martedì 4 novembre 2008

Il Pd organizza il processo alla Binetti Gli ex dc lo smontano

Il Pd organizza il processo alla Binetti Gli ex dc lo smontano

Libero del 4 novembre 2008, pag. 14

di Elisa Calessi

Se non altro Paola Binetti ha battuto un record. Non era mai successo, infatti, che alla Commissione di garanzia del Partito democratico venisse sottoposta una frase. L’oggetto del contendere, che, forse (ma i dubbi sono tanti), porterà a un "processo" disciplinare, è una presa di posizione del deputato del Pd in difesa di un nota del Vaticano che invitava a prestare più attenzione, nell’ammissione dei seminaristi, per chi ha orientamenti omosessuali. Giusto, ha detto Binetti al Corriere della Sera, perché «tendenze omosessuali radicate» possono portare al «rischio pedofilia». Si è scatenato un putiferio. Andrea Bendino e altri gay del Pd hanno presentato ricorso ai Garanti. Ieri Paola Concia, altra esponente omosessuale, ha scritto una lettera a Walter Veltroni, dicendo che la questione è «politica». Binetti si è resa protagonista di un «atto di odiosa e intollerabile omofobia». Altro che libertà di espressione. «Le tue», le ha detto Franco Grillini, «non sono idee ma calunnie, che sono reato». Molto più cauta Imma Battaglia, leader del movimento omosessuale, che ha scritto a Binetti dicendosi contraria alla sua espulsione. «Ma basta conl a caccia alle streghe gay». L’accusata, presunta cacciatrice di streghe, le ha risposto con una lettera in cui spiega che il suo era un «criterio di prudenza», intendeva sottolineare «il rischio che si poteva presentare in alcuni possibili preti omosessuali, anche per i compiti di formazione accanto ai giovani». La vicenda americana, ricorda, è lì a provarlo.



La rivolta, però, non è solo dei gay. Silenziosa, ma non meno forte, è l’irritazione dell’area cattolica del Pd. Per Pierluigi Castagnetti, l’esposto è «totalmente irricevibile» : «Non voglio credere che la commissione di Garanzia del Pd possa occuparsene». Perché «si può acconsentire o dissentire con le opinioni di chiunque, ma l’unica cosa certa è che in un partito democratico non esiste il reato d’opinione». Diversamente, «vorrebbe dire che non esisterebbe il Partito democratico, esisterebbe una cosa in cui non solo la Binetti ma neppure io e tantissimi altri potrebbero starci». Prende le sue difese anche Renzo Lusetti: «Francamente», dice a libero, «il ricorso mi pare eccessivo. Si sapeva che nel Pd, su certi argomenti, c’erano convinzioni differenti». Si può condividere o meno quanto lei ha detto, «ma questa è materia politica, mi auguro che i provibiri non diano seguito al ricorso». Della stessa opinione è il prodiano Franco Monaco, secondo cui è «fuori luogo invocare il giudizio della Commissione di garanzia», visto che «sulle opinioni, anche le più eccentriche, tanto più in un partito laico e democratico, è meglio affidarsi alla libera discussione piuttosto che alla disciplina». Polemico è il commento di Mario Lettieri: Binetti non si preoccupi perché, tanto, «qualsiasi decisione non avrà alcuna conseguenza». Prova ne è, dice, il ricorso che lui ha presentato per l’illegittimità dell’assemblea nazionale. Gli hanno dato ragione, l’organismo è ancora h. E un assist all’accusata arriva persino dai Radicali. La commissione, dice Marco Cappato, farebbe meglio ad «autosciogliersi» perché il loro riunirsi può avere solo una funzione: «violare la Costituzione e il diritto alla libertà di espressione». Se il Pd vuole occuparsi di laicità, «lo deve fare sul piano delle riforme, non del controllo disciplinare sulle dichiarazioni dei suoi parlamentari». In ogni caso non è detto che il "processo" si faccia. Come spiega a libero Bianca Trillò, avvocato civilista e uno dei garanti, i ricorsi finora esaminati hanno sempre riguardato questioni procedurali. Uno è quello di Lettieri. Un altro riguardava l’elezione del segretario regionale in Sardegna. Trillò è prudente: «Finché non vedo le carte, non dico nulla». Detto questo, «bisogna valutare se la commissione è competente sulla materia». Cioè se può esprimersi su materia politica. Senza contare che l’organismo dei garanti è una sorta di Cassazione. Come nella giustizia ordinaria, è l’ultimo gradino a cui appellarsi. «In genere ci si rivolge prima ai collegi di garanzia regionali ». Oggi si riuniranno per esaminare il ricorso.

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