venerdì 6 marzo 2009

Slitta a martedì l’esame degli emendamenti in commissione al Senato. Scontro sul consenso informato

Liberazione 6.3.09
Slitta a martedì l’esame degli emendamenti in commissione al Senato. Scontro sul consenso informato
Bio-etica, braccio di ferro Pd-Pdl. Ma Bossi: «Urge trovare l’intesa»


Slitta a martedì prossimo il voto in commissione Sanità al Senato sugli emendamenti al testo Calabrò in materia di fine vita, che approderà in Aula il 18 marzo. Lo ha stabilito l’ufficio di presidenza riunito nel pomeriggio a Palazzo Madama. Di fatto, continua il braccio di ferro con l’opposizione che ieri ha presentato i suoi 352 sub-emendamenti e si dichiara insoddisfatta delle aperture del Pdl. «No alle furbizie - dice la presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro - va cambiata la filosofia del testo proposto dalla maggioranza ». L’ex capogruppo del Pd in commissione, il medico e laico Ignazio Marino, minaccia: «Se la maggioranza non chiarirà che tipo di legge vuole e pensa di impedire alle persone di poter togliere il proprio consenso a una terapia, allora farò ostruzionismo». Ma anche la cattolica Dorina Bianchi, che di recente ha preso il posto di Marino in commissione, non è più tenera e ammette che se non si supera il nodo del cosiddetto “consenso informato” da parte del paziente «non ci sono possibilità di dialogo» tra maggioranza e opposizione. La radicale Donatella Poretti: «Gli emendamenti del relatore Calabrò lasciano intatto il concetto che stabilisce sostanzialmente l’indisponibilità della vita per la persona, ma non per lo Stato e il medico». Interviene anche Massimo D’Alema sottolineando che «imporre la nutrizione forzata quando una persona si è espressa in altra direzione, magari con il testamento biologico, è incostituzionale. Si tocca il principio di libertà di cura. Rischiamo di fare una legge mostruosa, che ci mette fuori dai Paesi civili». L’Italia dei Valori è convinta che il Pdl voglia «lo scontro» e continua ad appellarsi al referendum che «demolirà la legge». Per il momento, dunque, non sortisce effetti l’appello di Umberto Bossi a trovare «assolutamente un accordo» sulla legge sul testamento biologico. Ciononostante, Il presidente del Senato Renato Schifani si dice «fiducioso» sul buon esito del dibattito tra maggioranza e opposizione perchè «ci sono i primi segnali positivi, ritengo che in questa occasione la concessione di più tempo per discutere sul provvedimento non sia una mossa dilatoria, ma ubbidisca all’esigenza di favorire momenti di confronto costruttivo». Il riferimento è alla decisione, presa la settimana scorsa, di far slittare i tempi del dibattito, causa le divisioni che si sono palesate anche nello stesso centrodestra (in testa, le critiche di Beppe Pisanu). Sul bio-testamento interviene anche il presidente della Pontificia Accademia per la vita, monsignor Rino Fisichella, invitando alla calma: le parti politiche impegnate nel dibattito non abbiano «nessuna fretta determinata da strumentalizzazioni, il confronto tra le diverse istanze» porti a una soluzione «condivisa». A questo punto, bisognerà aspettare la prossima settimana per capire come evolverà la situazione. Scontro sul consenso informato a parte, rimane l’incognita Francesco Rutelli che - si ricorderà - si era fatto promotore di una “terza via” molto apprezzata dal Pdl, ovvero l’affidamento delle scelte su idratazione e alimentazione all’alleanza terapeutica tra medico e paziente e non alle volontà del paziente espresse nella Dat (dichiarazione anticipata di trattamento). E’ prevedibile che l’ex leader dielle decida le sue mosse in prossimità del dibattito in aula. Spingere per la “terza via” potrebbe risultare conveniente per forzare in senso centrista gli equilibri interni al Pd, se ce ne sarà bisogno. E magari sarà così, visto che la “svolta a sinistra” del neosegretario Dario Franceschini (non gradita ai centristi Democratici) non accenna a raddrizzarsi. Non c’è solo il referendum invocato da Di Pietro a gettare ombre sulla futura legge sul fine vita. Dubbi vengono sollevati anche dai costituzionalisti, secondo i quali è facile immaginare un intervento della Consulta in materia. Il testo al vaglio del Senato, spiega Federico Pizzetti, docente di Istituzioni di diritto pubblico all’Università di Milano, «tende a fissare parametri oggettivi che sembrano prescindere dalla persona», stabilendo ad esempio che alimentazione e idratazione siano forme di sostentamento finalizzate ad alleviare la sofferenza. Ma la sofferenza va valutata «in base all’identità della persona» non in assoluto. Anche rimanere in vita in modo artificiale, come nel caso di «Piergiorgio Welby - aggiunge Pizzetti - può essere causa di sofferenza». Il caso Englaro, comunque, ragionano alcuni costituzionalisti nel corso di un seminario organizzato dall’Associazione Astrid di Giuliano Amato, è stato un caso «difficile » che ha sollevato molti dubbi dal punto di vista istituzionale, a partire dall’attribuzione dei poteri. «Il quesito - sottolinea Amato - è se il governo poteva sovrapporre la propria volontà a quella della magistratura». Domanda che ha suscitato risposte diverse, ma su un punto gli esperti sono d’accordo: «Il sistema delle garanzie ha tenuto - rileva Tania Groppi, ordinario di diritto pubblico all’Università di Siena - davanti agli “assalti” del potere politico». La politica ha avuto «una reazione abnorme» in mancanza di una legge. E proprio per la mancanza di una legge, aggiunge Groppi, «la Corte costituzionale» è stata ai margini del caso, anche se sarebbe stata quella più competente visto che si trattava di «diritti».

Nessun commento: