martedì 25 novembre 2008

Quale chiesa sceglieranno di frequentare gli Obamas la domenica mattina?

il Riformista 25.11.08
Barack cerca parrocchia
Quale chiesa sceglieranno di frequentare gli Obamas la domenica mattina?
di Alessandra Cardinale

New York. Quale chiesa sceglieranno di frequentare gli Obamas la domenica mattina? E perchè il neo presidente americano viene sempre più spesso avvistato tra gli attrezzi ginnici della sua palestra preferita piuttosto che tra i banchi di una chiesa? Archiviato il dilemma scuola pubblica o scuola privata (concluso a favore di quest'ultima), si apre il capitolo, ugualmente delicato, della chiesa che a Washington D.C. dal 20 gennaio gli Obamas decideranno di frequentare. Il sito web Politico.com è il primo a puntare il dito contro Obama e famiglia che mancherebbero dalle funzioni religiose da tre settimane, il che significa che da quando è stato eletto, Barack non mette piede in chiesa. «La famiglia Obama ha un gran rispetto dei luoghi sacri, e la loro presenza attirerebbe troppo attenzione sui confratelli e sulla chiesa», ha risposto un consigliere del neo Presidente alle perplessità di chi gli chiedeva come mai la prima famiglia americana non si fosse più recata in Chiesa. Il temporeggiare di Obama e della first lady Michelle è saltato subito agli occhi degli attenti commentatori americani che, almanacco politico alla mano, hanno maliziosamente fatto notare che sia George W. Bush che Bill Clinton neo-presidenti, riuscirono a recarsi a messa: nel 1992, appena eletto, Bill Clinton partecipò alla messa nella chiesa di Little Rock in Arkansas e la terza domenica dalla sua elezione fu fotografato con Jesse Jackson in una parocchia cattolica. Ma anche George W. Bush non mancò gli appuntamenti con la fede, nel 2000 e nel 2004 seguiva regolarmente, insieme alla moglie Laura, le funzioni della chiesa metodista di Austin in Texas. Ma non tutti gli analisti tirano le orecchie a Obama, infatti, il blog "Under God" del Washington Post chiede indulgenza nei confronti della first family. «Non posso immaginare una decisione più importante di questa per una giovane famiglia come quella di Obama», scrive David Waters esperto di questioni religiose. La scelta è infatti ampia e può facilmente diventare un bersaglio politico. Sono in molti a corteggiare il neo Presidente la cui presenza darebbe lustro, non solo spirituale, alla propria comunità: metodisti, battisti, episcopali, tutti aspirano ad ospitare la domenica mattina la famiglia presidenziale. «Tutto questo però non è giusto», scrive Waters, «dovremmo lasciarli in pace per dargli la possibilità di fare la scelta più giusta».

mercoledì 12 novembre 2008

Così la Costituzione americana tiene Dio al suo posto

Così la Costituzione americana tiene Dio al suo posto

Il Riformista del 12 novembre 2008, pag. 18

di Claudia Mancina

Uno degli aspetti più interessanti dell’elezione del nuovo presidente americano è quello relativo al voto dei cattolici. Nonostante la freddezza delle gerarchie e l’esplicita sconfessione del candidato alla vicepresidenza, il cattolico Joe Biden, per le sue posizioni pro-choice, il ticket democratico ha raccolto tra i cattolici la stessa percentuale che ha raccolto sul voto generale: il 53%. Merito (o colpa) della grave crisi economica, certamente. Ma forse anche segno di una certa stanchezza nei confronti dell’estremismo etico di cui il presidente uscente si è fatto portatore. Non ci sarebbe in fondo niente di strano se al congedo dalle posizioni più conservatrici dei repubblicani si accompagnasse anche il congedo dalle posizioni più di destra in campo etico. In questo senso, a quanto sembra, andranno i primi passi del nuovo presidente.



Tra le varie voci uscite dal suo staff, infatti, c’è quella di alcuni interventi (addirittura duecento, si è detto) intesi ad abolire provvedimenti legislativi presi da Bush. Tra questi, quello che ha vietato il finanziamento federale alla ricerca sulle staminali embrionali, e provvedimenti restrittivi sull’aborto. La notizia ha già sollevato preoccupazioni tra i vescovi americani e in Vaticano, dove il rammarico per la fine dell’alleanza speciale con Bush sulle questioni della vita si è fatto anche troppo sentire: il Vaticano non ha partecipato alla grande emozione del mondo intero per l’elezione del primo presidente di colore, ma si è posto in attesa. A differenza dei cattolici americani, che hanno investito su Obama pensando evidentemente che le sue dichiarazioni a favore della libertà di scelta, e per l’impegno a eliminare le cause sociali dell’aborto, definissero una posizione etica accettabile.



Non possiamo sapere adesso se Obama prenderà davvero questi provvedimenti. Ma se lo farà, entrerà in contraddizione con le sue ripetute affermazioni di voler essere non-partisan, di voler superare le divisioni di partito e unire gli americani? Come ha osservato Vittorio Emanuele Parsi sulla Stampa, non c’è contraddizione, ma anzi un riequilibrio al centro: erano i provvedimenti di Bush a essere estremisti, perché traducevano in legge le convinzioni proprie della destra religiosa più conservatrice. Nel suo complesso il voto per Obama, che si accompagna alla bocciatura dei matrimoni gay in California, esprime una collocazione centrale e moderata dell’elettorato, che probabilmente si rifletterà nelle scelte del nuovo presidente. Ciò che è interessante per noi è che queste considerazioni attraversano pacificamente anche l’elettorato cattolico. Il che dimostra che è la politica, e solo la politica, a definire il peso politico comparativo delle scelte etico-religiose. Bush era riuscito a saldare alla sua coalizione la destra religiosa, perché la sua proposta politica appariva convincente a questa porzione di elettorato. Obama ha ottenuto il consenso anche della maggioranza dell’elettorato cattolico, come non era riuscito a Kerry, perché evidentemente la sua proposta politica ha convinto, al di là delle barriere etiche e religiose. Questo voto mette in questione proprio la supposta affinità tra cattolici e destra evangelica: un punto sul quale forse il Vaticano farebbe bene a riflettere.



Queste considerazioni hanno delle implicazioni anche riguardo a un altro tema molto trattato in questi giorni: quello della presenza di Dio nella politica americana. Una presenza certamente molto forte; ma non si può dimenticare che essa è l’altra faccia dell’assenza di una religione ufficiale e della separazione di Stato e Chiese, sancita fin dal Primo emendamento del 1791. Solo a queste condizioni è possibile il riferimento a Dio con un ruolo essenziale nel discorso pubblico, e quindi quella particolare laicità, non aggressiva, non escludente, che è tipica della sfera pubblica americana e molto diversa dalla laicità europea.



Ernesto Galli Della Loggia ha sostenuto che la forza dell’America sta nel guardare a Dio come fonte di speranza indomita, secondo la promessa biblica. Ma ascoltiamo la prima frase del discorso di Chicago: «Se c’è ancora qualcuno che dubita che l’America sia un luogo dove tutto è possibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri Fondatori sia vivo nella nostra epoca, che ancora mette in dubbio la forza della nostra democrazia, questa notte è la vostra risposta». La vera eccezionalità americana sta nel miracolo di una nazione peraltro multietnica e multiculturale - che ancora si riconosce nella sua Costituzione vecchia di più di duecento anni, e trova in essa una ispirazione intatta per riorganizzarsi, per ripartire, per reinterpretare i propri valori fondamentali.



La forza della democrazia americana non è nel richiamo a Dio: è nel richiamo alla Costituzione, che dà anche a Dio il suo posto.

Aborto e vescovo gay. I dubbi della Chiesa su Obama presidente

il Riformista 11.11.08
Aborto e vescovo gay. I dubbi della Chiesa su Obama presidente
di Paolo Rodari

Preoccupati. Ai vescovi cattolici non piacciono le promesse elettorali all'anglicano Robinson, la posizione sulla vita e sulle staminali embrionali.

