sabato 30 agosto 2008

L’alimentazione artificiale spacca le «due anime» del Pd

l’Unità 30.8.08
L’alimentazione artificiale spacca le «due anime» del Pd
I Teodem con i forzisti. Il senatore-chirurgo: rispettare la Carta
di Maria Zegarelli

RITARDI Negli Stati Uniti se ne è parlato - e si è fatta una legge - un terzo di secolo fa. A seguire tutti gli altri Paesi hanno affrontato il delicato tema del testamento biologico. Lo hanno fatto la Spagna, la Germania, l’Australia, la Nuova Zelanda, solo per citarne alcuni. L’Italia da tre legislature affronta il tema della fine della vita senza riuscire a trovare un punto di sintesi. Nel precedente governo Berlusconi l’allora senatore Cdl Antonio Tomassini - attuale presidente della Commissione Sanità - presentò un disegno di legge che fu approvato all’unanimità dalla Commissione ma non approdò mai in Aula. Il contenuto non era molto diverso da quello che durante la scorsa legislatura fu presentato da Ignazio Marino (suo successore a capo della Commissione) e firmato dall’allora capogruppo Anna Finocchiaro. Ma le posizioni della Cdl cambiarono, forte di quel fragile equilibrio su cui si reggeva l’Unione. Parlare di temi etici nell’Unione equivaleva a camminare sulle sabbie mobili. C’erano i cattolici di Mastella e i teodem del Pd che su aborto, fecondazione assistita, testamento biologico (ma anche i Dico) minacciavano le barricate. Un lavoro certosino quello di Marino per cercare la sintesi su cui far convergere i consensi. Dopo 49 audizioni di scienziati ed esperti Marino arrivò ad un testo caduto, poi, insieme al governo Prodi a cui Mastella aveva posto fine per altri motivi. Ma già allora era chiaro che difficilmente si sarebbe arrivati ad una legge. Su un punto il dialogo si è arenato: l’idratazione e la nutrizione artificiale del paziente. Quelle che ancora oggi tengono in vita-non vita Eluana.
Secondo Paola Binetti, deputata Pd, teodem, interrompere l’idratazione e la nutrizione artificiale del paziente equivale a mettere in pratica l’eutanasia. È tutto qui il nodo politico attorno a cui si è aggrovigliata la discussione parlamentare durante il governo Prodi (erano 12 i ddl depositati in commissione Sanità al Senato, mentre oggi ce ne sono 14 tra Palazzo Madama e Montecitorio) e su cui rischia di aggrovigliarsi durante quella in corso. Con la differenza che stavolta sembra profilarsi una pericolosa - per il Pd - «alleanza» tra teodem e pezzi di Pdl. Ignazio Marino - scienziato made in Italy con una esperienza ventennale negli States - ha depositato un ddl lo scorso aprile su cui hanno apposto la loro firma 101 senatori. «Durante la scorsa legislatura - spiega Marino - ho fatto tesoro di quelle 49 audizioni, ho ascoltato i dubbi e i suggerimenti che ognuno dava al nostro lavoro. Da qui la decisione di escludere dal testo depositato pochi mesi fa l’obbligatorietà del testamento biologico e di aggiungere un’intera parte dedicata alla terapia del dolore e alle cure palliative. Il nostro obiettivo è quello di dotare l’Italia di una legge umana, che rispetti il dettato dell’articolo 32 della Costituzione». Nessuno può essere sottoposto contro la sua volontà a trattamenti medici: questo il faro, la direzione da seguire.
Nella legge si affronta anche un altro drammatico problema: la distribuzione sul territorio degli «hospice». Attualmente ce ne sono 120: 103 nel Nord, 3 nel Sud, il resto nel Centro. Nel Nord ci sono 25 milioni di abitanti, nel Sud 22. Un paese a due velocità, anche in questo caso. «Con il nostro testo - dice Marino - prevediamo un potenziamento di queste strutture, che possono ospitare pazienti come Eluana, anche nel Sud per colmare un vuoto che ricade completamente sulle spalle delle famiglie». Eppure, ancora una volta, la politica si spacca. Il Pd stesso si spacca. Emanuela Baio Dossi, infatti, ha presentato un suo ddl di legge - con le firme bipartisan di molti senatori cattolici - che converge con le posizioni espresse ieri da Maurizio Lupi (Pdl): «Primo: idratazione ed alimentazione non sono cure mediche. Quindi non si possono sospendere. Secondo: la volontà della persona deve essere continuamente reiterata, oggi puoi pensare una cosa... ma domani?». «Licenziare una legge che esclude idratazione e nutrizione dai trattamenti medici vuol dire impedire alle persone di esprimere la propria volontà - replica Marino -. Di fatto la legge sarebbe peggiorativa del dettato costituzionale». Il presidente del Senato Renato Schifani si è impegnato alla ripresa dei lavori parlamentari a dare priorità al dibattito. Stesso impegno assunto dal presidente della Commissione Sanità. Come è emerso da un sondaggio Euripes è l’86% dei cittadini a chiedere una legge sul testamento biologico.

