. Il ritardo c’è stato, ma l’intervento del ministro ha impedito che si propagasse in altre regioni».
Per Livia Turco è «federalismo etico» illegale e ingiusto e chiama Fazio a riferire in Parlamento. «Cota ha deciso che questo farmaco non si sarebbe dovuto usare solo perché ha vinto le elezioni. Questa destra pensa di avere potere su tutto perché ha vinto. Sul testamento biologico, che riprende in commissione: l’articolo 3 obbliga all’alimentazione e all’idratazione forzata, a introdurre un tubo nell’intestino anche a chi non lo voleva. Va contro la Costituzione».
I dissidenti nel centrodestra riusciranno a modificare il testo? «Con Fini condividiamo l’idea che i familiari possano scegliere se usare o no quelle terapie. Il Pd dev’essere compatto con un voto unico. Spero che Bersani non lasci libertà di coscienza: l’obbligo di cura non è libertà, ma sopraffazione».

mercoledì 7 aprile 2010

Ore di attesa anche in Vaticano

Ore di attesa anche in Vaticano

Il Sole 24Ore del 30 marzo 2010

Carlo Marroni

Quando il cardinale Angelo Bagnasco ha parlato delle elezioni regionali indicando ai cattolici di votare peri candidati anti-abortisti è stato fin troppo chiaro che parlava di Emma Bonino (e Mercedes Bresso). Poco importa che anche Renata Polverini sia favorevole al mantenimento della legge 194: la sola idea che una radicale storica possa stringere la mano a Benedetto XVI è davvero troppo.
Il testa a testa nello spoglio che rende fino a tardi incerto il risultato nel Lazio tiene con il fiato sospeso gli esponenti italiani della Santa sede - dove pur ribadendo la «non negoziabilità» del valore della vita e della famiglia serpeggia un cauto realismo politico ma anche del Vicariato. E proprio al cardinale Agostino Vallini considerato vicino al cardinale Bertone - è stata affidata una posizione più moderata e attenta anche alle opzioni sociali. Di certo oltre Tevere l’idea di avere la Bonino alla guida della regione «è un ulteriore passo nel processo di secolarizzazione», e le voci che hanno lanciato l’allarme non sono mancate. Avvenire si è mostrato molto combattivo, e uno spaccato di quello che serpeggiava nel mondo cattolico lo ha messo in luce il Foglio, che ha parlato di ampie fasce di cattolici, preti e laici di Roma e del Lazio, che appoggiavano la Bonino. Al di là dei valori non negoziabili, in ballo c’è soprattutto la gestione della sanità, che nel Lazio contaben43 ospedali della galassia riferibile al Vaticano, come emerso da un’inchiesta del Sole 24 Ore. Ma se nel Lazio c’è incertezza, di certo al Nord sfonda la Lega, forza politica su cui da tempo le gerarchie hanno puntato. Era dicembre quando Bertone, disse: «Il presidio del territorio un tempo era appannaggio di vescovi e parroci, e sappiamo quanto è importante dentro la
Chiesa il concetto di territorialità. Oggi va considerato che la Lega è una forza politica fortemente radicata nel territorio».

giovedì 18 marzo 2010

Il dialogo delle verità

La Repubblica 18.3.10
Il dialogo delle verità
Zagrebelsky: potere, stato e chiesa
di Carlo Galli

Nelle democrazie moderne le due entità non possono venire sovrapposte e serve un pluralismo
L´ultimo libro del giurista affronta il rapporto fra politica e fede nel governo dell´uomo
La ricostruzione storica mostra quando si spezza l´alleanza tra trono e altare
Il saggio rivela l´esigenza di una riscoperta delle caratteristiche della laicità

