mercoledì 25 febbraio 2009

Testamento biologico. Franceschini non ce la fa. Pd resta diviso

Liberazione 25.2.09
Testamento biologico. Franceschini non ce la fa. Pd resta diviso
di Angela Mauro

Se l'obiettivo era convincere la capogruppo in commissione Sanità al Senato, Dorina Bianchi, a firmare gli emendamenti del Pd sul testamento biologico, la missione del neosegretario Democratico, Dario Franceschini, a Palazzo Madama è fallita. Perchè al termine della riunione del gruppo, non solo la cattolica Bianchi conferma che non firmerà le proposte di modifica della presidente dei senatori Democratici Anna Finocchiaro, ma di fatto rafforza, a fine giornata, la linea annunciata in mattinata dal suo leader, Francesco Rutelli, con tanto di conferenza stampa.
Nel Pd del dopo-Veltroni, serrano le fila gli ex dielle rutelliani, via all'offensiva per farsi valere nel partito, pena la scissione.
Il casus belli è, appunto, il ddl sul "fine vita" in discussione in commissione al Senato, calendarizzato in aula per il 5 marzo. Oggi l'organismo presieduto da Antonio Tomassini dovrà esaminare i quasi 600 emendamenti presentati dall'opposizione al testo Calabrò. Prevista una seduta anche notturna per licenziare il provvedimento entro domani. E in mancanza di un accordo con Pd e Italia dei Valori, la maggioranza è comunque intenzionata a portare il proprio ddl in aula senza mediazioni. Verrebbe a quel punto approvato il disegno di legge messo a punto, tra le polemiche, dopo la morte di Eluana Englaro, testo che vieta la sospensione dell'alimentazione e idratazione anche ai pazienti capaci di intendere e di volere. La linea del Pd, confermata dal neoleader Franceschini all'assemblea che lo ha eletto sabato scorso e contenuta negli emendamenti presentati e non firmati dalla Bianchi, prevede che alimentazione e idratazione possano essere sospese se il paziente abbia espresso una volontà in tal senso nella cosiddetta Dat, la dichiarazione anticipata di trattamento. Rispetto garantito a chi nel partito ha idee diverse (libertà di coscienza), ma la linea è questa. Ed è qui che si è inserita la «mediazione» di Rutelli, per lo meno lui la definisce così. L'ex leader dielle e i suoi avevano già approvato la mozione del Pdl nella scorsa votazione in Senato, ora si fanno portavoce di una cosiddetta «terza via» che affida al medico curante ogni decisione sulla sospensione delle cure, escludendo assolutamente la possibilità che il paziente possa dire la sua nella Dat. Il Pdl risponde aprendo spiragli al dialogo, Rutelli da parte sua rincara convocando ieri una conferenza stampa per chiedere «pari dignità» alle diverse posizioni nel Pd sul tema e per negare propositi di scissione. Si dice «incavolato per l'alterazione sistematica della mie posizioni. Qui non si stanno facendo manovre di avvicinamento ad un altro partito (leggi Udc, ndr.), ma si sta discutendo una proposta di legge». Insomma, Rutelli non ci sta a passare «per uno che strappa, rompe, divide e peggio persegue secondi fini e strategie politiche di scissione o che rispondano a poteri esterni alla politica, come il Vaticano. Ogni posizione deve essere legittima».
La conseguenza è che la capogruppo in commissione, Dorina Bianchi, si ostina a non firmare le proposte di modifica del suo partito. «Non firmo e stop», dice al termine della riunione con Franceschini, con la presidente dei Senatori Anna Finocchiaro e gli altri componenti democratici della commissione Sanità. Pensare che fino a due settimane fa al posto della Bianchi c'era il laico, medico, Ignazio Marino, che avrebbe chiesto di essere sostituito per potersi occupare a tempo pieno della presidenza della commissione d'inchiesta su Igiene e Sanità, cui è stato eletto a dicembre. Normale avvicendamento, si sono affrettati a spiegare dal quartier generale del Pd, ma è certo che se oggi il capogruppo in commissione fosse ancora Marino, il neosegretario Franceschini avrebbe meno gatte da pelare.
A riunione in corso, fonti della presidenza del gruppo Pd a Palazzo Madama non facevano mistero del carattere «politico» delle posizioni di Rutelli. «Per noi la sua non è una mediazione, è lui che la spaccia così - veniva sottolineato, non senza veleni - perchè noi partiamo da un altro presupposto, che è quello del valore della Dat, non dal presupposto del Pdl, che non lascia libertà di scelta al paziente». Dunque, nessuno spazio per nessuna "terza via". Il muro alzato dalla Bianchi conferma che i cattolici non abbassano la guardia e che, al di là di quello che dice Rutelli, la scissione centrista non è un'ipotesi marziana. Intanto, è fuori discussione una sostituzione della Bianchi, che non avendo firmato gli emendamenti che non condivide non potrebbe rappresentare tutto il gruppo del Pd in commissione (questione di logica). «Non possiamo scatenare un altro putiferio», spiegavano, sempre a riunione in corso, le stesse fonti piddine. In ogni caso, prima di arrivarci ad un'eventuale scissione, c'è da vedere quanti nel Pd si lasceranno affascinare dalla terza via rutelliana. E' vero che a fine riunione Franceschini parla di «unanime no alla proposta del Pdl», la Finocchiaro parla di «consenso a larga maggioranza per la linea Pd». Ma è anche vero che un senatore come Giorgio Tonini, braccio destro di Veltroni quando era segretario e di estrazione cattolica, non indugia a considerare la proposta di Rutelli una «mediazione per il dialogo con il Pdl, dialogo che su questi temi dovrebbe essere intrapreso». Non solo: Tonini lancia un «appello» al suo partito a «guardare nel merito» gli emendamenti rutelliani, «discutiamone», dice.
Passa Veltroni, arriva Franceschini ma le manovre sottobanco nel Pd non cessano. Nel frattempo, il neosegretario ha eliminato il governo ombra e messo a punto la sua squadra. Nomi presi dal territorio, come promesso, decisioni prese «in solitudine», come annunciato. In segreteria (8 membri cui si aggiungeranno periodicamente i segretari regionali, oggi la prima riunione) entrano il governatore dell'Emilia Romagna Vasco Errani e il sindaco di Torino Sergio Chiamparino; Fabio Melilli, presidente della provincia di Rieti; il segretario del Pd lombardo, Maurizio Martina; Elisa Meloni, segretario provinciale a Siena; la parlamentare Federica Mogherini; Giuseppe Lupo, consigliere del Pd in Sicilia. A Maurizio Migliavacca, il ruolo di responsabile dell'Organizzazione. E anche Pier Luigi Bersani, che resta candidato segretario per il congresso d'autunno, avrà un incarico. «Immagino continuerò a occuparmi di economia», dice.

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