venerdì 4 settembre 2009

Ora un pezzo di Cei è pronto alla guerra vera col Governo

il Riformista 4.9.09
Ora un pezzo di Cei è pronto alla guerra vera col Governo
Scenari. Il compromesso tra Santa Sede ed episcopato che ha portato alle dimissioni di Boffo non ha chiuso le ostilità nella Chiesa. Berlusconi punta al canale privilegiato con Bertone. Oltretevere si confida nel ruolo del Colle. Bossi incontra Bagnasco. Ma il nuovo Avvenire non sarà più indulgente col Cavaliere.
di Stefano Cappellini

«Non è detto che chi ride oggi continuerà a farlo domani». Così dice al Riformista una fonte vicina alla Cei. Come dire: oggi hanno vinto i nemici di Boffo, dentro e fuori la Chiesa. Ma le conseguenze sul lungo periodo di questa vicenda sono ancora tutte da decifrare, sia nei rapporti tra Santa Sede e Conferenza episcopale, sia in quelli tra la politica e le gerarchie cattoliche. Del resto, nel caso Boffo poco è come appare: vinti e vincitori, congiurati e vittime, testimoni e complici.
I vincitori di giornata, Silvio Berlusconi e Vittorio Feltri, sono nell'imbarazzo di non poter celebrare il successo. Non solo per le ovvie ragioni di opportunità e prudenza, ma perché il risultato ottenuto è andato oltre le previsioni: Boffo si è dimesso - e questo era certo messo in preventivo nella campagna stampa contro di lui - ma il terremoto che ha investito la Chiesa italiana è troppo forte per pensare che questa vicenda possa chiudersi con l'uscita di scena del direttore di Avvenire. Non solo: chiunque sia il successore di Boffo al giornale, si può fin d'ora prevedere che non sarà troppo indulgente con il presidente del Consiglio. Perché il vertice dei vescovi italiani può accettare di sacrificare un proprio uomo, sebbene centrale nelle traiettorie di potere degli ultimi tre lustri, ma non si può certo pensare che adesso avalli una linea rinunciataria verso il Governo, trasmettendo l'idea di una resa incondizionata al potere dei media e della politica. Sarebbe la liquidazione definitiva dei tre lustri in cui il cardinale Camillo Ruini ha rifondato il ruolo e l'influenza della Chiesa italiana orfana del partito unico dei cattolici. Ruini ha difeso Boffo con orgoglio e forza. E Bagnasco è ormai esposto quanto il suo predecessore. La principale preoccupazione della Cei sarà di qui in avanti non lasciare che la sconfitta si trasformi in disfatta. Le tensioni con maggioranza e Governo potrebbero addirittura intensificarsi. E, non a caso, dopo aver aperto più di un fronte polemico con la Chiesa, ieri il leader della Lega Nord Umberto Bossi e il ministro Roberto Calderoli si sono precipitati a incontrare Bagnasco. Un'ora di colloquio, a quanto si apprende, per stemperare i toni delle polemiche e provare a siglare una tregua.
Berlusconi, per parte sua, è concentrato a ripartire da dove tutto è iniziato, quando Tarcisio Bertone annullò la cena della Perdonanza per via delle uscite di Feltri. Il premier può ora tornare a concentrarsi sull'obiettivo di una interlocuzione privilegiata con la Segreteria di stato vaticana. Questo, del resto, era anche dall'altra parte un obiettivo di Bertone fin dall'insediamento: semplificare i canali di comunicazione con le istituzioni italiane, centrandoli sul rapporto con le figure del presidente del Consiglio e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che sopra tutti è considerato Oltretevere il garante degli equilibri tra Stato italiano e Santa sede.
Ieri - dopo i tuoni e fulmini di padre Lombardi in sala stampa vaticana («Feltri fomenta il caos») - è prevalso Oltretevere un circospetto silenzio. «Il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Angelo Bagnasco prende atto, con rammarico, delle dimissioni irrevocabili del dottor Dino Boffo dalla direzione di Avvenire, Sat2000 e RadioInblu». Così l'Osservatore Romano ha dato ieri la notizia delle dimissioni di Boffo, senza aggiungere altri commenti. Una asciuttezza non certo inedita per il quotidiano vaticano, ma che nel turbine di ricostruzioni legate al caso ha contribuito ad avvalorare la tesi secondo cui la Santa Sede ha ottenuto ciò che voleva: un passo indietro del direttore di Avvenire, per fermare il flusso di indiscrezioni e notizie sulla sua vecchia condanna per molestie e sottrarre la Chiesa a una situazione sempre più imbarazzante.
C'era già due giorni fa un accordo tra segreteria di Stato vaticana e Cei per chiudere la partita con un compromesso? Ovvero da una parte la disponibilità del pontefice a dare solidarietà all'istituzione e dall'altra l'impegno dell'episcopato a convincere Boffo della necessità di dimettersi? Questo è ciò che si sussurra, portando a suffragio della tesi una interpretazione più sottile della solidarietà che Benedetto XVI ha offerto a Bagnasco con la telefonata resa nota martedì scorso dall'ufficio comunicazione della Cei: Boffo non era mai citato nel resoconto della telefonata, mentre si dava conto della volontà di Benedetto XVI di avere informazioni sulla vicenda. Un modo, sottolineano gli esegeti delle liturgie vaticane, per separare il destino della singola persona (e i suoi eventuali errori personali, non troppo eventuali, in questo caso) da quello dell'istituzione.
Pure in Vaticano, comunque, non mancano motivi di preoccupazione. Perché, com'è evidente, questa vicenda è stata gestita senza un piano razionale e meditato. E i suoi esiti sono il frutto di compromessi e scontri ovattati, ma non per questo meno forti. La verità è che l'onda d'urto provocata dagli articoli del Giornale sui trascorsi giudiziari di Boffo ha colto di sorpresa tutti, sia gli amici di Boffo nella Chiesa sia i suoi detrattori. Paradossale, visto che numerosi e consistenti indizi testimoniano del fatto che veleni e veline sul conto del direttore di Avvenire erano a conoscenza di decine e decine di ecclesiastici (e non solo) e che quindi sarebbe stata logica una reazione pronta. Ma, evidentemente, regnava la convinzione generale che le carte - il certificato del casellario giudiziario e il cosiddetto lato B con il dossier sulle inclinazioni sessuali del giornalista - non avrebbero mai visto la luce. Convinzione non priva di qualche speranza dato che il documento, certamente anteriore al marzo 2007 (e cioè al cambio di guardia tra Ruini e Bagnasco alla guida della Cei), era stato diffuso e offerto a molti, ben prima che sul finire della primavera scorsa fosse inviato a decine di vescovi.

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