Merito del libro di Gustavo Zagrebelsky (Scambiarsi la veste. Stato e Chiesa al governo dell´uomo, edito da Laterza, pagg. 160, euro 16) è di afferrare il bandolo di quella complicata matassa che è il ritorno politico della religione - in cui si intrecciano la crisi dello Stato democratico, l´emergere di una diffusa indifferenza verso la religione, ma al tempo stesso anche la ricerca di un supplemento d´anima per una politica sempre più spezzettata, irrazionale, instabile - , e di ricostruire in una sintesi agile, informata, incisiva, la tormentata vicenda del dualismo occidentale fra potere e religione, misurando così le ragioni strutturali del problema.
Quel dualismo fra Stato e Chiesa nacque con l´affermazione - risalente a papa Gelasio, alla fine del V secolo - che la Chiesa, originariamente capace di politica (Cristo ha salvato l´umanità intera nel mondo, non i singoli uomini nel chiuso delle loro coscienze), è altra e superiore rispetto al potere politico mondano: nel disegno della Chiesa il dualismo serviva a creare una gerarchia, a proprio favore; il cristianesimo era la precondizione dell´esistenza politica - essere cristiano e essere cittadino erano la medesima cosa - , e quindi anche della legittimità dei poteri civili. La laicità, quindi, nasce nel mondo cristiano, ma indirettamente; non è una concessione della Chiesa né un esito immediato della religione, ma il risultato di una lotta di lungo periodo contro la pretesa di supremazia che la caratterizza da sempre.
Una pretesa che Zagrebelsky ripercorre nelle sue varie forme - la ierocrazia medievale, e la teoria moderna di Bellarmino della potestas indirecta, ossia l´offerta di sostegno ai re e la parallela affermazione che i cattolici possono essere chiamati dal papa a disobbedire ai loro governanti - . La modernità politica spezza proprio questa alleanza fra trono e altare, e la Chiesa entra in conflitto frontale con il mondo moderno e la sua politica: l´Ottocento è così segnato dal rifiuto del liberalismo e della libertà che questo offriva alla religione (libera Chiesa in libero Stato). Ma nonostante questo arroccamento politico e dottrinario la Chiesa si aprì verso la società, per mobilitare masse cattoliche tendenzialmente antistatali, e per non lasciarle al socialismo; alla fede ormai non più coincidente con la cittadinanza sostituì, con la Rerum Novarum di Leone XIII, la propria dottrina sociale quale centro di una strategia di riappropriazione della politica. La Chiesa inizia così a proporsi come indispensabile non solo per la salvezza ma anche per tenere unita la società che l´insipienza e l´ingiustizia dei laici compromette alle radici.
La conciliazione, brevissima, col Moderno è vista da Zagrebelsky nel Concilio Vaticano II, in cui la Chiesa si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà, e chiede di potere servire l´umanità, di difenderne la dignità e i diritti alla luce dell´insegnamento evangelico; il pluralismo delle opinioni politiche e sociali è accettato, e ci si apre anche all´idea della libertà religiosa. Ma, nota Zagrebelsky, il problema sta nel mai allentato rapporto della Chiesa con la Verità: un rapporto che la rende un ospite assai ingombrante nella democrazia, che può facilmente apparire alla Chiesa come nichilismo e instabilità, e destinata alla dissoluzione, se non interviene la Chiesa stessa, come una teologia civile o politica, a sostenerla.
Nell´ormai matura crisi dello Stato moderno, ecco quindi, da Giovanni Paolo II in poi, lo scambio di veste fra Chiesa e Stato - entrambi in gara per governare razionalmente gli uomini - , a cui allude il titolo del libro. Non più ostile in linea di principio alla politica della ragione, la Chiesa con Benedetto XVI (il discorso di Ratisbona) pretende di incarnare in sé la ragione umana al suo grado più alto, di essere l´erede della filosofia greca (intellettualmente preferita alla radice ebraica) e della riflessione filosofica non corrotta (cioè non protestante, non individualistica, non razionalistica): di essere insomma veramente razionale (non razionalistica), veramente laica (non laicista), veramente politica, oltre che veramente salvifica. Verità e ragione si unificano, nella teologia politica cattolica, contro la "dittatura del relativismo", a riaffermare un protettorato cattolico sulla società, della quale la Chiesa rivendica di essere l´origine e la sintesi, sempre operante e vigilante: ancora una volta, extra Ecclesiam nulla salus, fuori dalla Chiesa non c´è salvezza. Questa struttura pedagogica agisce in nome della Verità (come anche l´ultima enciclica mostra già nel titolo), e quindi potenzialmente relega nell´errore chi non è d´accordo (costringendolo a vivere, appena tollerato, in un mondo dai cui principi è escluso, o nei quali è assimilato); il papa chiede che tutti si comportino come se Dio esistesse, e fosse il fondamento della società. Dopo la stagione conciliare di "credere senza appartenere", oggi i religiosi e anche parecchi laici (gli "atei devoti") vogliono che la politica si svolga all´insegna di un appartenere senza credere, che trasforma la cittadinanza democratica in una sorta di comunità a sfondo confessionale.
Zagrebelsky con forza non settaria pone in evidenza la difficoltà del dialogo fra laici e cattolici, su queste basi; la religione di cui la democrazia ha bisogno accetta infatti il relativismo, il pluralismo, mirando all´unica verità che la democrazia riconosce, l´umanistica affermazione della libertà, dell´uguaglianza, della responsabilità e dell´autonomia. Insomma, la democrazia chiede che gli uomini si comportino politicamente come se Dio non esistesse, e che trovino in se stessi - e non in fondamenti autoritari - la forza di essere liberi e giusti. La democrazia non ha paura di essere priva di fondazioni metafisiche; questo vuoto, infatti, è la condizione stessa della sua missione, che consiste nel far fiorire le contingenze particolari, i progetti di vita degli uomini e delle donne, in uguale dignità e libertà.
Dobbiamo quindi essere grati a Zagrebelsky per la chiarezza e la serenità con cui mostra la distanza - il non possumus laico, speculare ai diktat della Chiesa su tanti aspetti della vita sociale e politica - fra l´attuale posizione della Chiesa e la democrazia. Una distanza - il vero volto del dualismo occidentale - che, mentre indica l´esigenza di una radicale riscoperta delle caratteristiche imprescindibili della laicità, enfatizza la non sovrapponibilità fra politica e fede, fra sfera mondana e sacro, e mette in tensione libertà e obbedienza, rifiutando vecchi e nuovi fondamentalismi.

martedì 2 marzo 2010

“No alle coppie di fatto”: i vescovi emiliani danno i voti

il Fatto 2.3.10
“No alle coppie di fatto”: i vescovi emiliani danno i voti
Stabiliti i valori non negoziabili: aborto, procreazione assistita, testamento biologico
di Chiara Paolin