Pd, duello sul testamento biologico

l’Unità 30.8.08
Pd, duello sul testamento biologico
di Tommaso Galgani

«Non si tratta di voler staccare la spina a nessuno. Ma di dare la possibilità a tutti di decidere per sé quali trattamenti ricevere in caso di malattia terminale. E fino a che punto farlo, mettendolo per iscritto». Ignazio Marino replica così alle posizioni di Paola Binetti sul caso di Eluana che sull’argomento appare più vicina alle posizioni del Pdl. Il confronto tra i due parlamentari del Pd va in scena alla Festa di Firenze. Intanto il Parlamento è pronto ad affrontare l’esame delle proposte di legge.

«ELUANA? Il suo cuore batte, e di giorno passeggia anche in carrozzina». Paola Binetti fa scattare così il brusio del pubblico, ieri durante l'incontro col collega di partito Ignazio Marino sul tema del testamento biologico, alla Festa Democratica in Fortezza a Firenze. La senatrice teodem del Pd, dopo quella frase, scalda la platea: «Ah, Eluana passeggia pure», le urla sarcastica una signora dalle prime file. In diverse occasioni la Binetti, che ha ribadito di essere pronta a votare col Pdl una legge in materia perché «quando si parla della difesa della vita non hanno senso né la destra né la sinistra», suscita il borbottìo della cinquantina di persone accorse ad assistere al dibattito. Che lentamente lascia perdere anche gli applausi di cortesia e mano a mano che procede la discussione fa partire anche qualche fischio.
L'applausometro della platea decisamente sorride a Marino, che a fine serata si ritrova anche qualche bigliettino in tasca da parte di alcuni militanti democratici che lo esortano ad andare avanti sulle sue posizioni in materia. Ma soprattutto quando si sforza di ribadire dal palco il principio guida del suo ddl sul testamento biologico, sottoscritto da 101 senatori: «Non si tratta di voler staccare la spina a nessuno. Ma di dare la possibilità a tutti di decidere per sé quali trattamenti ricevere in caso di malattia terminale. E fino a che punto farlo, mettendolo per iscritto. È un fondamentale principio di autodeterminazione». Tra i due senatori democratici provano a confrontarsi due sensibilità che, pur nella ricerca del dialogo, non sembrano conciliabili (l'unico punto in comune è considerare una necessità l'affrontare la materia dal punto di vista legislativo, dopo anni di discussioni: cosa che il Senato ha messo in agenda per il 2008).
E la Binetti riaccende anche gli animi della platea quando afferma di aver letto sulla rivista dell'associazione Luca Coscioni un modello di testamento biologico in cui una persona afferma di «non voler vivere in caso di sopraggiunta demenza». Dicendo: «Così si va verso il nazismo, che eliminava le persone dementi. Stesso discorso per i malati di Alzheimer». Brusio. Marino prova a smorzare la tensione ricordando che «i Radicali, vicini all'associazione Coscioni, hanno sottoscritto il mio ddl. Anche se loro sono per l'eutanasia legalizzata, per la quale io non ritengo che adesso ci siano le condizioni in Italia. E alla quale sono contrario». Ma l'ennesima dimostrazione di disapprovazione del pubblico arriva quando contesta i dati ricordati da Marino, peraltro comunicati durante un'audizione al Senato dai Rianimatori italiani, sul fatto che il 62% degli anestesisti italiani, negli ultimi giorni di un malato terminale, applichi sui pazienti la «desistenza». «Garanzia reale per il paziente e riconoscimento nella relazione medico-paziente la massima fiducia e la massima dignità di entrambi», continua a ripetere la senatrice, anche lei firmataria di un ddl sul tema. «Sono rimasto molto soddisfatto del dibattito», commenta Marino a fine serata. Che insiste: «Perché dovremmo avere paura di fare una legge che sancisce un principio di libertà?».
Non manca una riflessione sul caso Eluana: «Consiglio a Paola Binetti di recarsi personalmente a trovarla. Si tratta di una persona in stato vegetativo permanente, che comunque può mantenere la sua dignità. Ma resta la mia domanda di fondo: perché non far decidere all'individuo, e non a chiese o magistrati, se vuole arrivare fino a lì?»

