giovedì 5 giugno 2008

Massimo D’Alema: «Rischi per lo Stato laico da un patto tra Chiesa e destra»

l’Unità 26.5.08
Massimo D’Alema: «Rischi per lo Stato laico da un patto tra Chiesa e destra»
di Andrea Carugati

In Italia c’è un rischio per la laicità dello Stato. Che si concretizzerà se la Chiesa «cederà alla tentazione demoniaca del potere, che già ha prodotto errori nella sua storia». Se cioè ci sarà un «patto di potenza» tra la Chiesa e la destra, un patto cementato da leggi che traducano la morale cattolica in norme «imposte a tutti». Massimo D’Alema lancia l’allarme sulla laicità durante la sua relazione conclusiva del seminario su “religione e democrazia”, organizzato dalla Fondazione Italianieuropei, che si è chiuso ieri a Marina di Camerota. Lo fa senza alcuna vis polemica o laicista, al termine di tre giorni di riflessioni alte, con intellettuali di fama internazionale come Remo Bodei e Tzvetan Todorov.
Secondo D’Alema questa alleanza tra Chiesa e destra metterebbe in pericolo il «carattere pluralistico, democratico e liberale dello Stato». Di qui il monito alle gerarchie cattoliche, affinché «non indirizzino il proprio peso politico da una parte, ottenendo in cambio la tutela di principi e valori che diventano leggi valide per tutti». Anche per chi cattolico non è, e su aborto e fecondazione, ad esempio, ha convinzioni morali diverse.
L’ex ministro degli Esteri inserisce questo concetto in una lunga relazione sulla crisi dell’Occidente, dopo la sconfitta delle ideologie di mercato che hanno dato spinta alla globalizzazione: crisi in cui la religione ha assunto un ruolo «di supplenza», di «identità e protezione» per società sempre più «smarrite e incerte sul proprio futuro». In questo contesto «la destra ha preso a prestito la religione come elemento coesivo nel conflitto dell’Occidente con altre civiltà, come è avvenuto, con le dovute differenze, nel mondo islamico». La destra lo ha fatto perché «è stata migliore interprete di ciò che si muove nel fondo delle nostre società».
E tuttavia questo esito, l’alleanza tra chiesa e destra, è tutt’altro che scontato: anzi, secondo D’Alema, il ritorno della religione in primo piano nello spazio pubblico potrebbe avere effetti di tutt’altro segno se la Chiesa non cederà alla tentazione del fondamentalismo: «Il sentimento religioso non solo non è incompatibile con la laicità, ma può ridare forza e prospettiva alla politica», spiega. Può essere uno di quegli «affluenti» di cui «la politica ha bisogno per tornare a suscitare passioni». Ma perché questo avvenga è necessario che all’unità ecclesiale si affianchi un forte «pluralismo delle scelte sociali e politiche». Che emergano le «linee di frattura dentro il movimento cattolico». Ed è necessario che la chiesa recuperi la sua «carica di universalità», che «non si confini in una alleanza con l’Occidente». D’Alema si richiama al Concilio, alla «Gaudium et spes» cita l’intervento di sabato qui al seminario di monsignor Piero Coda, presidente dell’Associazione teologica italiana, che aveva ricordato come «neanche un Papa possa mettere in discussione il Concilio Vaticano II, solo un nuovo Concilio può farlo». E aveva invitato a «non identificare le posizioni della chiesa con quelle della gerarchia», a guardare «anche a cosa matura e lievita nella base cattolica», nell’associazionismo. D’Alema accoglie questa prospettiva, attento a cosa si muove dentro la Chiesa e invita a più riprese a un «dialogo fecondo» tra laici e cattolici.
C'è spazio anche per un supplemento di riflessione sulla sconfitta elettorale. D'Alema cita l'analisi di Mauro Calise e dice: «Non abbiamo tenuto conto di queste sconvolgenti novità,ci siamo rivolti a un voto di opinione razionale, senza capire che stava tornando prepotentemente un voto identitario, mosso soprattutto da passioni e paure, anche dalla forza di argomenti irrazionali. La destra ha intercettato questo spostamento di pezzi di comunità». Secondo D'Alema, però è troppo semplicistico prendersela con «l’ignavia dei dirigenti», che accusarli di non aver fatto sentire abbastanza i valori del centrosinistra. «Io temo che le tante nostre buone ragioni, dalla pace, alla tolleranza, ai diritti, non riescano a costruire consenso per l’impotenza della politica, per l’indebolimento degli strumenti in grado di agire sulla realtà,a partire dallo stato nazionale». Conclude D’Alema: «Abbiamo passato tanto tempo a decostruire, dopo che la politica aveva suscitato aspettative ipertrofiche: ora è il momento di ricostruire, un riformismo senza visione del futuro è solo ingegneria sociale che non regge la sfida con fondamentalismi». «Ma è un programma di lungo respiro...». Intanto il lavoro della Fondazione va avanti: «Non voglio fare un monastero benedettino», sorride D’Alema. «Né fare dibattiti di sezione. Vogliamo rimettere in comunicazione politica e cultura, in un progetto collegato al Pd ma non partitico, capace di dialogare anche con altri».

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