Dopo l'affaire Delbono e le polemiche sulla legittimità della candidatura ter per Vasco Errani, adesso il Pd se la deve vedere anche con i vescovi dell’Emilia Romagna. I quali hanno preso carta e penna per far sapere agli elettori qual è il dovere dei bravi cattolici. Un comunicato ufficiale della Diocesi di Bologna, pubblicato sulle pagine locali dell'Avvenire, spiega che la Chiesa non fa politica, ma il fedele deve votare con grande prudenza, affidandosi al consiglio di un esperto. Dice infatti la nota: "Ogni elettore che voglia prendere una decisione prudente, deve discernere nell’attuale situazione quali valori umani fondamentali sono in questione, e giudicare quale parte politica dia maggiore affidamento per la loro difesa e promozione. L’aiuto che i sacerdoti devono dare quindi consiste nell’illuminare il fedele perché individui quei valori umani fondamentali che oggi in Regione meritano di essere preferibilmente e maggiormente difesi e promossi, perché maggiormente misconosciuti o calpestati. Il Magistero della Chiesa è riferimento obbligante in questo aiuto al discernimento del fedele". Ma come, e il Concordato del 1984 che vieta espressamente ai sacerdoti di influenzare l'elettorato? Ha la sua giusta menzione: "Il sacerdote deve astenersi completamente dall’indicare quale parte politica ritenga a suo giudizio che dia maggior sicurezza in ordine alla difesa e promozione dei valori umani in questione. Questa indicazione infatti sarebbe in realtà un’indicazione di voto". A questo punto l'elettore cattolico ha davvero bisogno di un'illuminazione divina per intendere il consiglio del prete indovinando per proprio conto il simbolino giusto da sbarrare sulla scheda. Franco Grillini, candidato governatore per l'Idv, non ha dubbi: "Nel documento si parla di valori non negoziabili come se i partiti fossero del tutto privi di valori e ideali. E non avessero essi stessi valori non negoziabili. Si tratta di un'ingerenza inaccettabile". I punti cardine del decalogo vescovile si legano alla stretta attualità. Le unioni di fatto, specie omosessuali, non possono trovare posto nella civile convivenza: il primo firmatario, l'arcivescovo di Bologna, Cardinale Carlo Caffarra, ha già avuto modo di chiarire il concetto dichiarando inaccettabile la norma regionale che dallo scorso 1 gennaio prevede consistenti diritti a favore delle coppie non sposate. Segue la condanna dell’aborto e delle tecniche per la procreazione, il no al testamento biologico e al diritto sul fine vita, l’importanza di investire su scuola e cultura cattolica per arrivare alla promozione della pace e al rispetto del creato. Insomma, soddisfare le alte sfere ecclesiastiche sarà davvero un bell’impegno per chi si candida a governare. Giancarlo Mazzuca, scelto inizialmente dal Pdl per sfidare Errani e poi spostato sulla competizione per il Comune di Bologna, ne sa qualcosa: “Nei mesi scorsi avevo confrontato le mie idee con Caffarra. Ormai alcuni diritti sono socialmente acquisiti, ma bisogna fare attenzione a non creare disuguaglianze. Le coppie di fatto, per esempio. Se due studenti vanno a convivere, con questa legge possono chiedere una casa popolare dopo due anni, e magari sorpassare in graduatoria una famiglia. Certo stavolta i vescovi si sono spinti molto avanti. Forse perché, dopo le polemiche pubbliche, ci fu un incontro tra Errani e Caffarra. Il governatore aveva promesso di smussare alcuni aspetti della norma, invece il provvedimento è rimasto identico. E ormai è legge”. Sua eminenza ha reagito così.

venerdì 26 febbraio 2010

Vaticano, alt a Bonino. "Impossibile votare candidate zapateriste"

Vaticano, alt a Bonino. "Impossibile votare candidate zapateriste"

Corriere della Sera del 26 febbraio 2010

Monica Guerzoni

C'è un problema di «incompatibilità» tra i cattolici e la «zapatera» Emma Bonino. Un «problema di coscienza» che assilla monsignor Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita. Il vescovo non fa nomi, ma i riferimenti che dissemina nell'intervista al mensile Il Consulente Re portano dritti alla leader dei Radicali, candidata nel Lazio e sostenuta dal Pd. Gli chiedono un parere sulle aspiranti presidentesse del Lazio, Renata Polverina ed Emma Bonino. E Sgreccia attacca la seconda. Si scaglia contro quelle candidate «che hanno già dichiarato di non voler rinunciare per nulla a concretizzare le loro idee zapateriche su vita e
famiglia», solleva una «questione di coscienza per i cattolici» e lancia il suo monito agli elettori: «Incombe un problema di incompatibilità per il cattolico che mette in conto di votarla».
Lo stato d'animo di monsignor Sgreccia è anche quello di tanti cattolici del Pd, che vivono con disagio la candidatura della Bonino. La questione ha portato, anche ieri, grande agitazione al tavolo delle trattative per il «listino» della presidente.
I Radicali, rappresentati da Rita Bernardini, avrebbero proposto due nomi - Michele De Lucia e Sergio Rovasio - che condensano la storia del partito, dall`anticlericalismo alle battaglie per la libertà sessuale. Rovasio è presidente dell`associazione Certi Diritti che si batte contro la discriminazione dei gay e in favore dei matrimoni, delle adozioni e della fecondazione artificiale anche per le persone omosessuali.
De Lucia, tesoriere dei Radicali, ha fondato l'associazione Anticlericale.net per la difesa della laicità dello Stato e della libertà religiosa.
Nel novembre del 2000, durante l'0melia di Giovanni Paolo II in occasione del «Giubileo dei politici», viene fermato dalla polizia vaticana per aver srotolato sul sagrato della Basilica di San Pietro uno striscione con la scritta «Sì alla RU 486, sì al preservativo».
Il profilo dei due esponenti radicali agitai dirigenti del Pd. «Se insistono nel proporre De Lucia e Rovasio non ci siamo proprio - ammonisce il senatore Lucio D`Ubaldo, responsabile del programma elettorale -. Si era detto che nel listino non dovevano esserci né clericali né anticlericali... La Bonino non può schierare il fondatore di Anticlericale.net. Ci vuole equilibrio». Altrimenti il Pd, avverte D`Ubaldo, dovrà passare al piano B, cioè al candidato alternativo: «L'ultima opzione? Dimettermi dall`incarico, dicendo che non ci sono le condizioni per un programma comune».

giovedì 25 febbraio 2010

la religione dei politici

la religione dei politici
Una interpretazione di parte cristiana della religione dei politici, la solita abitudine di demonizzare gli avversari.