giovedì 28 agosto 2008

Fede e politica il dibattito radicale

La Repubblica 27.8.08
Fede e politica il dibattito radicale

BRUXELLES - "Secularism and Religions in the European Union", ovvero "Religiosità e laicità (di fronte alla violenza fondamentalista)", è la serie di "colloqui" in programma da oggi a venerdì a Bruxelles, nella sede del Parlamento europeo. L´iniziativa è promossa dai Radicali italiani come Partito Nonviolento Transnazionale e Transpartito insieme al gruppo Alde (l´alleanza di liberali e democratici) del Parlamento europeo. Radio Radicale trasmetterà in diretta gran parte dell´evento che sarà messo in Rete, in differita, sul sito Internet Radioradicale.it. L´obiettivo del convegno? «È quello di non accettare che di certi temi si dibatta solo nel chiuso dello Stato vaticano-italiano da una parte, e dall´altra nel relativo chiuso dello Stato spagnolo», spiega polemicamente in Rete Marco Pannella.
A discutere di religione, laicità e politica e dei loro intrecci saranno personalità del mondo scientifico, politico e religioso. Da Emma Bonino e lo stesso Marco Pannella a Jacqueline Herremans, presidente dell´Admd, l´associazione belga per il diritto a morire con dignità e Fathy Sidibé Fatoumata del comitato "Ni Putes ni soumises" che interverrà sulla laicità e il diritto delle donne. E poi, tra gli altri: Angiolo Bandinelli, saggista e consigliere generale dell´associazione Luca Coscioni, il teologo Salvatore Rapisarda, Frans Goetghebeur, presidente dell´Unione buddista belga, Chéref-Chan Chemsi, presidente dell´Istituto Europeo per l´Umanismo Musulmano.

martedì 26 agosto 2008

Famiglia Cristiana, il Vaticano si schiera col governo

l’Unità 15.8.08
Famiglia Cristiana, il Vaticano si schiera col governo
Padre Lombardi: «Non ha titolo per riportare i pensieri della Santa Sede». Il Pdl gongola
di Luca Sebastiani

CHIAREZZA Tanto per evitare gli equivoci e mettere i puntini sulle i, ieri il Vaticano è intervenuto nella polemica che da giorni oppone il governo e Famiglia cristiana. Per chiarire la sua posizione e prendere la distanza di sicurezza dagli editoriali del settimanale dei Paolini che ultimamente hanno fatto saltare i nervi, peraltro fragili, della maggioranza. Come quando ha avanzato i dubbi che in Italia stia progredendo una forma strisciante di fascismo.
«Il settimanale è una testata importante della realtà cattolica», ha riconosciuto padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana. Che ha subito aggiunto che nonostante questo «non ha titolo per esprimere né la linea della Santa Sede né quella della Conferenza episcopale italiana». Ergo: «le sue posizioni sono quindi esclusivamente responsabilità della sua direzione». Un’ovvietà per chiunque abbia una minima cognizione di come funzioni la stampa, ma non evidentemente per la destra. Che nel tirarsi fuori dalla mischia polemica da parte del Vaticano, ha voluto leggerci il nulla osta della Santa Sede alla condotta del governo. Maurizio Gasparri, che solo il giorno prima brandiva le minacce di querela ad Antonio Sciortino, il direttore di Famiglia Cristiana, ieri gongolava soddisfatto. «Una sconfessione di questa portata vale mille volte di più di una vittoria processuale per gli insulti subiti». Come lui hanno gioito innumerevoli esponenti della maggioranza. L’ellittico ministro per l’Attuazione del programma Gianfranco Rotondi, che incassate le parole del Vaticano ha benignamente analizzato che «Famiglia cristiana adotta una tecnica pubblicitaria collaudata, a cui collaboriamo tutti con simpatia». O come il battagliero sottosegretario Carlo Giovanardi, che salito sulle barricate contro il settimanale «cattocomunista» negli scorsi giorni, ieri ha preferito smentire le accuse di fascismo rivolte al governo adoperandosi in una visita ad un centro di recupero per tossicodipendenti del vicentino.
Ma la dichiarazione del Vaticano è stata una sconfessione di Famiglia Cristiana? «Non ci sentiamo sconfessati», ha dichiarato il direttore Sciortino che ha precisato a sua volta di non essersi «mai sognato di essere la voce ufficiale del Vaticano o della Cei». Per quello ci sono, rispettivamente, L’Osservatore romano e Avvenire. Quindi, per Sciortino, la dichiarazione del Vaticano è «corretta». «Scorretto», per il direttore è invece chi cerca di usare strumentalmente la voce della Santa Sede. E a destra di questi tentativi ce ne sono stati in abbondanza. Tanto che in serata anche Rosy Bindi è intervenuta per mettere in guardia la maggioranza di «non gioire troppo per l’ovvia precisazione di padre Lombardi, ma di prendere invece sul serio le critiche pesanti che vengono rivolte all'azione di Governo». Critiche, aggiunge la Bindi, «che sicuramente sono condivise da molte famiglie cattoliche italiane, che magari hanno votato per il centrodestra e che oggi sono deluse da un'azione di governo che discrimina la parte più debole del nostro paese». In effetti le critiche di Famiglia Cristiana al governo riguardavano, oltre alla sicurezza, anche la sua incapacità di rispondere alla crescente povertà delle famiglie. Prima che ciò gli valesse l’accusa di «cattocomunismo». «La libertà d'informazione non può essere messa in discussione» ha tuonato ieri Vincenzo Vita del Pd, il quale ha giudicato «alquanto discutibile» anche l’intervento del Vaticano che, ha detto, «non può che apparire come censorio».

