domenica 31 gennaio 2010

Per chi vota la Cei

il Fatto 30.1.10
Per chi vota la Cei
di Stefano Feltri

Da giorni si capiva che nel mondo cattolico c’era un certo fermento per decidere chi votare alle regionali. Ieri ci ha pensato monsignor Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, a chiarirlo (un po’): “Non possiamo contrapporre i valori alle responsabilità sociali”. La lista delle caratteristiche richieste al candidato ideale è abbastanza precisa: deve difendere la vita “in qualunque forma si presenti”, la famiglia fondata sul matrimonio, promuovere la solidarietà. Che in pratica significa che non si deve votare per Emma Bonino nel Lazio e, nelle altre regioni, si può scegliere tra Pdl e Udc.
Visti i complessi equilibri tra il partito di Silvio Berlusconi e quello di Pier Ferdinando Casini, è però decisivo capire su chi punta la Cei. Ieri mattina Crociata ha detto: “Le nostre statistiche dimostrano che le percentuali di criminalità di italiani e stranieri sono analoghe, se non identiche”. Una replica a Berlusconi che potrebbe sembrare a qualcuno un implicito invito a votare Udc. Eppure è stato notato dai vaticanisti un certo attivismo nei giorni scorsi di Camillo Ruini, ex presidente della Cei, che si è recato anche dal Papa a discutere degli equilibri di potere tra vescovi e Vaticano. Ruini ha sempre sostenuto che non si doveva spingere per avere un forte partito cattolico, ma per avere cattolici in posizioni di forza, uno schieramento trasversale al centrodestra (e in parte al Pd) con le stesse idee su bioetica e politiche sociali.
Una linea fallimentare, al momento, visto che l’unico “cattolico” (inteso in senso ruiniano) del governo, il sottosegretario Eugenia Roccella è al momento nel limbo, non più sottosegretario al Welfare e non ancora sottosegretario alla Salute (manca la conferma della delega). Consapevole di questa ambiguità delle indicazioni di voto dei vescovi e del fatto che in Puglia potrebbe nascere la nuova alleanza con il Pdl (ritirando all’ultimo Adriana Poli Bortone), il leader dell’Udc Casini inizia a mandare messaggi di distensione, per far capire che non si pone in contrapposizione a Berlusconi. Ieri, da Bologna, ha lanciato l’appello a governo e Pd per “una grande riforma della giustizia” da discutere dopo le regionali. Anche il sindaco di Roma Gianni Alemanno, Pdl, propone una “assemblea costituente” dopo le elezioni.

mercoledì 27 gennaio 2010

Tinto Brass. «La Bonino ha ceduto alle regole del sistema. Comunque, fortuna che c’è lei: ero tentato dal votare la Polverini. Io con i Radicali in Ve

il Riformista 27.1.10
«Emma, che ipocrita a non volermi con te nel Lazio»
Tinto Brass. «La Bonino ha ceduto alle regole del sistema.
Comunque, fortuna che c’è lei: ero tentato dal votare la Polverini. Io con i Radicali in Veneto e forse Lombardia».
di Alberto Alfredo Tristano