venerdì 19 febbraio 2010

Lazio, Ruini «manovra» contro Bonino Ma il Vaticano: parrocchie fuori dal voto

l’Unità 19.2.10
Lazio, Ruini «manovra» contro Bonino Ma il Vaticano: parrocchie fuori dal voto
Dietro il duello Bonino-Polverini un altro capitolo dello scontro Cei-Vaticano. Le simpatie elettorali sono ovviamente le stesse ma mentre Ruini vuole un impegno diretto per la candidata Pdl, il Vicariato si oppone.
di Mariagrazia Gerina

Anche dietro l’uscita di Binetti dal Pd la lunga mano dell’ex presidente della Cei
Mons.Miglio: «Sono elezioni amministrative, siparli di problemi concreti come il lavoro»


Le prime battute sono state tracciate a casa di Marco Pannella, sotto gli auspici di un sacerdote di Teramo. Don Giacinto Pannella, omonimo leader radicale, che del prozio ordinato nel 1871 custodisce gelosamente il ritratto. Simbolico traghettatore tra la sponda radicale e quella cattolica tutt’altro che intenzionata a sparire all’interno del Pd. Parola di Franco Marini: «Sono un mezzo pensionato ma ci sono», ha ricordato ad arginare la portata dell’addio al Pd di Paola Binetti. Dopo che la sua difesa a spada tratta aveva spianto la strada della candidatura nel Lazio alla radicale Emma Bonino. Tra una comune origine abruzzese e un racconto su don Giacinto, è stato lui, in casa Pannella, a gettare le basi del dialogo che continua in queste ore nelle stanze del comitato per Emma Bonino, dove al programma della candidata lavorano fianco a fianco il radicale Gianfranco Spadaccia e l’uomo da lui indicato, Lucio D’Ubaldo. «Queste sono elezioni amministrative ed Emma incarna meglio di chiunque altro un bisogno diffuso di moralità e di voltare pagina», ragiona D’Ubaldo. La vera posta in gioco spiega è conquistare i tanti anche tra i cattolici che disgustati dalla politica propendono per il non-voto. Battere sulla questione morale, dunque. E lasciare sullo sfondo, ovvero fuori dal programma, «le questioni che appartengono alla sensibilità di ciascuno», leggi coppie di fatto, «su cui la Regione, fatta salva la necessità di erogare a tutti i servizi, non decide». Questo lo schema dei cattolici pro-Bonino. Riusciranno a rompere la chiamata al voto cattolico anti-Bonino?
Prima l’uscita di Paola Binetti dal
Pd, poi gli attacchi di Avvenire alla candidata radicale e al Pd che ha scelto di appoggiarla. I segnali più evidenti finora non fanno ben sperare. Ma ci sono anche altri segnali. Come la prudenza raccomandata ai vescovi laziali dal cardinale vicario di Roma Agostino Vallini, scelto dal segretario di Stato Tarciso Bertone. La parte più oltranzista dei vescovi laziali, che fa ancora riferimento a Ruini, auspica una presa di posizione pubblica sulla sfida Bonino-Polverini. Vallini ha risposto, per ora, chiedendo di tenere fuori la politica dalle parrocchie. «Niente comizi nelle parrocchie», recita il suo altolà. Che suona come un argine rispetto alla crociata anti-Bonino. Come la presa di posizione di monsignor Arrigo Miglio, responsabile problemi sociali della Cei, anche lui vicino a Bertone: sono elezioni amministrative, anche nel Lazio, al cen-
Foto Ansa
tro vanno messi i problemi concreti, i sostegni a chi perde il lavoro.
Segnali contrastanti, dietro cui leggere un altro capitolo dello scontro tra Cei e Segreteria di Stato, tra Bertone e Ruini, che ha fatto di Roma e del Lazio il fronte più importante di un nuovo scontro di religione. È stato il suo intervento diretto la spinta per Paola Binetti a lasciare il Pd. E la sua convocazione di Gianni Letta e Silvio Berlusconi nella sua dimora, presso il Seminario Minore, ribattezzato dai maligni “Vaticano Due”, a rovesciare nel Lazio, a favore della candidata del Pdl, l’alleanza con l’Udc. La segretaria dell’Ugl d’altra parte si sta dando da fare, con la sua presenza alle manifestazioni religiose ed ecclesiali. Ma soprattutto lavora a garantire presenze cattoliche significative nella sua lista civica. Come quella di Mimma Giaccari, espressione dell’ala “destra” delle Acli, che la stessa Comunione e Liberazione si accingerebbe a far votare. Dall’altra parte però non stanno fermi. L’ex ministro Beppe Fioroni, unito a Bertone da un rapporto molto diretto, fa la spola in queste ore tra le cliniche cattoliche, che non guardano con favore al ritorno della vecchia compagine storaciana alla guida della sanità laziale. E dopo gli ultimi cambi nel cda della Cattolica, che gestisce il Policlinico Gemelli, nodo centrale della sanità laziale, può contare su alcuni amici, fedelissimi di Bertone, come il presidente del Bambin Gesù, Giuseppe Profiti

giovedì 18 febbraio 2010

La Cei scomunica la Bonino: L’Avvenire si spaventa e attacca “Incompatibile e ostile alla visione cristiana”

il Fatto 18.2.10
La Cei scomunica la Bonino: L’Avvenire si spaventa e attacca “Incompatibile e ostile alla visione cristiana”
di Marco Politi