domenica 3 agosto 2008

Per restare unito il pd se ne sta zitto

il Riformista 1.8.08
Per restare unito il pd se ne sta zitto
Ora la Procura chiede di fermare la sentenza
di Alessandro Calvi

Corte Costituzionale e Corte di Cassazione. Entrambe potrebbero occuparsi molto presto, direttamente o indirettamente, del caso di Eluana Englaro. Si tratta della ragazza da oltre 16 anni in stato di coma vegetativo permanente sulla quale di recente si è pronunciata, sulla base di una sentenza della Cassazione, la corte di appello di Milano, autorizzando la sospensione dell'alimentazione forzata.
Ebbene, proprio contro quella sentenza della Cassazione si è mossa ieri la Camera che ha dato il suo via libera al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedendo che la Corte Costituzionale stabilisca se la Cassazione abbia interferito o meno con le prerogative del legislatore. Lo stesso dovrebbe fare oggi il Senato. Se il Parlamento va al frontale con la Cassazione, la procura generale di Milano ha deciso di impugnare la sentenza della corte di appello, ricorrendo proprio in Cassazione. Insomma, un intreccio quasi inestricabile in cui rischia di finire stritolato Beppino Englaro, il papà di Eluana, che ieri, per bocca del legale di famiglia, aveva fatto sapere di voler andare avanti, dando esecuzione alla sentenza della corte di appello di Milano. Ora, però, l'iniziativa della procura generale potrebbe portare in linea teorica alla sospensione della esecutività di quella sentenza, effetto che invece l'iniziativa parlamentare non poteva avere.
Dunque, Beppino Englaro rischia, in un attimo, di vedersi sfuggire dalle mani ciò per cui aveva combattuto, in nome della figlia, per tanti anni ovvero, come ha spesso detto lui stesso, la possibilità di «liberarla». E comunque la pressione sulle sue spalle sta divenendo davvero forte. Quella della magistratura milanese, certo, ma anche quella della politica.
Ad aprire la strada alla possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione tra Parlamento e Cassazione era stata una iniziativa del Pdl al Senato. Alla fine, però, complice il dibattito sulla manovra economica che si è preso la precedenza a Palazzo Madama, è arrivata prima la Camera che ha dato un via libera scontato ma anche sofferto. Che infatti Pd e Pdl debbano fare i conti con qualche smagliatura non è un segreto. A favore si è espresso il Pdl, seppure con qualche importante dissenso come quello di Benedetto Della Vedova - ex radicale come Quagliariello con il quale si è giocato quasi un derby. A favore anche Lega e Udc. Contro, invece, l'Idv. E contro sarebbero stati anche i radicali se non fossero stati impegnati a occupare le stanze della commissione di vigilanza sulla Rai. «Niente Aventino», era la richiesta al Pd. Invece, alla fine, Aventino è stato perché il Pd ha preferito non votare. La ragione l'ha spiegata ieri su queste pagine il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti, sottolineando che il Pd non avrebbe partecipato al voto per non legittimare una «operazione politica cinica» e l'uso «strumentale di un dramma umano».
E così la giornata di ieri è terminata con un rimbalzo di notizie tra Parlamento e tribunali, tra Roma e Milano. E con il via libera a portare la decisione della Cassazione all'attenzione della Consulta. Soddisfatto, naturalmente, il Pdl. E soddisfatti anche i teodem del Pd per la «manifestazione di unità» data dal partito «non partecipando al voto». È una soddisfazione che porta con sé l'annuncio di una nuova proposta di legge sul testamento biologico che darà qualche grattacapo ai laici del partito. E, anche per questo, quella dei teodem è una soddisfazione che suona quasi come una beffa per il resto del Pd, costretto - anche per evitare di rendere pubbliche le divisioni al proprio interno - a ripiegare sulla strategia del silenzio, se non fosse per una lettera inviata da Antonello Soro a Gianfranco Fini per chiedere una sessione parlamentare dedicata al fine vita.
Oggi si replica in Senato. Non sono previste novità di rilievo se non un ordine del giorno del Pd che, nei contenuti, ricalca la lettera di Soro a Fini. Qualche mal di pancia potrebbe venire a galla nel centrodestra - anche qui ricalcando lo schema già andato in scena alla Camera - ma da quelle parti nessuno sembra agitarsi più di tanto. Il Pd, invece, non voterà, proprio come a Montecitorio. E ieri Donatella Poretti ha confermato lo marcamento radicale anche al Senato.
Insomma, si replica, con un Pd che ieri, se non ci fossero stati i radicali, per il timore di apparire diviso sarebbe rimasto in silenzio, trincerato dietro una posizione ufficiale che è quella di non legittimare l'operazione del Pdl. Si tratta di una posizione comprensibile e che fa perno sulla lettera di Soro a Fini e sull'ordine del giorno portato oggi in Senato per dimostrare che non è vero che il partito abbia perso la voce su temi così importanti. Ma è anche una posizione che, proprio nel chiedere che il Parlamento si attivi sul fine vita e nel negare che il non voto sia dovuto alle divisioni interne, non spiega come mai per ben due anni nella scorsa legislatura il Parlamento non sia stato in grado di farla quella legge. E allora il centrosinistra in Parlamento aveva la maggioranza.

