l’Unità 13.3.09
Testamento biologico il Partito democratico vota in ordine sparso in commissione
Passa il testo Calabrò con due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente
Finocchiaro: quella legge orribile sfascia la Carta
di Susanna Turco
Il Pd si divide nel voto finale in commissione Sanità al Senato sul ddl Calabrò. Finocchiaro: «È un testo che sfascia la Carta. Possiamo solo diminuire il danno. Un referendum? Non so se riusciremmo a sostenerlo»
«Cercheremo di ridurre il danno. Il referendum? Non so se riuscirebbe»
Poche le speranze
Anna dei miracoli, quella stessa che tante volte è riuscita nell’opera di tenere insieme il gruppo del Senato, si abbatte sul seminario di LibertàEguale dedicato al testamento biologico come un ciclone. Stavolta la Finocchiaro il miracolo in mano non ce l’ha. Ha piuttosto un foglietto. Gliel’ha portato un collaboratore e lei, dopo averlo letto, lo getta davanti a sé con un moto di stizza. Di più, di ira funesta. Al Senato, il gruppo del Pd in commissione Sanità ha appena votato in ordine sparso il ddl Calabrò sul fine vita: due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente. E dire che subito prima i senatori si erano riuniti per concordare una linea: l’indicazione di partenza era il no, pareva la mediazione fosse non votare, ma poi.
Con tutto questo negli occhi, l’ennesima divisione e quel foglio che la rappresenta, la Finocchiaro occhi neri e capelli uguali ma virati argento prova a spiegare quel che davvero ha capito, alla fine, dopo tanti mesi alla ricerca di «una mediazione confortevole», che nei fatti non c’è, tra chi nel Pd sta con Marino e chi no. «In questi giorni», dice la Finocchiaro strappando in due il suo foglietto, «mi si è aperta una finestra che va oltre il fine vita».
Poco dopo lo spiegherà anche ai suoi senatori, convocati subito per una riunione irrespirabile. Ma adesso Anna dei miracoli ha un tempo diverso, e prima di dire che il ddl Calabrò è «un testo inutile e orribile, che sfascia la Costituzione», spiega che il punto di partenza è l’articolo 32 della Carta. Quello che dice che non si può sottoporre nessuno a trattamenti sanitari contro la sua volontà. Quello che tante volte è stato tirato di qua e di là. «Ma in realtà non siamo neanche di fronte a un fraintendimento tra noi e la maggioranza. Considerare o no il sostegno vitale un è un alibi». Un colpo di rasoio, su polemiche di mesi.
«Il fatto è diverso, più profondo. È che la gerarchia dei valori sulla base dei quali è stato scritto il patto costituzionale si sta sgretolando». Lo dice così, senza particolare enfasi ma con infinita durezza, dividendo in quattro il suo foglietto. «Quel patto sulla libertà dell'individuo non tiene più, aggiunge, non assicura più tutti nello stesso modo. È come se si stesse regredendo, come se la Costituzione non fosse più assunta nella sua vigenza». Una norma vige se è condivisa: «Se non la riconosci più mostra la sua fragilità». Quella che lei ha visto sul fine vita.
«Mi sono sentita in imbarazzo, e non ho votato», spiega alle agenzie la senatrice del Pd Chiaromonte. «Ci siamo astenuti come al solito quando si dà mandato al relatore», dice la Bianchi. Intanto, Anna del non miracolo spiega che invece «si deve ripartire dall’articolo 32, che celebrà la libertà umana». Però, certo, è difficile. «Non so quanto il Paese comprenda che sul ddl Calabrò c’è un ribaltamento tra lo Stato e la persona sulle decisioni che riguardano il corpo. Si torna indietro».
Ma è questa, alla fine, la legge che passerà. «Non mi faccio illusioni, né penso a strabilianti modifiche nel voto segreto». Il punto però è ancora oltre. «Forse ci siamo sbagliati. Pensavamo che la risposta nel Paese sarebbe stata un’altra. Ci siamo sbagliati, pensando che queste cose fossero già nella coscienza della gente. Forse non è così». Per questo nemmeno il referendum servirà: «Non sono così sicura che saremmo in grado di sostenerlo. Quello sulla legge 40 è un precedente che mi inquieta». Poi certo, «continueremo con la presenza, le proposte, nel cercare comunque un risultato, anche piccolo. Diminuire il danno, ma più di questo non credo». Quel foglietto che si girava tra le mani è diventato una pallottolina, quasi non si vede più.
