giovedì 5 giugno 2008

Ruffolo: difendo la laicità dall’offensiva di destra e Chiesa

l’Unità 28.5.08
Ruffolo: difendo la laicità dall’offensiva di destra e Chiesa
di Maria Zegarelli

Il professor Giorgio Ruffolo non crede affatto che il tema introdotto da Massimo D’Alema qualche giorno fa a conclusione dei lavori della summer school della Fondazione Italianieuropei sia privo di attualità. Non crede affatto, cioè, che la Chiesa sia immune dalla «tentazione demoniaca del potere». Anzi.
Professore, è davvero «sorprendente l’uscita di Massimo D’Alema», come scrive Avvenire, o il tema esiste davvero?
«L’intervento di D’ Alema è apparso opportuno e apprezzabile almeno sotto due aspetti importanti: il primo di carattere generale, riguarda la necessità di elevare il dibattito politico dalla piattezza in cui è caduto al livello delle grandi questioni che contraddistinguono il nostro tempo. Il secondo, più specifico, è la sortita che non posso che definire coraggiosa - ormai bisogna dire così - a difesa del laicismo, contro cui è partita un’offensiva che io ritengo insidiosa e pericolosa».
Perché pericolosa?
«È pericolosa per la democrazia, della quale il laicismo è parte integrante. D’Alema denuncia le due minacce: quella di una destra che pretende di riaffermare la religione come affare di Stato, come dimostrano le posizioni in Francia di Sarkozy, e quella di una Chiesa che è esposta alla tentazione demoniaca del potere - che una volta si chiamava potere temporale -, che è stata per la Chiesa stessa madre di tanti misfatti. D’altra parte D’Alema riafferma la necessità del dialogo fra laici e cattolici, ma anche su questo bisogna stare attenti a cosa significa».
Un dialogo che potrebbe «sacrificare» i temi «caldi»?
«È proprio così. Il dialogo è il linguaggio della democrazia, nessuno lo contesta. Ma è ben altro se sotto questa parola si contrabbanda un’altra cosa, cioè la pretesa di un riconoscimento politico di un partito cattolico trasversale che è stata una opzione mai abbandonata, ma che la Democrazia cristiana respinse sempre con decisione. Questa pretesa è assolutamente irricevibile. Le decisioni politiche passano per le istituzioni della democrazia, guai se si dovesse fare spazio a una procedura informale parallela. Questo non è un dialogo, è un condizionamento e il condizionamento non può essere accettato da una democrazia».
Emma Bonino parla della Chiesa come di un «governo ombra». Esagerazioni radicali?
«Il governo ombra va bene per il dialogo tra opposizione e maggioranza, non per il governo della democrazia che deve averne uno stabilito e legittimato dal consenso elettorale».
La questione di cui stiamo parlando si allarga al rapporto tra ragione e fede. All’incontro organizzato da Italianieuropei ha partecipato anche Remo Bodei che ha fatto una relazione molto importante. Bisogna domandarsi se è possibile un dialogo tra la ragione e la fede. Non credo: il dialogo comporta la possibilità di soluzioni di compromesso, la fede non prevede alcun compromesso. O si crede o non si crede. L’unico modo di rispettarsi reciprocamente tra credenti e non credenti è di non dialogare sull’argomento. La discussione politica è sacrosanta ma non deve tener conto delle convinzioni religiose che sono indiscutibili individualmente, ma che sono politicamente irricevibili. E qui stanno le ragioni profonde alla base della questione laica e della offensiva che investe il laicismo».
Questione italiana o «la questione»?
«Il problema del confronto tra ragione e fede investe l’intero modo di vivere e pensare del nostro tempo. Mi sembra che Bodei abbia affrontato questo tema e D’Alema lo abbia ripreso nelle sue conclusioni: il ritorno della fede non è una pensata di Pera ma un dato incontrovertibile del presente. Questo ritorno della fede è il fallimento di quel progetto umano che era inscritto nel pensiero umano dell’Illuminismo e che intendeva dare un senso alla storia, qui in questo mondo. L’esasperazione di quel concetto, nel comunismo, non nel marxismo che è filosofia molto più complessa, lo ha sfigurato degenerandolo in totalitarismo. Ed è proprio il fallimento del totalitarismo comunista, come di quello fascista, che ha discreditato il progetto umano e ha prodotto il ritorno della fede. Come dice Bodei, se l'identità collettiva è lacerata, se si perde la fiducia nello Stato, allora è facile che ritorni la fede nella provvidenza divina».
Ma non è compito della politica riproporre un progetto umano rispondente al nostro tempo?
«La politica deve riprendere in mano il grande progetto dell’illuminismo che oggi è insidiato in due modi. Da una parte la pretesa ecclesiastica di avere un monopolio su tutte le questioni che riguardano la vita sulla base del ragionamento che la vita appartiene a Dio e che quindi in nome di Dio devono prevalere le ragioni della Chiesa e non delle istituzioni. Ma qui c’è lo stesso processo sostitutivo che ha trasformato il messaggio di liberazione del comunismo nell’oppressione di Stalin. L’altra insidia risiede nel tuffarsi nell’accumulazione finanziaria e nel consumismo, il privatismo consumistico. Questo dovrebbe essere tutto il contrario del ritorno alla fede e infatti è denunciato esplicitamente dalle sommità ecclesiastiche. Ma allora come mai una destra che è legata a filo doppio al capitalismo turbolento è la più forte paladina del ritorno alla fede? Spetta alla sinistra, al Pd, offrire una alternativa che non può non essere che quella di riprendere le fila di un progetto umano che è stato interrotto».

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