L'assemblea plenaria dei vescovi statunitensi in corso da ieri (fino a giovedì) al Marriott Waterfront Hotel di Baltimora avviene per volti versi nel momento opportuno. Il tempo, infatti, è propizio affinché l'episcopato d'oltre Atlantico possa riflettere sull'elezione di Barack Obama e soprattutto esprimersi circa le posizione pro-choice sull'aborto del nuovo presidente. In parte, l'ha già cominciato a fare ieri mattina il cardinale arcivescovo di Chicago e presidente della conferenza episcopale Francis George quando, aprendo i lavori della plenaria, si è congratulato con Obama per la vittoria ma, nello stesso tempo, ha ricordato tra gli applausi dei presuli come il "no" all'aborto sia uno dei pilastri dell'insegnamento cattolico. E, in effetti, è innanzitutto sulle posizione abortiste di Obama - sullo sfondo incombe la firma del Freedom of Choice Act, la legge sull'aborto che permetterà a tutte le donne di abortire in ogni momento della gravidanza, in qualsiasi Stato e a ogni età, anche al di sotto dei 18 anni - che i vescovi intendono discutere a Baltimora. L'ha confermato venerdì scorso anche la portavoce dei vescovi Mary Ann Walsh quando ha detto che «la conferenza espiscopale statunitense si ritroverà per discutere di vari temi, tra questi l'aborto e le future politiche in merito».
Ma c'è di più. Pare che sul tavolo della conferenza episcopale presieduta da circa un anno dal cardinale George vi sia anche il «dossier Virtueonline». Molto, infatti, ha fatto discutere i vescovi la notizia apparsa su quella che è la voce dell'ortodossia anglicana - Virtueonline, appunto, ripreso in merito anche dal Times - secondo la quale, durante la recente campagna elettorale, Obama ha incontrato per ben tre volte monsignor Gene Robinson, il primo vescovo episcopaliano dichiaratamente gay che tanto aveva fatto discutere di sé anche la scorsa estate nell'incontro di Lambeth della Chiesa anglicana: a motivo delle sue posizioni liberal non era stato ammesso all'assise. Proprio a lui Obama, nonostante esprimendosi successivamente sui referendum in California, Arizona e Florida non abbia dimostrato di voler fare molto in merito, ha assicurato che, una volta approdato alla Casa Bianca, avrebbe appoggiato appieno le battaglie in favore dei diritti delle coppie omosessuali. È vero, Obama ci ha sempre tenuto a separare diritti in favore delle coppie gay (su questi il neo presidente è d'accordo) e legalizzazione dei matrimoni gay (su questi si è sempre mostrato più freddo) - e in questo senso la posizione tenuta durante i recenti referendum non contraddice più di tanto con quanto egli ha promesso a Robinson - ma la notizia del triplice incontro non è stata comunque recepita bene dalla gerarchia ecclesiastica tanto che anche di questo a Baltimora i vescovi vogliono discutere. Tra l'altro, seppure è vero che oltre il cinquanta per cento di coloro che si dichiarano cattolici ha votato per Obama, pare sia altrettanto vero che la maggior parte di questi, avendo bocciato in California, Arizona e Florida i referendum, non ha preso bene, a poche ore dal voto, la notizia del triplice incontro e delle conseguenti promesse.
È principalmente sui temi cosiddetti etici che l'amministrazione Obama rischia il frontale con la Chiesa cattolica statunitense, fedeli inclusi. E anche con la diplomazia vaticana la quale, per il momento, sta alla finestra e proprio dal cardinale George attende notizie dettagliate sul nuovo corso alla Casa Bianca.
A preoccupare ci sono anche le decisioni che Obama è chiamato a prendere intorno alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Infatti, secondo quanto hanno annunciato i più stretti collaboratori del neo presidente, Washington si starebbe apprestando a dare di nuovo il via libera - dopo i limiti imposti da Bush - ai fondi federali per la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
A ben vedere, dunque, i timori dei vescovi sono giustificati. Anche perché risulta parecchio difficile che su questi temi la figura del cattolico Joe Biden possa rassicurarli. Biden, infatti, nei mesi scorsi, ha dovuto subire dure invettive da parte dei presuli di Madison, Robert C. Morlino, e di Denver, Charles J. Caput, proprio a motivo delle sue prese di posizione controverse sull'aborto. Tanto che, di qui in avanti, la strategia dei vescovi statunitensi pare sia quella di affidarsi alle proprie risorse, cominciando a prevenire il nuovo corso obamiano in merito alle tematiche cosiddette eticamente sensibili (aborto, unioni gay, ricerca sulle cellule staminale embrionali) mettendo innanzitutto in campo una campagna preventiva di informazione culturale incentrata attorno al valore unico della vita umana.

