sabato 24 ottobre 2009

L’Agenzia del farmaco: sulla Ru486 nessuna pressione

l’Unità 22.10.09
L’Agenzia del farmaco: sulla Ru486 nessuna pressione
di Nedo Canetti

Guido Rasi ascoltato ieri nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla pillola abortiva. Il presidente dell’Aifa ha difeso l’operato dell’Agenzia: «Il via libera dopo un iter procedurale ineccepibile».

Il via libera alla commercializzazione in Italia della pillola abortiva RU486 è arrivato al termine di «un iter procedurale ineccepibile» da parte dell’Agenzia del farmaco. Lo ha affermato ieri il direttore generale dell’Aifa, Guido Rasi, nel corso di un’audizione alla commissione Sanità del Senato, nell’ambito dell’avviata indagine conoscitiva. «La pubblicazione sulla G.U. ha proseguito è un atto dovuto, non posso modificare di una virgola la delibera approvata». Ha poi sostenuto di non aver ricevuto alcuna pressione, tanto è vero che l’Aifa «non ha fermato di un giorno la propria macchina», stabilendo che la pillola è «teoricamente compatibile con la 194, essendo un metodo abortivo come un altro». «La lettera del sen. Tommasini, presidente della commissione (proponeva di attendere, per la decisione, la fine dell’indagine del Senato, ndr) ha precisato non imponeva lo stop dell’approvazione , ed infatti non è stata recepita». Il Pd, ha ricordato la senatrice Fiorenza Bassoli, aveva protestato per la lettera ed è «decisamente contrario alle motivazioni che la destra assegna alla commissione, ispirate a una volontà di controllo e di messa in discussione delle competenze dell’Aifa». «Come Pd ha sottolineato riteniamo che unico scopo dell’indagine sia quello di accertare quali siano le procedure e le pratiche cliniche migliori per la salute della donna e più coerenti con la legge 194». In merito alle procedure, il dr. Rasi ha affermato che non spetta alla sua Agenzia definire le modalità di somministrazione del farmaco. «È un atto medico ha detto e, nell’ambito ospedaliero, definire le modalità spetta a governo e regioni». E le «indicazioni e linee guida ha annunciato il sottosegretario Eugenia Rocella, presente all’audizione saranno emesse dal governo «in compatibilità con la 194» e «secondo la delibera dell’Aifa» (ricovero ospedaliero fino ad aborto avvenuto e intera procedura praticata in ospedale). Diverse regioni, come la Campania, il Veneto e l’Emilia Romagna hanno annunciato che stanno procedendo.

martedì 13 ottobre 2009

Altro stop del Governo Pillola Ru 486,

Liberazione 2.9.09
Altro stop del Governo Pillola Ru 486,
Sacconi: «Non in vendita dal 19 ottobre»

Non sarà nemmeno il 19 ottobre il giorno in cui la RU 486 entrerà in commercio. Ne è sicuro il ministro del wellfare Maurizio Sacconi, protagonista ieri di un'audizione in Commissione sanità. Dopo aver di fatto bloccato l'Aifa, l'agenzia indipendente che ha il compito di decidere sulla legittimità a meno della pillola, con l'invito ad aspettare l'esito dell'indagine conoscitiva parlamentare, adesso il ministro Sacconi pone un altro paletto all'orizzonte: la determina tecnica. Cos'è? «E' quella che contiene nel dettaglio il percorso secondo il quale si dovrebbe svolgere l'aborto farmacologico. E' molto importante» ha puntualizzato Sacconi. Sulle stesse posizioni si è messo anche il sottosegretario alla Salute, Ferruccio Fazio: «È giusta la decisione dell'Aifa di aspettare l'indagine conoscitiva del Senato prima di deliberare le modalità di vendita della RU 486. Mi sembra corretto che in presenza di un'inchiesta parlamentare si arrivi quanto meno a una pausa di riflessione, perchè una cosa sono le decisioni tecniche una cosa l'implementazione, una decisione politica».
Di tutto altro avviso l'Idv: «Ancora una volta, il Governo e la sua maggioranza tentano di intimidire un'agenzia indipendente come l'Aifa - ha commentato il senatore dell'Italia Giuseppe Astore, che ha abbandonato per protesta la commissione Sanità al termine dell'audizione di Sacconi - L'indagine conoscitiva doveva avere altri obiettivi. Certamente non quello di bloccare l'iter autorizzativo della RU 486, ruolo che non spetta ad un' indagine conoscitiva». Ma Sacconi insiste: «L'assunzione della pillola abortiva Ru486 potrebbe comportare dei rischi per la salute della donna, se non vengono rispettate tutte le regole di sicurezza. Se la donna si sottrae al ricovero ospedaliero, se gestisce da sola le possibili complicanze o addirittura il momento dell'espulsione, ci saranno problemi.Mi sembra che il Parlamento non abbia nessuna intenzione di prendere tempo, e nemmeno lo vuole fare il Governo». Non contento, Sacconi ha rincarato: «Ci sono dubbi che il servizio sanitario nazionale sia in grado di garantire la compatibilità tra il processo farmacologico e la 194». La radicale Donatella Poretti ha sottolineato che la legge «stabilisce che l'approvazione del farmaco spetti all'Aifa. Il ruolo del Parlamento è quello di fare le leggi e non di interferire con il lavoro di organismi che dovrebbero essere autonomi». In tutto questo, ieri mattina l'Aduc ha inviato alla Commissione Ue una denuncia contro l'Italia «per inadempienza del diritto comunitario sulla questione della commercializzazione della pillola abortiva Ru486». Una direttiva europea del 2001 prevede infatti che un farmaco autorizzato in uno Stato membro, qualora altro Stato membro faccia altrettanta richiesta di autorizzazione, quest'ultima debba rendere operativa la stessa entro 90 giorni.

lunedì 12 ottobre 2009

Questioni di vita e di morte

l’Unità 9.10.09
Questioni di vita e di morte
di Luigi Manconi

Il testamento biologico riguarda tutti Perché il Pd non prende l’iniziativa e lancia una grande manifestazione di massa?