Bersani aveva scritto al quotidiano ricordando la presenza dei cattolici nel Pd
Lo scandalo Protezione civile sta allontanando molti credenti dal polo
Berlusconi
La Cei sperona il Partito democratico e scomunica la candidatura Bonino nel Lazio. Con parole durissime l’Avvenire prende di petto Bersani, bollandola come “incompatibile e ostile alla visione cristiana”.
L’attacco violento segnala l’intenzione della gerarchia ecclesiastica di scontrarsi direttamente con il Pd per impedire la vittoria della Bonino. Il linguaggio aggressivo, usato nei confronti dell’esponente radicale, riflette oltre all’irriducibile opposizione del Vaticano le pressioni sia del cardinal Ruini sia dell’Udc, per i quali il centro-sinistra va assolutamente sconfitto nella regione dove simbolicamente Berlusconi e Casini si sono ritrovati alleati (come l’ex presidente della Cei avrebbe tanto voluto nelle elezioni politiche del 2008).
Martedì Bersani aveva scritto all’Avvenire (dopo un editoriale critico sull’uscita dal Pd della Binetti e degli altri cattolici teodem) per negare una presunta “deriva zapaterista” nel Partito democratico e ricordare che al suo interno le varie culture (cattolica compresa) dovevano riconoscersi nelle caratteristiche fondamentali della “casa comune”. Di più – sosteneva Bersani – come lamentare una mancanza di pari dignità dei cattolici nel partito se “il presidente, il vicesegretario, il capogruppo alla Camera, i responsabili dei settori Scuola e Welfare” sono tutti credenti impegnati? “Di che cosa stiamo parlando?”. Contro il segretario del Pd scende in campo in prima persona il nuovo direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio, manifestando un “crescente senso di allarme” dei lettori e denunciando la “pretesa incredibile della superabortista e iperliberista” Bonino di rappresentare anche valori cattolici. Poi l’affondo. La storia della Bonino, incalza Tarquinio rivolgendosi direttamente a Bersani, rappresenta una posizione incompatibile con il cattolicesimo, anzi un programma di “aperta e spesso aspra ostilità verso la visione cristiana della vita e della società”. Accettare la sua candidatura e la sua cultura come parte del Pd, è l’avvertimento, significa “fare una scelta pesante e precisa”.
Lo stile politicamente aggressivo, che travalica la linea critica, ma abbastanza moderata tenuta finora dall’Avvenire, viene direttamente dai massimi vertici ecclesiastici così come fu quando l’allora direttore Boffo minacciò che la legalizzazione delle coppie di fatto, cioè l’approvazione dei Dico, avrebbe rappresentato uno “spartiacque” della storia politica italiana. L’Avvenire torna pesantemente sull’argomento anche nella pagina delle lettere dei lettori con un titolone che grida: “Radicali, un’incompatibilità irriducibile”. Definendo l’intenzione della Bonino di rappresentare anche l’elettorato cattolico un’ “operazione insensata e truffaldina, un insulto all’intelligenza e alla memoria collettiva degli italiani”. La sua linea viene letteralmente smontata in quanto in campo etico e per ciò che riguarda solidarietà, mercato e lavoro “i radicali predicano sistematicamente l’opposto della dottrina sociale della Chiesa”.
Eppure l’attacco urlato rivela timori e debolezze della gerarchia ecclesiastica. La candidatura della Bonino, in realtà, non spaventa molti elettori cattolici, mentre la Polverini non li scalda. Inoltre lo scoppio dello scandalo sul malaffare intorno alla Protezione civile sta facendo perdere proprio tra i cattolici moderati l’attrattiva del polo di Berlusconi.
Il consenso scende, lo sanno i vertici del Pdl. Perché il “cattolico quotidiano”, il normale credente che vive la sua fede in parrocchia, nelle organizzazioni assistenziali, nei gruppi biblici, nel volontariato, nell’impegno catechistico, non è un baciapile. Non gli interessano tanto le storie dei massaggini brasiliani. Ma generalmente (a meno che non si lasci dominare dalla diffidenza verso la politica) è molto sensibile al concetto di “bene comune”, di legalità, di giustizia. Sapere che in un momento di crisi (quando quasi un quinto delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese) decine di milioni vengono buttati in appalti gonfiati lo irrita. Il padre di famiglia cattolico, che ha la figlia neolaureata disperatamente precaria, si infuria leggendo di “figli eccellenti” pagati tremila euro per un contratto di “apprendistato”. Afflitto perché la prole è impossibilitata a mettere su casa senza impiego, il genitore cattolico si disgusta apprendendo di rampolli la cui grande preoccupazione è di farsi prenotare alberghi a spese di soldi, che sarà la collettività a pagare. L’Avvenire stesso sta dedicando largo spazio allo scandalo e sin dal primo giorno ha sventato il tentativo di Berlusconi di aggredire i magistrati e di nascondere il bubbone. Alla strategia del premier il giornali dei vescovi ha inferto una pugnalata mortale con una scelta semplicissima. Pubblicando un grafico del “sistema gelatinoso”, con le freccette che indicano i vari appalti e i nomi dei miracolati dai vari regali. Un quadro devastante: esattamente quello che il lettore cattolico legge la sera tornando a casa.
Come ha scritto proprio sull’Avvenire di ieri il lettore Gianluigi Vergari: “Chiamare poveracci senza dignità gli sciacalli che ridevano sul terremoto dell’Aquila – pregustando il ricco banchetto della ricostruzione – è sbagliato”. Un’espressione riduttiva, quasi da indurre pietà per persone malvagie che non riescono a provare buoni sentimenti. “Invece è necessario chiamare questi esseri per quello che sono: avidi speculatori, anche molto pericolosi visto il loro modo di pensare, per cui è necessario renderli inoffensivi per il futuro”.
Anche queste reazioni peseranno nell’urna. E’ indubbio che la gerarchia ecclesiastica riesce a mobilitare nelle elezioni una pattuglia di voti che – a spanna – vengono calcolati intorno al 3-5 per cento al massimo. Voti preziosissimi in caso di corsa testa a testa. Ma, appunto, l’intervento massiccio dell’Avvenire dimostra che il Vaticano teme che la Bonino sia in testa, grazie all’appoggio silenzioso di molti credenti.