martedì 11 novembre 2008

Veltroni rompa con i «radicali» o sarà meglio tornare a Ds e Margherita

Veltroni rompa con i «radicali» o sarà meglio tornare a Ds e Margherita

Il Manifesto del 11 novembre 2008, pag. 8

Prima delle elezioni, a febbraio, aveva stigmatizzato il «pasticcio veltroniano in salsa pannelliana». Ora «Famiglia cristiana», con un editoriale, torna all’attacco dell’intesa tra Pd e Radicali, e in generale delle posizioni «radicali» che emergerebbero nel partito. Entrando a gamba tesa nello scontro tra l’area «centrista» del Pd e quella che guarda a sinistra. Pietra dello scandalo, per il settimanale dei paolini, è il «processo» che avrebbe subito la teodem Paola Binetti per aver accostato l’omosessualità alla pedofilia. Sulla vicenda, Veltroni aveva concluso che, pur avendo sbagliato, la deputata, per la sua «posizione personale che non rappresenta quella del partito», non andava denunciata ai probi viri. «In un grande partito come tl nostro - diceva il segretario martedì scorso - non possono esistere reati di opinione o processi per le idee espresse». E anche la deputata Paola Concia aveva concluso: «La querelle Binetti finisce qui». Eppure non finisce qui per «Famiglia cristiana». Che trasecola perché «l’hanno fatta grossa» e protesta: «Il Pd dalle mille contraddizioni ha riconosciuto la libertà d’opinione, salvo fare una reprimenda alla Binetti per le sue idee non conformi al manifesto dei valori del partito. E che dire dell’ipocrisia coi Radicali? Quando prendono posizioni laiciste e anticlericali Veltroni se la sbriga dicendo che non fanno parte del Pd, salvo tenerseli stretti nel gruppo parlamentare». Morale: «se non si scioglie subito, e nettamente, il ‘nodo radicale’, questo finirà per strozzare Veltroni e il Pd. Altrimenti, meglio che Margherita e Ds tornino a essere due partiti ben distinti». Nell’editoriale Veltroni viene definito «l’eterno indeciso, che non ha capitalizzato il successo delle primarie e del Circo Massimo». E il caso Binetti avrebbe aperto «una ferita profonda nella ‘contaminazione’tra la cultura del riformismo cattolico e quella socialista che ha dato vita al Pd». Il settimanale sollecita dunque una «seria riflessione». Senza risparmiare la «radicale» Concia che «ha avanzato la proposta di legge sul reato di omofobia». Replica il presidente di Arcigay, Aurelio Mancuso: «Siamo offesi e Indignati dal nuovo attacco che arriva dalla lobby cattolica. Ribadiamo l’assoluta urgenza di legiferare In materia di lotta all’omofobia e esprimiamo alla relatrice Concia la nostra solidarietà». E Franco Grillini prova «nostalgia per la vecchia Famiglia cristiana che tentava di dialogare con la modernità».

Aborto e vescovo gay. I dubbi della Chiesa su Obama presidente

il Riformista 11.11.08
Aborto e vescovo gay. I dubbi della Chiesa su Obama presidente
di Paolo Rodari

Preoccupati. Ai vescovi cattolici non piacciono le promesse elettorali all'anglicano Robinson, la posizione sulla vita e sulle staminali embrionali.