Lo Stato va in crisi per Eluana

il Riformista 1.8.08
Lo Stato va in crisi per Eluana
UN'ACCUSA GRAVE CHE MINA L'EQUILIBRIO ISTITUZIONALE
di Mario Ricciardi

C on il voto favorevole della Camera si mette in moto il procedimento che potrebbe portare la Corte Costituzionale a pronunciarsi sul conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato relativamente alle sentenze sul caso Englaro. Secondo i parlamentari del centro-destra, che chiedono il ricorso a questo strumento di tutela, i giudici hanno violato il confine tra interpretazione e produzione del diritto, arrogandosi di fatto il potere di fare le leggi. Un'accusa di straordinaria gravità che aprirebbe una crisi senza precedenti nei rapporti - per niente sereni - tra magistratura e parlamento.
Tuttavia, ci sono almeno due ragioni di perplessità sulla pretesa avanzata con il voto della Camera. In primo luogo, c'è un dubbio di natura concettuale. Secondo i parlamentari che hanno votato a favore, la Corte di Cassazione avrebbe «travalicato i limiti della funzione ad essa affidata dall'ordinamento, esercitando di fatto un potere legislativo in una materia non disciplinata dalla legge e ponendo a fondamento della sua decisione presupposti non ricavabili dall'ordinamento vigente, neppure mediante l'applicazione dei criteri ermeneutici». L'allusione è ai due principi che la Cassazione ha proposto come guida per le future decisioni in materia, che hanno orientato la successiva pronuncia della Corte di Appello di Milano che ha autorizzato la sospensione dell'alimentazione di Eluana Englaro. Come si ricorderà, la Corte di Cassazione aveva stabilito che tale sospensione è lecita quando «a) secondo un rigoroso apprezzamento clinico la condizione vegetativa sia irreversibile e non vi sia possibilità di recupero della coscienza; b) la richiesta sia espressiva, in base a elementi di prova chiari, univoci e convincenti, tratti dalle precedenti dichiarazioni del malato ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti, della sua identità e del suo modo di concepire la dignità della persona». Si tratta di standard formulati in modo generale il cui scopo è suggerire una cornice interpretativa, alla luce del diritto vigente, per le corti di merito che dovessero trovarsi in futuro a decidere su casi simili. Un modo di orientare gli indirizzi della giurisdizione che la Cassazione esercita abitualmente, e che risponde a una ragionevole esigenza di uniformità nell'applicazione del diritto. Suggerire, non ordinare, perché in un ordinamento in cui i precedenti - anche quelli delle corti superiori - non sono in senso stretto fonte del diritto non è immaginabile che la Cassazione abbia inteso produrre norme da applicare immediatamente, senza ulteriore valutazione da parte dei giudici di merito. Ovviamente la sentenza della Cassazione sul caso Englaro è criticabile, come tutte le sentenze, e non si può escludere che essa sia in parte il frutto di un ragionamento fallace. Tuttavia, un'interpretazione poco convincente del diritto da parte di una Corte non è un attacco alle prerogative del parlamento. Gli effetti legali della sentenza rimangono infatti strettamente nell'ambito della questione che le è stata sottoposta, che è quella della legittimità di una sentenza di merito.
La Cassazione non ha legiferato surrettiziamente, i principi che ha formulato sono aperti a revisione da parte di sentenze future, che potrebbero modificarli radicalmente, ad esempio specificandone i contenuti alla luce di considerazioni ulteriori. Dal canto suo, il parlamento rimane nella pienezza dei poteri e può legiferare come e quando ritiene opportuno sull'interruzione dell'alimentazione di una persona in stato di coma vegetativo permanente, anche se c'è stata una sentenza della Corte di Cassazione. A questa perplessità concettuale sull'iniziativa del parlamento, se ne accompagna una che riguarda il "galateo" istituzionale. Ricorrere a uno strumento concepito per situazioni eccezionali per impedire l'esecutività di una sentenza che ripugna - a torto o a ragione - a una parte dell'elettorato, è una leggerezza grave, che potrebbe avere conseguenze serie per un equilibrio tra poteri costituzionali che è fragile da tempo. Sarebbe davvero triste se la vicenda di Eluana Englaro diventasse il pretesto per l'ennesimo sfregio ai principi dello stato di diritto.


