domenica 3 agosto 2008

Per restare unito il pd se ne sta zitto

il Riformista 1.8.08
Per restare unito il pd se ne sta zitto
Ora la Procura chiede di fermare la sentenza
di Alessandro Calvi

Corte Costituzionale e Corte di Cassazione. Entrambe potrebbero occuparsi molto presto, direttamente o indirettamente, del caso di Eluana Englaro. Si tratta della ragazza da oltre 16 anni in stato di coma vegetativo permanente sulla quale di recente si è pronunciata, sulla base di una sentenza della Cassazione, la corte di appello di Milano, autorizzando la sospensione dell'alimentazione forzata.
Ebbene, proprio contro quella sentenza della Cassazione si è mossa ieri la Camera che ha dato il suo via libera al conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, chiedendo che la Corte Costituzionale stabilisca se la Cassazione abbia interferito o meno con le prerogative del legislatore. Lo stesso dovrebbe fare oggi il Senato. Se il Parlamento va al frontale con la Cassazione, la procura generale di Milano ha deciso di impugnare la sentenza della corte di appello, ricorrendo proprio in Cassazione. Insomma, un intreccio quasi inestricabile in cui rischia di finire stritolato Beppino Englaro, il papà di Eluana, che ieri, per bocca del legale di famiglia, aveva fatto sapere di voler andare avanti, dando esecuzione alla sentenza della corte di appello di Milano. Ora, però, l'iniziativa della procura generale potrebbe portare in linea teorica alla sospensione della esecutività di quella sentenza, effetto che invece l'iniziativa parlamentare non poteva avere.
Dunque, Beppino Englaro rischia, in un attimo, di vedersi sfuggire dalle mani ciò per cui aveva combattuto, in nome della figlia, per tanti anni ovvero, come ha spesso detto lui stesso, la possibilità di «liberarla». E comunque la pressione sulle sue spalle sta divenendo davvero forte. Quella della magistratura milanese, certo, ma anche quella della politica.
Ad aprire la strada alla possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione tra Parlamento e Cassazione era stata una iniziativa del Pdl al Senato. Alla fine, però, complice il dibattito sulla manovra economica che si è preso la precedenza a Palazzo Madama, è arrivata prima la Camera che ha dato un via libera scontato ma anche sofferto. Che infatti Pd e Pdl debbano fare i conti con qualche smagliatura non è un segreto. A favore si è espresso il Pdl, seppure con qualche importante dissenso come quello di Benedetto Della Vedova - ex radicale come Quagliariello con il quale si è giocato quasi un derby. A favore anche Lega e Udc. Contro, invece, l'Idv. E contro sarebbero stati anche i radicali se non fossero stati impegnati a occupare le stanze della commissione di vigilanza sulla Rai. «Niente Aventino», era la richiesta al Pd. Invece, alla fine, Aventino è stato perché il Pd ha preferito non votare. La ragione l'ha spiegata ieri su queste pagine il vicepresidente del Senato, Vannino Chiti, sottolineando che il Pd non avrebbe partecipato al voto per non legittimare una «operazione politica cinica» e l'uso «strumentale di un dramma umano».
E così la giornata di ieri è terminata con un rimbalzo di notizie tra Parlamento e tribunali, tra Roma e Milano. E con il via libera a portare la decisione della Cassazione all'attenzione della Consulta. Soddisfatto, naturalmente, il Pdl. E soddisfatti anche i teodem del Pd per la «manifestazione di unità» data dal partito «non partecipando al voto». È una soddisfazione che porta con sé l'annuncio di una nuova proposta di legge sul testamento biologico che darà qualche grattacapo ai laici del partito. E, anche per questo, quella dei teodem è una soddisfazione che suona quasi come una beffa per il resto del Pd, costretto - anche per evitare di rendere pubbliche le divisioni al proprio interno - a ripiegare sulla strategia del silenzio, se non fosse per una lettera inviata da Antonello Soro a Gianfranco Fini per chiedere una sessione parlamentare dedicata al fine vita.
Oggi si replica in Senato. Non sono previste novità di rilievo se non un ordine del giorno del Pd che, nei contenuti, ricalca la lettera di Soro a Fini. Qualche mal di pancia potrebbe venire a galla nel centrodestra - anche qui ricalcando lo schema già andato in scena alla Camera - ma da quelle parti nessuno sembra agitarsi più di tanto. Il Pd, invece, non voterà, proprio come a Montecitorio. E ieri Donatella Poretti ha confermato lo marcamento radicale anche al Senato.
Insomma, si replica, con un Pd che ieri, se non ci fossero stati i radicali, per il timore di apparire diviso sarebbe rimasto in silenzio, trincerato dietro una posizione ufficiale che è quella di non legittimare l'operazione del Pdl. Si tratta di una posizione comprensibile e che fa perno sulla lettera di Soro a Fini e sull'ordine del giorno portato oggi in Senato per dimostrare che non è vero che il partito abbia perso la voce su temi così importanti. Ma è anche una posizione che, proprio nel chiedere che il Parlamento si attivi sul fine vita e nel negare che il non voto sia dovuto alle divisioni interne, non spiega come mai per ben due anni nella scorsa legislatura il Parlamento non sia stato in grado di farla quella legge. E allora il centrosinistra in Parlamento aveva la maggioranza.

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