L'assemblea plenaria dei vescovi statunitensi in corso da ieri (fino a giovedì) al Marriott Waterfront Hotel di Baltimora avviene per volti versi nel momento opportuno. Il tempo, infatti, è propizio affinché l'episcopato d'oltre Atlantico possa riflettere sull'elezione di Barack Obama e soprattutto esprimersi circa le posizione pro-choice sull'aborto del nuovo presidente. In parte, l'ha già cominciato a fare ieri mattina il cardinale arcivescovo di Chicago e presidente della conferenza episcopale Francis George quando, aprendo i lavori della plenaria, si è congratulato con Obama per la vittoria ma, nello stesso tempo, ha ricordato tra gli applausi dei presuli come il "no" all'aborto sia uno dei pilastri dell'insegnamento cattolico. E, in effetti, è innanzitutto sulle posizione abortiste di Obama - sullo sfondo incombe la firma del Freedom of Choice Act, la legge sull'aborto che permetterà a tutte le donne di abortire in ogni momento della gravidanza, in qualsiasi Stato e a ogni età, anche al di sotto dei 18 anni - che i vescovi intendono discutere a Baltimora. L'ha confermato venerdì scorso anche la portavoce dei vescovi Mary Ann Walsh quando ha detto che «la conferenza espiscopale statunitense si ritroverà per discutere di vari temi, tra questi l'aborto e le future politiche in merito».
Ma c'è di più. Pare che sul tavolo della conferenza episcopale presieduta da circa un anno dal cardinale George vi sia anche il «dossier Virtueonline». Molto, infatti, ha fatto discutere i vescovi la notizia apparsa su quella che è la voce dell'ortodossia anglicana - Virtueonline, appunto, ripreso in merito anche dal Times - secondo la quale, durante la recente campagna elettorale, Obama ha incontrato per ben tre volte monsignor Gene Robinson, il primo vescovo episcopaliano dichiaratamente gay che tanto aveva fatto discutere di sé anche la scorsa estate nell'incontro di Lambeth della Chiesa anglicana: a motivo delle sue posizioni liberal non era stato ammesso all'assise. Proprio a lui Obama, nonostante esprimendosi successivamente sui referendum in California, Arizona e Florida non abbia dimostrato di voler fare molto in merito, ha assicurato che, una volta approdato alla Casa Bianca, avrebbe appoggiato appieno le battaglie in favore dei diritti delle coppie omosessuali. È vero, Obama ci ha sempre tenuto a separare diritti in favore delle coppie gay (su questi il neo presidente è d'accordo) e legalizzazione dei matrimoni gay (su questi si è sempre mostrato più freddo) - e in questo senso la posizione tenuta durante i recenti referendum non contraddice più di tanto con quanto egli ha promesso a Robinson - ma la notizia del triplice incontro non è stata comunque recepita bene dalla gerarchia ecclesiastica tanto che anche di questo a Baltimora i vescovi vogliono discutere. Tra l'altro, seppure è vero che oltre il cinquanta per cento di coloro che si dichiarano cattolici ha votato per Obama, pare sia altrettanto vero che la maggior parte di questi, avendo bocciato in California, Arizona e Florida i referendum, non ha preso bene, a poche ore dal voto, la notizia del triplice incontro e delle conseguenti promesse.
È principalmente sui temi cosiddetti etici che l'amministrazione Obama rischia il frontale con la Chiesa cattolica statunitense, fedeli inclusi. E anche con la diplomazia vaticana la quale, per il momento, sta alla finestra e proprio dal cardinale George attende notizie dettagliate sul nuovo corso alla Casa Bianca.
A preoccupare ci sono anche le decisioni che Obama è chiamato a prendere intorno alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. Infatti, secondo quanto hanno annunciato i più stretti collaboratori del neo presidente, Washington si starebbe apprestando a dare di nuovo il via libera - dopo i limiti imposti da Bush - ai fondi federali per la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
A ben vedere, dunque, i timori dei vescovi sono giustificati. Anche perché risulta parecchio difficile che su questi temi la figura del cattolico Joe Biden possa rassicurarli. Biden, infatti, nei mesi scorsi, ha dovuto subire dure invettive da parte dei presuli di Madison, Robert C. Morlino, e di Denver, Charles J. Caput, proprio a motivo delle sue prese di posizione controverse sull'aborto. Tanto che, di qui in avanti, la strategia dei vescovi statunitensi pare sia quella di affidarsi alle proprie risorse, cominciando a prevenire il nuovo corso obamiano in merito alle tematiche cosiddette eticamente sensibili (aborto, unioni gay, ricerca sulle cellule staminale embrionali) mettendo innanzitutto in campo una campagna preventiva di informazione culturale incentrata attorno al valore unico della vita umana.

sabato 8 novembre 2008

Il voto delle religioni: Barack conquista i cattolici

Il Messaggero 8.11.08
Il voto delle religioni: Barack conquista i cattolici

WASHINGTON Barack Obama, nonostante le sue posizioni a favore della libertà di aborto, ha conquistato l'elettorato cattolico statunitense: dai dati sugli exit poll diffusi dal Pew Forum on Religion and Pubblic Life (uno dei maggiori istituti statistici americani), il senatore afro-americano ha ottenuto il voto del 54% dei cattolici degli States, mentre il suo avversario repubblicano, John McCain, si è fermato al 44%.
Un salto in avanti notevole: nel 2004, il 52% dei cattolici avevano infatti votato per George W. Bush, e il 47% per il democratico John Kerry (cattolico, ma osteggiato dai vescovi perché troppo filo-abortista). Il senatore nero è avanzato anche tra i protestanti: il 45% di loro lo ha votato, anche se la maggioranza è rimasta repubblicana; nel 2004 Kerry aveva ottenuto il 40% del voto protestante.
I cristiani rappresentano la religione dominante negli Stati Uniti, ovvero circa l'82% di una popolazione di oltre 300 milioni di abitanti. Alle varie chiese protestanti tradizionali, divise in una decina di denominazioni (dai battisti agli anglicani, dai luterani ai metodisti) appartengono oltre il 50% degli statunitensi; i cattolici costituiscono il 25% circa della popolazione (un dato in continua crescita grazie ai latinos) e i restanti cristiani a comunità minori, come ad esempio i Testimoni di Geova.
Il dato interessante, sia nel caso dei protestanti che dei cattolici, è che il senatore di origine africana ha conquistato consensi tra i bianchi, anche se il guadagno più consistente è stato tra gli altri gruppi etnici. Obama è avanzato del 5% tra gli evangelici bianchi, tradizionalmente repubblicani, e del 4% tra i bianchi cattolici.
Sulla Cns, agenzia di stampa della Conferenza episcopale cattolica statunitense, si ammette che gli elettori hanno basato il loro voto in primo luogo su questioni come l'economia, l'assistenza sanitaria e la guerra in Iraq, anzichè su temi su cui tradizionalmente si incentrano le preoccupazioni religiose, come l'aborto o le unioni tra persone dello stesso sesso. Negli Stati dove i vescovi hanno martellato di più sulle questioni etiche, ad esempio in Missouri o in Pennsylvania, i cattolici hanno dato il loro voto in percentuale maggiore a McCain.
Stavolta la Conferenza episcopale americana, nella sua dichiarazione pre-elettorale Faithful Citizenship, aveva sì sottolineato l'importanza dell'aborto tra i criteri di scelta, lasciando però alla fine libertà di coscienza ai propri fedeli. Evidentemente nè il “laico” McCain nè l'ultraconservatrice Sarah Palin davano sufficienti garanzie.
Contro Kerry, invece, i presuli erano stati molto più duri, favorendo, nonostante le divergenze sull'Iraq, la vittoria di Bush junior.