Nel Pd. La vittoria di teodem e rutelliani «E ora la legge anti-eutanasia»

Corriere della Sera 1.8.08
Nel Pd. La vittoria di teodem e rutelliani «E ora la legge anti-eutanasia»
di M.Antonietta Calabrò

ROMA — «Noi abbiamo tenuto duro: avevamo detto a chiare lettere che se il Pd avesse votato contro il conflitto, noi avremmo votato a favore». Paola Binetti, capofila dei teodem, (Bobba, Carra), cioè dei cattolici nel Partito democratico, e con loro i rutelliani (Calgaro, Lusetti, Mosella, Ria, Sarubbi) ieri mostravano grande soddisfazione. «Proprio a motivo del nostro atteggiamento — continua Binetti — già martedì scorso a Palazzo Madama era emerso nel nostro gruppo l'orientamento di non partecipare al voto». Della loro posizione si era fatto interprete e garante l'ex presidente del Senato, Franco Marini, e così, nel Pd, si è arrivati alla scelta del «non voto», nonostante il capogruppo alla Camera Soro abbia ribadito in Aula che sollevare il conflitto è sbagliato e che «non ce la si può prendere con i giudici ».
La linea dei teodem insomma è risultata vincente, mentre è rimasta nell'angolo quella della cattolica «adulta» e prodiana Bindi, l'ex ministro della Famiglia, che nell'ufficio di presidenza di Mon-tecitorio, mercoledì, si era apertamente dichiarata contraria a che ci si rivolgesse alla Corte Costituzionale. Anche se poi la Bindi, disciplinatamente, ieri in Aula, si è astenuta. «Oggi il Pd con una sofferta mediazione ha offerto una importante manifestazione di unità e di compattezza non partecipando al voto sul conflitto di attribuzione », hanno commentato i rutelliani. Ma hanno anche voluto subito mettere in evidenza che la nuova legge da tutti richiesta non potrà in ogni caso essere il lasciapassare per forme più o meno larvate di eutanasia, «inclusa la sospensione della nutrizione e della idratazione, che in nessun caso possono essere assimilate a qualsivoglia forma di accanimento terapeutico». «Il vuoto legislativo attorno al fine vita va colmato al più presto», ha scritto Soro al presidente della Camera Fini. Ma proprio per questo già ieri i teodem hanno depositato un loro progetto di legge alternativo a quello del collega di partito Ignazio Marino. Nel ddl della Binetti «ci sono altri due no altrettanto forti: no all'abbandono terapeutico e no all'accanimento terapeutico ». Viceversa «ci saranno anche tre sì chiari e decisi»: «alle cure palliative», «alla garanzia che la volontà del paziente sarà rispettata nei fatti e nelle intenzioni», «alla possibilità per il medico di fare obiezione di coscienza».
Quanto ad Eluana, per i parlamentari rutelliani del Pd «la sua vita appesa ad un sondino è la vera immagine della precarietà e non può che suscitare un profondo senso di smarrimento e un altrettanto profondo desiderio di tutelarla». Per questo, «nonostante tutta la comprensione e la compassione con cui partecipiamo alla vicenda della famiglia Englaro, vogliamo che Eluana viva, riaffermando che nessuno può assumersi la tragica responsabilità di togliere la vita ad un'altra persona ».

