domenica 14 aprile 2013

Sì ai pantaloni, vincono le deputate turche

La Repubblica 
12.04.2013
Sì ai pantaloni, vincono le deputate turche
Una norma del ’23 le costringeva a indossare la gonna in Parlamento. Due anni di proteste
 Marco Ansaldo

Il caso di Safak Pavey, che ha una protesi alla gamba, ha portato alla modifica della legge

ISTANBUL - Le deputate della Turchia sono un gruppo folto (78, su 540 parlamentari). Spesso sono signore dotate non solo di vis polemica e di capacità politiche di buon livello, ma anche di grande femminilità. E ieri sono state in grado di vincere una battaglia di forte impatto sull´opinione pubblica locale e internazionale per i loro diritti civili. Il Parlamento di Ankara, infatti, ha decretato che nelle aule dell´Assemblea ora anche le donne potranno indossare i pantaloni.
Il regolamento interno prevedeva ancora oggi una norma desueta, però rispettata, sull´abbigliamento delle onorevoli. Dovevano per l´appunto presentarsi rigorosamente in gonna. Non stretta e sotto il ginocchio. Una regola che, fino a ieri, andava anche oltre gli austeri ambienti istituzionali, arrivando negli uffici pubblici e nelle rappresentanze diplomatiche. C´è ancora chi ricorda quando, in un´ambasciata, un´impiegata si presentò al mattino al lavoro indossando un paio di normalissimi calzoni, e fu redarguita con il consiglio di portare un capo di abbigliamento più appropriato.
Ma la Turchia del 2013, che si sta trasformando a vista d´occhio sotto il profilo economico, ambendo non solo ad entrare nell´Unione Europea, ma a diventare nel giro di pochi anni uno dei dieci Grandi al mondo (secondo gli auspici del Presidente della Repubblica, Abdullah Gul), non può rimanere al palo su questioni altrove superate da tempo. Ed è così che è nata l´idea – ben appoggiata, è necessario dirlo, anche dalla parte maschile del Parlamento turco – di eliminare quella norma così desueta. La proposta di modifica della legge è stata presentata due anni fa. Risale infatti ad allora la polemica descritta sui giornali di Istanbul, la capitale mediatica del Paese, per le foto pubblicate sulla deputata Safak Pavey, parlamentare del principale gruppo di opposizione, il Partito repubblicano del popolo, di ispirazione socialdemocratica, fondato da Mustafa Kemal, detto Ataturk, padre della Turchia moderna. La donna portava infatti una protesi alla gamba, resa ben visibile dalla gonna che la legge la costringeva a indossare. Da lì cominciò il dibattito sull´opportunità di modificare quell´articolo 56 del regolamento che, a molti, appariva ormai da buttare. E ieri i deputati hanno infine dato il loro via libera.
Il divieto risaliva addirittura alla fondazione della Repubblica turca, nel 1923. Dove la norma oggi incriminata prevedeva espressamente che le donne in Parlamento potessero indossare solo la gonna. A suo tempo la misura era stata introdotta per "deislamizzare" la vita pubblica, in un Paese che usciva dalle rovine dell´Impero ottomano. Alle deputate era vietato non solo indossare il velo, ma anche i pantaloni islamici larghi, che pure cancellavano le forme. Facile ora intuire dove porterà questa forma di liberalizzazione: a una battaglia parlamentare volta a togliere anche il divieto di indossare il velo. I laici si oppongono al copricapo, perché lo considerano non solo un simbolo religioso, ma un elemento di appartenenza anche politica al partito islamico moderato da 10 anni al potere in Turchia. La svolta di ieri prelude così a un confronto più aspro proprio sul velo. E l´ispiratore della riforma è il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) del premier islamico Recep Tayyip Erdogan.