martedì 4 novembre 2008

Il Pd organizza il processo alla Binetti Gli ex dc lo smontano

Il Pd organizza il processo alla Binetti Gli ex dc lo smontano

Libero del 4 novembre 2008, pag. 14

di Elisa Calessi

Se non altro Paola Binetti ha battuto un record. Non era mai successo, infatti, che alla Commissione di garanzia del Partito democratico venisse sottoposta una frase. L’oggetto del contendere, che, forse (ma i dubbi sono tanti), porterà a un "processo" disciplinare, è una presa di posizione del deputato del Pd in difesa di un nota del Vaticano che invitava a prestare più attenzione, nell’ammissione dei seminaristi, per chi ha orientamenti omosessuali. Giusto, ha detto Binetti al Corriere della Sera, perché «tendenze omosessuali radicate» possono portare al «rischio pedofilia». Si è scatenato un putiferio. Andrea Bendino e altri gay del Pd hanno presentato ricorso ai Garanti. Ieri Paola Concia, altra esponente omosessuale, ha scritto una lettera a Walter Veltroni, dicendo che la questione è «politica». Binetti si è resa protagonista di un «atto di odiosa e intollerabile omofobia». Altro che libertà di espressione. «Le tue», le ha detto Franco Grillini, «non sono idee ma calunnie, che sono reato». Molto più cauta Imma Battaglia, leader del movimento omosessuale, che ha scritto a Binetti dicendosi contraria alla sua espulsione. «Ma basta conl a caccia alle streghe gay». L’accusata, presunta cacciatrice di streghe, le ha risposto con una lettera in cui spiega che il suo era un «criterio di prudenza», intendeva sottolineare «il rischio che si poteva presentare in alcuni possibili preti omosessuali, anche per i compiti di formazione accanto ai giovani». La vicenda americana, ricorda, è lì a provarlo.



La rivolta, però, non è solo dei gay. Silenziosa, ma non meno forte, è l’irritazione dell’area cattolica del Pd. Per Pierluigi Castagnetti, l’esposto è «totalmente irricevibile» : «Non voglio credere che la commissione di Garanzia del Pd possa occuparsene». Perché «si può acconsentire o dissentire con le opinioni di chiunque, ma l’unica cosa certa è che in un partito democratico non esiste il reato d’opinione». Diversamente, «vorrebbe dire che non esisterebbe il Partito democratico, esisterebbe una cosa in cui non solo la Binetti ma neppure io e tantissimi altri potrebbero starci». Prende le sue difese anche Renzo Lusetti: «Francamente», dice a libero, «il ricorso mi pare eccessivo. Si sapeva che nel Pd, su certi argomenti, c’erano convinzioni differenti». Si può condividere o meno quanto lei ha detto, «ma questa è materia politica, mi auguro che i provibiri non diano seguito al ricorso». Della stessa opinione è il prodiano Franco Monaco, secondo cui è «fuori luogo invocare il giudizio della Commissione di garanzia», visto che «sulle opinioni, anche le più eccentriche, tanto più in un partito laico e democratico, è meglio affidarsi alla libera discussione piuttosto che alla disciplina». Polemico è il commento di Mario Lettieri: Binetti non si preoccupi perché, tanto, «qualsiasi decisione non avrà alcuna conseguenza». Prova ne è, dice, il ricorso che lui ha presentato per l’illegittimità dell’assemblea nazionale. Gli hanno dato ragione, l’organismo è ancora h. E un assist all’accusata arriva persino dai Radicali. La commissione, dice Marco Cappato, farebbe meglio ad «autosciogliersi» perché il loro riunirsi può avere solo una funzione: «violare la Costituzione e il diritto alla libertà di espressione». Se il Pd vuole occuparsi di laicità, «lo deve fare sul piano delle riforme, non del controllo disciplinare sulle dichiarazioni dei suoi parlamentari». In ogni caso non è detto che il "processo" si faccia. Come spiega a libero Bianca Trillò, avvocato civilista e uno dei garanti, i ricorsi finora esaminati hanno sempre riguardato questioni procedurali. Uno è quello di Lettieri. Un altro riguardava l’elezione del segretario regionale in Sardegna. Trillò è prudente: «Finché non vedo le carte, non dico nulla». Detto questo, «bisogna valutare se la commissione è competente sulla materia». Cioè se può esprimersi su materia politica. Senza contare che l’organismo dei garanti è una sorta di Cassazione. Come nella giustizia ordinaria, è l’ultimo gradino a cui appellarsi. «In genere ci si rivolge prima ai collegi di garanzia regionali ». Oggi si riuniranno per esaminare il ricorso.