Pd. Chiesta accelerazione della legge sul testamento biologico

l’Unità 2.8.08
Pd. Chiesta accelerazione della legge sul testamento biologico
Il non voto lascia strascichi. Tra rutelliani e teodem...
di Maria Zegarelli

Giornata controversa nel Partito democratico alle prese in Senato con il voto sul conflitto di attribuzione per il caso Eluana. Passi avanti verso un punto di sintesi, come il progetto di legge sul testamento biologico depositato con la firma di 101 senatori tre mesi fa, ma anche tensioni, come dimostra la decisione di non partecipare al voto dettata dalla consapevolezza che quello resta un terreno minato, malgrado le dichiarazioni unanimi sul fatto che quella di ieri non è stata una “via di fuga”. E poi ci sono i teodem. Lettura controversa, dunque, per la giornata politica di questo venerdì di inizio agosto.
È il botta e risposta fra i democratici a rivelare lo stato d’animo. Binetti, Bobba, Carra, Calgaro, Lusetti, Musella, Ria e Sarubbi (i teodem e i cattolici più intransigenti) firmano un comunicato per dire che il «Pd con sofferta mediazione ha offerto una importante manifestazione di unità e di compattezza non partecipando al voto sul conflitto di attribuzione», e aggiungono, in sintesi, che alla fine ha avuto la meglio la posizione dei «rutelliani», che non vogliono «collaborare in nessun modo a trasformare un dramma personale e familiare in una sentenza di morte». Il passo successivo è stato il deposito di un loro progetto di legge sul testamento biologico nel quale si prevede un deciso «no» all’eutanasia e all’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale del paziente. I malumori e le prese di distanza sono stati immediati. Non solo tra gli ex ds e gli ex popolari. Anche dagli stessi rutelliani sono arrivati i distinguo. «Non se esista nel Pd una corrente “rutelliana” - ha commentato a caldo Roberto Della Seta - ma di sicuro i rutelliani del Pd, cioè coloro che in questi anni, dalla nascita del Democratici in poi, hanno condiviso l’esperienza collettiva rappresentata da Rutelli, non possono essere confusi con le posizioni dei cosiddetti “teodem”, sul caso Englaro come in generale sulle questioni eticamente sensibili». Un colpo, per la minicorrente dei cattolici «duri e puri» che durante la scorsa legislatura ha cercato di imporre la linea al partito minacciando ogni volta di far mancare i voti necessari alla maggioranza a Palazzo Madama. Il loro “peso specifico” è in caduta libera eppure il Pd non può ignorare le posizioni che esprimono e che rappresentano una fetta di elettorato cattolico.
Di contro, nel pomeriggio il partito del Nazareno ha registrato come un proprio successo l’ approvazione a Palazzo Madama - il Pdl non ha partecipato al voto - di un ordine del giorno presentato dal Pd (firmatari Anna Finocchiaro, Luigi Zanda e Nicola La Torre) in cui si chiede che entro la fine dell’anno si arrivi a dotare il paese di una legge sul testamento biologico. Proposito auspicato anche dallo stesso presidente Renato Schifani. Ma il percorso - malgrado le intenzioni - non si annuncia per niente facile. Sarà importante giungere a maggioranze trasversali perché nello stesso Pd, ancora una volta, i teodem annunciano battaglia. Non sono d’accordo su uno dei punti fondamentali - e per questo non l’hanno sottoscritto - del disegno di legge depositato a Palazzo Madama, (primi firmatari Ignazio Marino, Anna Finocchiaro e Vittoria Franco) firmato da 101 senatori. Tra i 23 articoli che lo compongono c’è anche quello che prevede l’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale nei casi in cui le condizioni del paziente siano disperate. «Farraginoso, complesso e complicato approvare un testo come quello a cui ha lavorato Marino», commenta Paola Binetti avvisando che i teodem, «ma anche tanti altri del partito» non voteranno mai una legge che prevede l’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale. Per loro quella resta «una sentenza di morte». «Abbiamo già presentato una nostra proposta di legge, anzi tre», spiega la senatrice. Sintetica la risposta di un senatore Pd: «Abbiamo 101 firme per un testo di legge che è un grande lavoro di sintesi. I teodem? Non sono loro il partito».

