venerdì 9 aprile 2010

«Decide la donna con il medico, non i politici»

l’Unità 8.4.10
Intervista a Ignazio Marino
«Decide la donna con il medico, non i politici»
Il senatore Pd: Cota voleva bloccare l’uso del farmaco perché ha vinto le elezioni. La destra ha fatto ritardare di anni l’arrivo della Ru486. E su biotestamento il Pd sia compatto
di Natalia Lombardo

Abortire per una donna è sempre una sconfitta ma la scelta su quale metodo usare nasce solo dal dialogo intimo fra la donna e il medico, non può essere un presidente di Regione, un ministro o una commissione parlamentare a imporla». Ignazio Marino, cattolico del Pd, è nel suo studio al Senato; oggi si riunisce la sua componente «Cambia l’Italia». Ieri si è insediata la commissione del ministero della Salute per monitorare l’uso della pillola e capire, dicono, se c’è il rischio che si effettuino «aborti a domicilio». Una forma di controllo? «Si sta confondendo tra problemi etici e clinici. Quando una donna ha preso la drammatica decisione di interrompere una gravidanza, ha già affrontato la questione etica. Il medico decide con la donna quale sia il percorso migliore, che sia chirurgico o farmacologico, spiegando i rischi di entrambi. Magari ci sono donne che hanno paura di un’anestesia totale per una brutta esperienza avuta prima. Il ginecologo, oggi, 7 aprile 2010, deve dire che esistono diversi tipi di aborto, uno dei quali con il farmaco Ru486. Poi la scelta nasce solo dal suo dialogo intimo con la donna».
I detrattori della Ru486 reclamano il ricovero ospedaliero obbligatorio, anche se la pillola viene somministrata in due tempi. Un’ambiguità voluta? «Può esistere un rischio concreto se una donna assume il farmaco e poi resta separata dal contatto immediato con una struttura sanitaria. Ma è difficile che accada in Italia. Occorre un monitoraggio di tutto il percorso, o col ricovero finché l’aborto non è completato, o un day hospital con assoluto controllo fino alla fine. Ma tutto ciò si muove nel binario delle raccomandazioni scientifiche e del rispetto della legge 194. E poi esiste la libertà della donna di firmare la cartella clinica e uscire dall’ospedale».
Tra leghisti o politici del Pdl, maschi, c’è l’idea sprezzante che la pillola possa essere usata con leggerezza. «Nasce il sospetto che i politici di destra abbiano ritardato l’uso della Ru486 di due anni, dopo che era stato autorizzato dalla Agenzia Europea del Farmaco e la stessa Aifa ha tardato molto a dare il via. Poi con l’indagine della commissione Sanità la destra ha ritardato di alcuni mesi l’uso della pillola in Italia, convinti che il solo aborto chirurgico fosse un deterrente. Un discorso né sensato, né rispettoso per la donna. Si tratta, semmai, di prevenire l’aborto con più informazione sulla contraccezione, soprattutto fra le donne immigrate».
Il sottosegretario Mantovano non lo nega: «Si cambia la Costituzione, perché non si può toccare la 194?». L’obiettivo è questo?
«Da trent’anni c’è la 194 e gli aborti sono dimezzati. È una delle leggi più equilibrate. Uno Stato laico deve avere una legge sull’aborto. Ricordo negli anni 70 a Roma arrivare al pronto soccorso donne sanguinanti per gli aghi da calza infilati dalle mammane nell’utero, altre che andavano nelle cliniche dove si effettuavano gli aborti clandestini; chi se lo poteva permettere volava a Londra, dove era libero. Ecco, non voglio tornare a questo».
I proclami di Cota e di Zaia hanno bloccato la partenza della Ru486 negli ospedali? «Il ministro Fazio li ha fermati con un linguaggio disarmante: c’è la legge, leggetela e rispettatela. Il ritardo c’è stato, ma l’intervento del ministro ha impedito che si propagasse in altre regioni».
Per Livia Turco è «federalismo etico» illegale e ingiusto e chiama Fazio a riferire in Parlamento. «Cota ha deciso che questo farmaco non si sarebbe dovuto usare solo perché ha vinto le elezioni. Questa destra pensa di avere potere su tutto perché ha vinto. Sul testamento biologico, che riprende in commissione: l’articolo 3 obbliga all’alimentazione e all’idratazione forzata, a introdurre un tubo nell’intestino anche a chi non lo voleva. Va contro la Costituzione».
I dissidenti nel centrodestra riusciranno a modificare il testo? «Con Fini condividiamo l’idea che i familiari possano scegliere se usare o no quelle terapie. Il Pd dev’essere compatto con un voto unico. Spero che Bersani non lasci libertà di coscienza: l’obbligo di cura non è libertà, ma sopraffazione».

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