Testamento biologico il Partito democratico vota in ordine sparso in commissione
Passa il testo Calabrò con due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente
Finocchiaro: quella legge orribile sfascia la Carta
di Susanna Turco
Il Pd si divide nel voto finale in commissione Sanità al Senato sul ddl Calabrò. Finocchiaro: «È un testo che sfascia la Carta. Possiamo solo diminuire il danno. Un referendum? Non so se riusciremmo a sostenerlo»
«Cercheremo di ridurre il danno. Il referendum? Non so se riuscirebbe»
Poche le speranze
Anna dei miracoli, quella stessa che tante volte è riuscita nell’opera di tenere insieme il gruppo del Senato, si abbatte sul seminario di LibertàEguale dedicato al testamento biologico come un ciclone. Stavolta la Finocchiaro il miracolo in mano non ce l’ha. Ha piuttosto un foglietto. Gliel’ha portato un collaboratore e lei, dopo averlo letto, lo getta davanti a sé con un moto di stizza. Di più, di ira funesta. Al Senato, il gruppo del Pd in commissione Sanità ha appena votato in ordine sparso il ddl Calabrò sul fine vita: due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente. E dire che subito prima i senatori si erano riuniti per concordare una linea: l’indicazione di partenza era il no, pareva la mediazione fosse non votare, ma poi.
Con tutto questo negli occhi, l’ennesima divisione e quel foglio che la rappresenta, la Finocchiaro occhi neri e capelli uguali ma virati argento prova a spiegare quel che davvero ha capito, alla fine, dopo tanti mesi alla ricerca di «una mediazione confortevole», che nei fatti non c’è, tra chi nel Pd sta con Marino e chi no. «In questi giorni», dice la Finocchiaro strappando in due il suo foglietto, «mi si è aperta una finestra che va oltre il fine vita».
Poco dopo lo spiegherà anche ai suoi senatori, convocati subito per una riunione irrespirabile. Ma adesso Anna dei miracoli ha un tempo diverso, e prima di dire che il ddl Calabrò è «un testo inutile e orribile, che sfascia la Costituzione», spiega che il punto di partenza è l’articolo 32 della Carta. Quello che dice che non si può sottoporre nessuno a trattamenti sanitari contro la sua volontà. Quello che tante volte è stato tirato di qua e di là. «Ma in realtà non siamo neanche di fronte a un fraintendimento tra noi e la maggioranza. Considerare o no il sostegno vitale un è un alibi». Un colpo di rasoio, su polemiche di mesi.
«Il fatto è diverso, più profondo. È che la gerarchia dei valori sulla base dei quali è stato scritto il patto costituzionale si sta sgretolando». Lo dice così, senza particolare enfasi ma con infinita durezza, dividendo in quattro il suo foglietto. «Quel patto sulla libertà dell'individuo non tiene più, aggiunge, non assicura più tutti nello stesso modo. È come se si stesse regredendo, come se la Costituzione non fosse più assunta nella sua vigenza». Una norma vige se è condivisa: «Se non la riconosci più mostra la sua fragilità». Quella che lei ha visto sul fine vita.
«Mi sono sentita in imbarazzo, e non ho votato», spiega alle agenzie la senatrice del Pd Chiaromonte. «Ci siamo astenuti come al solito quando si dà mandato al relatore», dice la Bianchi. Intanto, Anna del non miracolo spiega che invece «si deve ripartire dall’articolo 32, che celebrà la libertà umana». Però, certo, è difficile. «Non so quanto il Paese comprenda che sul ddl Calabrò c’è un ribaltamento tra lo Stato e la persona sulle decisioni che riguardano il corpo. Si torna indietro».
Ma è questa, alla fine, la legge che passerà. «Non mi faccio illusioni, né penso a strabilianti modifiche nel voto segreto». Il punto però è ancora oltre. «Forse ci siamo sbagliati. Pensavamo che la risposta nel Paese sarebbe stata un’altra. Ci siamo sbagliati, pensando che queste cose fossero già nella coscienza della gente. Forse non è così». Per questo nemmeno il referendum servirà: «Non sono così sicura che saremmo in grado di sostenerlo. Quello sulla legge 40 è un precedente che mi inquieta». Poi certo, «continueremo con la presenza, le proposte, nel cercare comunque un risultato, anche piccolo. Diminuire il danno, ma più di questo non credo». Quel foglietto che si girava tra le mani è diventato una pallottolina, quasi non si vede più.
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