Pd. Chiesta accelerazione della legge sul testamento biologico

l’Unità 2.8.08
Pd. Chiesta accelerazione della legge sul testamento biologico
Il non voto lascia strascichi. Tra rutelliani e teodem...
di Maria Zegarelli

Giornata controversa nel Partito democratico alle prese in Senato con il voto sul conflitto di attribuzione per il caso Eluana. Passi avanti verso un punto di sintesi, come il progetto di legge sul testamento biologico depositato con la firma di 101 senatori tre mesi fa, ma anche tensioni, come dimostra la decisione di non partecipare al voto dettata dalla consapevolezza che quello resta un terreno minato, malgrado le dichiarazioni unanimi sul fatto che quella di ieri non è stata una “via di fuga”. E poi ci sono i teodem. Lettura controversa, dunque, per la giornata politica di questo venerdì di inizio agosto.
È il botta e risposta fra i democratici a rivelare lo stato d’animo. Binetti, Bobba, Carra, Calgaro, Lusetti, Musella, Ria e Sarubbi (i teodem e i cattolici più intransigenti) firmano un comunicato per dire che il «Pd con sofferta mediazione ha offerto una importante manifestazione di unità e di compattezza non partecipando al voto sul conflitto di attribuzione», e aggiungono, in sintesi, che alla fine ha avuto la meglio la posizione dei «rutelliani», che non vogliono «collaborare in nessun modo a trasformare un dramma personale e familiare in una sentenza di morte». Il passo successivo è stato il deposito di un loro progetto di legge sul testamento biologico nel quale si prevede un deciso «no» all’eutanasia e all’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale del paziente. I malumori e le prese di distanza sono stati immediati. Non solo tra gli ex ds e gli ex popolari. Anche dagli stessi rutelliani sono arrivati i distinguo. «Non se esista nel Pd una corrente “rutelliana” - ha commentato a caldo Roberto Della Seta - ma di sicuro i rutelliani del Pd, cioè coloro che in questi anni, dalla nascita del Democratici in poi, hanno condiviso l’esperienza collettiva rappresentata da Rutelli, non possono essere confusi con le posizioni dei cosiddetti “teodem”, sul caso Englaro come in generale sulle questioni eticamente sensibili». Un colpo, per la minicorrente dei cattolici «duri e puri» che durante la scorsa legislatura ha cercato di imporre la linea al partito minacciando ogni volta di far mancare i voti necessari alla maggioranza a Palazzo Madama. Il loro “peso specifico” è in caduta libera eppure il Pd non può ignorare le posizioni che esprimono e che rappresentano una fetta di elettorato cattolico.
Di contro, nel pomeriggio il partito del Nazareno ha registrato come un proprio successo l’ approvazione a Palazzo Madama - il Pdl non ha partecipato al voto - di un ordine del giorno presentato dal Pd (firmatari Anna Finocchiaro, Luigi Zanda e Nicola La Torre) in cui si chiede che entro la fine dell’anno si arrivi a dotare il paese di una legge sul testamento biologico. Proposito auspicato anche dallo stesso presidente Renato Schifani. Ma il percorso - malgrado le intenzioni - non si annuncia per niente facile. Sarà importante giungere a maggioranze trasversali perché nello stesso Pd, ancora una volta, i teodem annunciano battaglia. Non sono d’accordo su uno dei punti fondamentali - e per questo non l’hanno sottoscritto - del disegno di legge depositato a Palazzo Madama, (primi firmatari Ignazio Marino, Anna Finocchiaro e Vittoria Franco) firmato da 101 senatori. Tra i 23 articoli che lo compongono c’è anche quello che prevede l’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale nei casi in cui le condizioni del paziente siano disperate. «Farraginoso, complesso e complicato approvare un testo come quello a cui ha lavorato Marino», commenta Paola Binetti avvisando che i teodem, «ma anche tanti altri del partito» non voteranno mai una legge che prevede l’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale. Per loro quella resta «una sentenza di morte». «Abbiamo già presentato una nostra proposta di legge, anzi tre», spiega la senatrice. Sintetica la risposta di un senatore Pd: «Abbiamo 101 firme per un testo di legge che è un grande lavoro di sintesi. I teodem? Non sono loro il partito».