«Emma Bonino mi ha deluso: depennando la mia candidatura nel Lazio, ha ceduto all`ipocrisia del sistema. Mi ha politicamente evirato. Comunque fortuna che c`è lei per il centrosinistra: ero quasi tentato dalla Polevrini. Che dire? Sono vittima dei moderati... Da anni li corteggiano e non ne hanno mai beccato uno. Altro che realpolitik. La vera realpolitik è quella di Vendola, che afferma una realtà precisa, "io vinco", e la coglie nei fatti. Per quanto mi riguarda, certamente correrò in Veneto e forse anche in Lombardia. La mia candidatura è un`operazione di deragliamento ideologica rivolta contro i farisei del potere, della morale, della dignità, sbandierata con parole a cui non corrispondono i fatti. E di questa battaglia sono pienamente convinto. D`altra parte la conduco da anni, con i miei film. Sono sicuro che avrò tanti voti benché, anche se eletto, non credo di voler starmene in un consiglio regionale... Spero solo he si eviti l`errore commesso anni fa quando mi candidai sempre con i Radicali: sulla scheda scrissero Giovanni Brass e nessuno mi riconobbe. Stavolta scrivano Giovanni detto Tinto Brass, così come scrivono Giacinto detto Marco Pannella...». Giovanni detto Tinto Brass ha già pronto lo slogan elettorale: Eros è Liberazione. Quasi decisa anche l`immagine fotografica per i manifesti: «Meglio un culo, che una faccia da culo ... ». Il messaggio è chiaro: «Nella sessualità possiamo trovare la nostra liberazione. Perché l`importante è sfuggire alla prigionia del potere, che ci vorrebbe sempre frustrati, colpevolizzati. Il potere cerca di controllare il sesso, ma attenzione perché il sesso a un certo punto si vendica sul potere. Lo stiamo vedendo da almeno un anno a questa parte. Le escort di Berlusconi. I trans di Marrazzo. La Gomorra di Bari. Le amanti di Bologna. Il potente non ha il coraggio di mostrare la sua vera faccia, ma prima o poi la maschera cade. Berlusconi può corteggiare la Chiesa quanto vuole ma resterà sempre un "tiranno", nel senso che gli tira sempre e non c`è modo di contenerlo. Nessuno ha il coraggio di 
dire la verità, qualsiasi verità: ci provò Craxi alla Camera nel suo ultimo discorso, quello sul finanziamento illecito, e pagò per tutti...». 
Giovanni detto Tinto Brass ricorda la sua prima (e unica) infatuazione per la politica. Un nome e un luogo: Nenni, Campo Santo Stefano a Venezia. «Intendiamoci, dell`ideologia non mi è mai mportato nulla. Ma a sentire Nenni provai un godimento fisico. Perché a me interessa il linguaggio. Dicono che io non abbia nulla da dire. Vero: ma lo so dire bene. Non mi appartengono i furori delle idee, ma la serenità della mia espressione. Non a caso vengo dalla Serenissima, "il sesso femminile d`Europa", secondo Apollinaire. È vero: quando son lì, vivo in stato di erezione permanente... L`oratore Nenni mi fece lo stesso effetto, anche se mi costò la cacciata da casa da parte di mio padre, fascista sin dalla marcia su Roma. Era un grande penalista, strepitoso rètore: io, avvocato mancato, seguivo le sue arringhe di nascosto, per non dargli la soddisfazione di vedermi incantato...». Tra la campagna elettorale e i viaggio all`estero in agenda (domani parte per la Colombia, ospite d`onore in un festival: «ho reso miliardari troppi distributori ed esercenti perché non si ricordino qualche volta di rendermi omaggio»), Giovanni detto Tinto Brass è al lavoro sui prossimi progetti. «Il primo sarà un seguito di Io, Caligola, con l`antica Roma ricostruita in 3D. 
Più che l`orgia del potere, racconterò stavolta il potere dell`orgia... L`altro sarà un film sul caso Casati Stampa: il marchese che uccide la moglie e il di lei amante. Mi piacerebbe poter girare qualche scena nella villa di Berlusconi ad Arcore, che appartenne proprio ai torbidi marchesi... Mi ha sempre colpito il fatto che il guardiano di quella tenuta fosse lo zio del brigatista Mario Moretti...». 
Per Giovanni detto Tinto Brass è venuto il tempo di mettere ordine nei ricordi. Sta prendendo formala sua autobiografia in forma di intervista a Caterina Varzi, sua nuova «musa ermeneutica»: «Speriamo solo che non mi interpreti troppo...». Si chiamerà Ciak si giri! But I see more. La prima parte del titolo non c`è bisogno di spiegarla, vista l`indole retrospettiva del regista (un suo libricino di qualche anno fa, Elogio del culo, si apriva con l`eloquente trio di tesi-antitesi-sintesi: «II culo è lo specchio dell`anima. Ognuno è il culo che ha. Mostrami il culo e ti dirò chi sei»). Più celato il senso della frase in inglese: un verso di Ezra Pound dedicata a nonno Italico Brass. «Fu un pittore di successo, capace di mettere assieme una collezione che comprendeva Tintoretto, Magnasco, Veronese. Pound aveva compreso il suo sguardo lungo, che vorrei appartenesse anche a me». Parlando della sua lunga carriera, c`è un film che ricorre più degli altri. Il primo: Chi lavora è perduto. «Mi ricordo della violenta censura che cercarono di impormi. Figurarsi: un film contro il potere, la Costituzione, che negli anni `60 all`alba del centrosinistra parlava d`aborto, e a risentire le polemiche contro la Bonino di questi giorni sull`interruzione di gravidanza mi vien da pensare che nulla da noi è cambiato... Al ministero mi dissero di rifarlo daccapo. lo decisi di cambiare solo il titolo iniziale, In capo al mondo. Era un periodo che mi giravano parecchio le balle, talmente tanto che di continuo ripetevo nel mio veneziano "ghe sboro, ghe sboro". GianCarlo Fusco, che mi aveva aiutato per i dialoghi, mi sentì e osservò: "Ghe sboro... Sembra il titolo di un film 
giapponese. Bello, chiamalo così..."».