venerdì 5 febbraio 2010

Il voto si conquista con le idee, non con la fede

Il voto si conquista con le idee, non con la fede

Il Giornale del 5 febbraio 2010

Benedetto Della Vedova

Il bell`articolo di Giordano Bruno Guerri di mercoledì scorso ha aperto una discussione sul «voto cattolico» particolarmente salutare per il centrodestra, come testimonia la risposta di Eugenia Roccella, che vorrebbe affidare la vittoria di Renata Polverini nel Lazio all`idiosincrasia cattolica contro la radicale Emma Bonino.
Ammetto di trovare surreale il tentativo di imporre nell`Italia del 2010 uno scontro elettorale giocato sulla fede, anzi, di più, sull`ortodossia dottrinaria. Ma al di là di questo, il fatto è che -comprensibilmente - i cattolici da tempo, se non da sempre, distribuiscono il loro voto su tutto lo spettro politico, grosso modo come gli altri elettori. Secondo l`indagine condotta dall`Ipsos per le Acli sulle ultime lezioni europee, ad esempio, i cattolici praticanti (circa un terzo dell`elettorato) hanno votato al 50,4% le forze centrodestra, contro un dato generale del 45,5%. Secondo le rilevazioni di «Termometro Politico» lo scarto sarebbe anche significativamente inferiore. Dovrebbe bastare questo a spostare, in Italia come nel resto dell`Europa cristiana, il centro della discussione politica su altri temi. Ma, come evidenzia la riflessione proposta da Eugenia Roccella, non basta.
L`equivoco sta nel pensare che la passione che animala discussione bioetica segni il perimetro degli schieramenti politici. Il che, oltre a non essere giusto, non è neppure vero, visto che esistono milioni di elettori berlusconiani, cattolici e non cattolici, che non pensano che Eluana sia stata «uccisa» o che la diagnosi pre-impianto sia una un`aberrazione eugenetica. Il pensiero cattolico impregnala cultura della sussidiarietà e dell`auto-organizzazione sociale che è uno dei contenuti più solidi e moderni della proposta politica del Pdl. Ma non si può usare la dottrina morale della Chiesa come un prontuario legislativo, fingendo di non vedere che su ogni tema sensibile le divisioni che attraversano la società dividono anche il mondo cattolico. Se Possenti, che non è certo un cattolico «del dissenso», scrive, come ha fatto di recente su «Paradoxa», «reputo importante che lo Stato non diventi un monopolista etico su questioni di fine vita che attengono alla sfera gelosa della propria vita» una qualche lampadina dovrebbe accendersi anche nella testa di chi vuole farsi banditore dell`ideale cattolico. Ma davvero crediamo a milioni di credenti pronti a votare il Pdl perché fa la faccia feroce contro le coppie di fatto etero e omosessuali e la loro famiglia «innaturale»? Alle elezioni regionali la famiglia si difenderà contro le coppie gay o facendo una proposta innovativa e intelligente sul welfare domiciliare per minori, anziani e disabili? Io sono cresciuto alla scuola dell`anticlericalismo «religioso» di Pannella, ma come altri radicali ho avvertito e denunciato i limiti di un ideale anticlericale dal sapore ottocentesco. Anzi, proprio per questo, sono stato considerato un radicale atipico. Altri hanno vissuto un anticlericalismo militante animato dalla convinzione che la Chiesa fosse un potere secolare, votato a un progetto di dominio sui credenti e sui non credenti.
Ora, divenuti paladini del cattolicesimo, sembra che abbiano semplicemente cambiato campo, ma non l`idea che avevano della Chiesa. Renata Polverini, da cattolica qual è, non vincerà nel Lazio scommettendo su un referendum laici cattolici, ma dimostrando di essere la leader giusta per un centrodestra innovativo e un governo europeo e pragmatico della Regione, che ospita il cuore della cattolicità, ma da tempo è aperta a una felice convivenza tra culture diverse.

domenica 31 gennaio 2010

Per chi vota la Cei

il Fatto 30.1.10
Per chi vota la Cei
di Stefano Feltri

Da giorni si capiva che nel mondo cattolico c’era un certo fermento per decidere chi votare alle regionali. Ieri ci ha pensato monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, a chiarirlo (un po’): “Non possiamo contrapporre i valori alle responsabilità sociali”. La lista delle caratteristiche richieste al candidato ideale è abbastanza precisa: deve difendere la vita “in qualunque forma si presenti”, la famiglia fondata sul matrimonio, promuovere la solidarietà. Che in pratica significa che non si deve votare per Emma Bonino nel Lazio e, nelle altre regioni, si può scegliere tra Pdl e Udc.
Visti i complessi equilibri tra il partito di Silvio Berlusconi e quello di Pier Ferdinando Casini, è però decisivo capire su chi punta la Cei. Ieri mattina Crociata ha detto: “Le nostre statistiche dimostrano che le percentuali di criminalità di italiani e stranieri sono analoghe, se non identiche”. Una replica a Berlusconi che potrebbe sembrare a qualcuno un implicito invito a votare Udc. Eppure è stato notato dai vaticanisti un certo attivismo nei giorni scorsi di Camillo Ruini, ex presidente della Cei, che si è recato anche dal Papa a discutere degli equilibri di potere tra vescovi e Vaticano. Ruini ha sempre sostenuto che non si doveva spingere per avere un forte partito cattolico, ma per avere cattolici in posizioni di forza, uno schieramento trasversale al centrodestra (e in parte al Pd) con le stesse idee su bioetica e politiche sociali.
Una linea fallimentare, al momento, visto che l’unico “cattolico” (inteso in senso ruiniano) del governo, il sottosegretario Eugenia Roccella è al momento nel limbo, non più sottosegretario al Welfare e non ancora sottosegretario alla Salute (manca la conferma della delega). Consapevole di questa ambiguità delle indicazioni di voto dei vescovi e del fatto che in Puglia potrebbe nascere la nuova alleanza con il Pdl (ritirando all’ultimo Adriana Poli Bortone), il leader dell’Udc Casini inizia a mandare messaggi di distensione, per far capire che non si pone in contrapposizione a Berlusconi. Ieri, da Bologna, ha lanciato l’appello a governo e Pd per “una grande riforma della giustizia” da discutere dopo le regionali. Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, Pdl, propone una “assemblea costituente” dopo le elezioni.