Cari Franceschini, Bersani, Marino,
domani saranno esattamente sette giorni dalla manifestazione per la libertà di informazione di piazza del Popolo, a Roma. È stata una iniziativa importante, che ha risposto perfettamente al suo duplice scopo: quello di esprimere e quello di sensibilizzare. La manifestazione ha espresso la preoccupazione diffusa per l’attuale fragilità di quel fondamentale principio di democrazia che è il diritto di informarsi e di informare. E ha contribuito a sensibilizzare sul tema altri cittadini e altri gruppi sociali. Ciò ha confermato una tendenza classica del modello di manifestazione nell’Italia contemporanea. L’azione collettiva di strada, in altre parole, tende a coagularsi intorno a due gruppi essenziali di questioni: quelle economico-sociali (contratti, pensioni, diritti sindacali...) e quelle relative all’uso della forza in ambito nazionale e sovranazionale (la repressione interna, quella a opera di regimi dispotici, le guerre...). Un terzo gruppo di questioni comincia a emergere come oggetto di manifestazione (il razzismo per esempio). Ciò corrisponde puntualmente alle tematiche fondamentali della lotta politica, come si è sviluppata nell’ultimo mezzo secolo, che si articola su piani diversi e in sedi differenti e, infine, nella mobilitazione di massa nelle strade e nelle piazze. Ma quella stessa lotta politica conosce oggi profondi mutamenti.
Detta in breve, diventano oggetto di azione pubblica e di conflitto collettivo tematiche confinate, fino a qualche decennio fa, nella sfera privata e affidate alla capacità di autodeterminazione individuale. Le “questioni di vita e di morte” diventano la posta in gioco e il cuore pulsante di lotte culturali, ideologiche, ma anche direttamente politiche, che coinvolgono milioni di cittadini e investono il sistema politico in senso stretto. Si pensi alle problematiche dell’aborto e del Testamento biologico, delle coppie di fatto e della procreazione assistita.
Se è vero come è vero che quello sul Testamento biologico è diventato un conflitto squisitamente politico (oltre che filosofico, religioso, culturale), perché mai non dovrebbe costituire tema e obiettivo di una manifestazione di massa? La risposta è semplice: perché molti esitano a considerarlo tale. E, invece, proprio di conflitto politico si tratta: perché, a seconda della normativa che verrà adottata, si produrranno effetti concreti, corposamente materiali, sulla vita dei cittadini. Ne discenderanno conseguenze sullo stato di benessere o di sofferenza delle persone, sulle loro aspettative di vita e sulle loro relazioni private e sociali. In ultima analisi, sulla loro felicità o sulla loro infelicità: ovvero in altri, più concreti e modesti termini sulla capacità delle leggi degli uomini di ridurre la quota di dolore non necessario che tutti in un modo o nell’altro, prima o poi, rischiamo di subire.
Perché mai, dunque, non si dovrebbe poter manifestare collettivamente la propria opinione su tale questione? E c’è un ulteriore ragione che rende, quell’azione pubblica, quanto mai necessaria: il fatto che l’orientamento della maggioranza parlamentare corrisponde, nella società italiana, a quello di un’esigua minoranza. Insomma, la gran parte della società italiana ha un’opinione esattamente opposta, sul tema del Testamento biologico, a quella del centro destra. E questo rappresenta uno dei pochi motivi di speranza per quanto riguarda i rapporti di forza nell’Italia contemporanea: per giunta, su un tema a dir poco cruciale. Se diventasse legge il testo approvato al Senato, l’ordinamento giuridico del nostro Paese avrebbe subito una lesione pari solo a quella inferta dall’introduzione del reato di immigrazione clandestina. Quel disegno di legge, infatti, prevede che pur in presenza di un rifiuto esplicito, firmato e autenticato al paziente vengano imposte nutrizione e idratazione forzate. Si avrebbe, così, la più brutale negazione del diritto all’autodeterminazione individuale e l’imposizione di una volontà esterna, esercitata dallo stato, nella sfera più intima della persona. E nel momento estremo e più delicato: quello del fine vita.
Cari Franceschini, Bersani, Marino, temo che la sentenza della Consulta sul “Lodo Alfano” porti, tra l’altro, a una accelerazione e a un ulteriore irrigidimento della posizione del centro-destra in tale materia. Tutto ciò non vale una manifestazione a Piazza del Popolo? Una manifestazione che sottragga un tema tanto decisivo sia alle strettoie della discussione parlamentare che alle angustie del dibattito congressuale, e lo rimetta nelle mani e nelle voci dei cittadini.