mercoledì 27 gennaio 2010

Tinto Brass. «La Bonino ha ceduto alle regole del sistema. Comunque, fortuna che c’è lei: ero tentato dal votare la Polverini. Io con i Radicali in Ve

il Riformista 27.1.10
«Emma, che ipocrita a non volermi con te nel Lazio»
Tinto Brass. «La Bonino ha ceduto alle regole del sistema.
Comunque, fortuna che c’è lei: ero tentato dal votare la Polverini. Io con i Radicali in Veneto e forse Lombardia».
di Alberto Alfredo Tristano

«Emma Bonino mi ha deluso: depennando la mia candidatura nel Lazio, ha ceduto all`ipocrisia del sistema. Mi ha politicamente evirato. Comunque fortuna che c`è lei per il centrosinistra: ero quasi tentato dalla Polevrini. Che dire? Sono vittima dei moderati... Da anni li corteggiano e non ne hanno mai beccato uno. Altro che realpolitik. La vera realpolitik è quella di Vendola, che afferma una realtà precisa, "io vinco", e la coglie nei fatti. Per quanto mi riguarda, certamente correrò in Veneto e forse anche in Lombardia. La mia candidatura è un`operazione di deragliamento ideologica rivolta contro i farisei del potere, della morale, della dignità, sbandierata con parole a cui non corrispondono i fatti. E di questa battaglia sono pienamente convinto. D`altra parte la conduco da anni, con i miei film. Sono sicuro che avrò tanti voti benché, anche se eletto, non credo di voler starmene in un consiglio regionale... Spero solo he si eviti l`errore commesso anni fa quando mi candidai sempre con i Radicali: sulla scheda scrissero Giovanni Brass e nessuno mi riconobbe. Stavolta scrivano Giovanni detto Tinto Brass, così come scrivono Giacinto detto Marco Pannella...». Giovanni detto Tinto Brass ha già pronto lo slogan elettorale: Eros è Liberazione. Quasi decisa anche l`immagine fotografica per i manifesti: «Meglio un culo, che una faccia da culo ... ». Il messaggio è chiaro: «Nella sessualità possiamo trovare la nostra liberazione. Perché l`importante è sfuggire alla prigionia del potere, che ci vorrebbe sempre frustrati, colpevolizzati. Il potere cerca di controllare il sesso, ma attenzione perché il sesso a un certo punto si vendica sul potere. Lo stiamo vedendo da almeno un anno a questa parte. Le escort di Berlusconi. I trans di Marrazzo. La Gomorra di Bari. Le amanti di Bologna. Il potente non ha il coraggio di mostrare la sua vera faccia, ma prima o poi la maschera cade. Berlusconi può corteggiare la Chiesa quanto vuole ma resterà sempre un "tiranno", nel senso che gli tira sempre e non c`è modo di contenerlo. Nessuno ha il coraggio di 
dire la verità, qualsiasi verità: ci provò Craxi alla Camera nel suo ultimo discorso, quello sul finanziamento illecito, e pagò per tutti...». 
Giovanni detto Tinto Brass ricorda la sua prima (e unica) infatuazione per la politica. Un nome e un luogo: Nenni, Campo Santo Stefano a Venezia. «Intendiamoci, dell`ideologia non mi è mai mportato nulla. Ma a sentire Nenni provai un godimento fisico. Perché a me interessa il linguaggio. Dicono che io non abbia nulla da dire. Vero: ma lo so dire bene. Non mi appartengono i furori delle idee, ma la serenità della mia espressione. Non a caso vengo dalla Serenissima, "il sesso femminile d`Europa", secondo Apollinaire. È vero: quando son lì, vivo in stato di erezione permanente... L`oratore Nenni mi fece lo stesso effetto, anche se mi costò la cacciata da casa da parte di mio padre, fascista sin dalla marcia su Roma. Era un grande penalista, strepitoso rètore: io, avvocato mancato, seguivo le sue arringhe di nascosto, per non dargli la soddisfazione di vedermi incantato...». Tra la campagna elettorale e i viaggio all`estero in agenda (domani parte per la Colombia, ospite d`onore in un festival: «ho reso miliardari troppi distributori ed esercenti perché non si ricordino qualche volta di rendermi omaggio»), Giovanni detto Tinto Brass è al lavoro sui prossimi progetti. «Il primo sarà un seguito di Io, Caligola, con l`antica Roma ricostruita in 3D. 
Più che l`orgia del potere, racconterò stavolta il potere dell`orgia... L`altro sarà un film sul caso Casati Stampa: il marchese che uccide la moglie e il di lei amante. Mi piacerebbe poter girare qualche scena nella villa di Berlusconi ad Arcore, che appartenne proprio ai torbidi marchesi... Mi ha sempre colpito il fatto che il guardiano di quella tenuta fosse lo zio del brigatista Mario Moretti...». 
Per Giovanni detto Tinto Brass è venuto il tempo di mettere ordine nei ricordi. Sta prendendo formala sua autobiografia in forma di intervista a Caterina Varzi, sua nuova «musa ermeneutica»: «Speriamo solo che non mi interpreti troppo...». Si chiamerà Ciak si giri! But I see more. La prima parte del titolo non c`è bisogno di spiegarla, vista l`indole retrospettiva del regista (un suo libricino di qualche anno fa, Elogio del culo, si apriva con l`eloquente trio di tesi-antitesi-sintesi: «II culo è lo specchio dell`anima. Ognuno è il culo che ha. Mostrami il culo e ti dirò chi sei»). Più celato il senso della frase in inglese: un verso di Ezra Pound dedicata a nonno Italico Brass. «Fu un pittore di successo, capace di mettere assieme una collezione che comprendeva Tintoretto, Magnasco, Veronese. Pound aveva compreso il suo sguardo lungo, che vorrei appartenesse anche a me». Parlando della sua lunga carriera, c`è un film che ricorre più degli altri. Il primo: Chi lavora è perduto. «Mi ricordo della violenta censura che cercarono di impormi. Figurarsi: un film contro il potere, la Costituzione, che negli anni `60 all`alba del centrosinistra parlava d`aborto, e a risentire le polemiche contro la Bonino di questi giorni sull`interruzione di gravidanza mi vien da pensare che nulla da noi è cambiato... Al ministero mi dissero di rifarlo daccapo. lo decisi di cambiare solo il titolo iniziale, In capo al mondo. Era un periodo che mi giravano parecchio le balle, talmente tanto che di continuo ripetevo nel mio veneziano "ghe sboro, ghe sboro". GianCarlo Fusco, che mi aveva aiutato per i dialoghi, mi sentì e osservò: "Ghe sboro... Sembra il titolo di un film 
giapponese. Bello, chiamalo così..."».

mercoledì 20 gennaio 2010

"Lombardia ridotta a Soviet clericale"

Intervista a M. Cappato "Lombardia ridotta a Soviet clericale"

Il Clandestino, 20 gennaio 2010

Antonio Pitoni

E una candidatura che nasce dal Patto di consultazione con il Partito democratico, quella di
Marco Cappato, salito sul ring della Regione Lombardia, dove Formigoni si preparava già a sfidare Penati per "difendere" il titolo di governatore senza considerare il terzo incomodo. Sarà solo un outsider? «Dipenderà da quanto ci permetteranno di comunicare con i cittadini, di informarli della nostra presenza», avverte il candidato radicale. II ricordo di Pannella imbavagliato e un cartello con un numero di telefono appeso intorno al collo per denunciare la "censura" della voce dei suo partito è rimasto, evidentemente, ben impresso nella mente di Cappato. «E in effetti come inizio non c`è male - ironizza -. Le pagine milanesi del Corriere della Sera e di Repubblica hanno già pensato
bene di "oscurare" la conferenza stampa di presentazione della mia candidatura».


Già, la sua candidatura. Come dobbiamo leggerla, vista l`intesa raggiunta nel Lazio con il Pd?
«Il nostro intento è quello di continuare a rivolgerci alla gente con gli stessi obiettivi che avevamo già posto alle Europee. Primo: ribadire l`allarme sulla condizione democratica del Paese. Secondo: l`urgenza di voltare quanto prima pagina per liberarci di questo regime».

Perché proprio la Lombardia?

«I dati relativi ai flussi elettorali delle Europee dicono che la campagna radicale ha attirato più i delusi del centrodestra che quelli del centrosinistra. Anche alle regionali abbiamo motivo di ritenere che il richiamo della "rivoluzione liberale" sia molto più forte nei confronti di chi ha dato fiducia al centrodestra. Quello che, però, vorrei fosse chiaro è che la nostra non è una scelta tattica,
ma di alternativa: in Lombardia più che altrove, la promessa tradita ha i volti e i nomi di quel sistema di potere che ruota attorno a Formigoni».

La Bonino l`ha escluso, ma non sarà che alla fine porterete via voti a Penati?

«Ci siamo posti il problema di non contribuire, con la nostra presenza, alla vittoria di candidati più lontani dalle nostre posizioni . In questo senso, la mia candidatura si colloca perfettamente all`interno dei Patto di consultazione con il Pd. E al riguardo, nonostante la grande stampa abbia già iniziato ad ignorarci, devo dire che Penati ci ha dato atto della validità del nostro ragionamento e della nostra capacità di dialogo con gli ambienti più liberali in una Lombardia ormai ridotta ad una sorta di Soviet clericale».

E il programma?

«L`autonomia della nostra presenza, con le nostre liste e i nostri candidati, ci dà la necessaria credibilità per parlare ai cittadini di promesse tradite e di anti-casta. Ma anche per riaprire la battaglia antiproibizionista e ambientalista».

L`intesa con il Pd apre per i radicali il tema dei rapporti con un centro-sinistra nel quale Italia dei valori sta per lanciare la campagna referendaria sul nucleare, tema per altro di cui in passato il suo partito si è occupato. C`è la possibilità di una convergenza?
«Mi limito ad osservare che i referendum sono quelli che si fanno e non quelli che si annunciano. Inoltre, posso affermare che in Italia non esiste più il diritto al referendum: noi stessi siamo stati vittime, negli ultimi quindici anni, di un sabotaggio reiterato. Chiuderei ricordando che il vero referendum sui nucleare è stato quello fatto (e vinto) da noi».

Intanto, nel dibattito sulle regionali, incombe l`incognita dell`Udc e la scelta di variegare le alleanze con il centrodestra, il centrosinistra o, diversamente, correre da soli caso per caso. Lei che idea si è fatto?
«E` il risultato dei sistemi elettorali truffa attualmente vigenti per il rinnovo dei consigli regionali. Sistemi che hanno preso il peggio del maggioritario, come la mediatizzazione verticistica, e il peggio dei proporzionale, che favorisce le grandi ammucchiate. Anche su questo la nostra posizione è chiara: sistema anglosassone e referendum locali. Di sicuro, noi non andiamo in giro a chiedere o ad alzare il prezzo».