mercoledì 20 gennaio 2010

"Lombardia ridotta a Soviet clericale"

Intervista a M. Cappato "Lombardia ridotta a Soviet clericale"

Il Clandestino, 20 gennaio 2010

Antonio Pitoni

E una candidatura che nasce dal Patto di consultazione con il Partito democratico, quella di
Marco Cappato, salito sul ring della Regione Lombardia, dove Formigoni si preparava già a sfidare Penati per "difendere" il titolo di governatore senza considerare il terzo incomodo. Sarà solo un outsider? «Dipenderà da quanto ci permetteranno di comunicare con i cittadini, di informarli della nostra presenza», avverte il candidato radicale. II ricordo di Pannella imbavagliato e un cartello con un numero di telefono appeso intorno al collo per denunciare la "censura" della voce dei suo partito è rimasto, evidentemente, ben impresso nella mente di Cappato. «E in effetti come inizio non c`è male - ironizza -. Le pagine milanesi del Corriere della Sera e di Repubblica hanno già pensato
bene di "oscurare" la conferenza stampa di presentazione della mia candidatura».


Già, la sua candidatura. Come dobbiamo leggerla, vista l`intesa raggiunta nel Lazio con il Pd?
«Il nostro intento è quello di continuare a rivolgerci alla gente con gli stessi obiettivi che avevamo già posto alle Europee. Primo: ribadire l`allarme sulla condizione democratica del Paese. Secondo: l`urgenza di voltare quanto prima pagina per liberarci di questo regime».

Perché proprio la Lombardia?

«I dati relativi ai flussi elettorali delle Europee dicono che la campagna radicale ha attirato più i delusi del centrodestra che quelli del centrosinistra. Anche alle regionali abbiamo motivo di ritenere che il richiamo della "rivoluzione liberale" sia molto più forte nei confronti di chi ha dato fiducia al centrodestra. Quello che, però, vorrei fosse chiaro è che la nostra non è una scelta tattica,
ma di alternativa: in Lombardia più che altrove, la promessa tradita ha i volti e i nomi di quel sistema di potere che ruota attorno a Formigoni».

La Bonino l`ha escluso, ma non sarà che alla fine porterete via voti a Penati?

«Ci siamo posti il problema di non contribuire, con la nostra presenza, alla vittoria di candidati più lontani dalle nostre posizioni . In questo senso, la mia candidatura si colloca perfettamente all`interno dei Patto di consultazione con il Pd. E al riguardo, nonostante la grande stampa abbia già iniziato ad ignorarci, devo dire che Penati ci ha dato atto della validità del nostro ragionamento e della nostra capacità di dialogo con gli ambienti più liberali in una Lombardia ormai ridotta ad una sorta di Soviet clericale».

E il programma?

«L`autonomia della nostra presenza, con le nostre liste e i nostri candidati, ci dà la necessaria credibilità per parlare ai cittadini di promesse tradite e di anti-casta. Ma anche per riaprire la battaglia antiproibizionista e ambientalista».

L`intesa con il Pd apre per i radicali il tema dei rapporti con un centro-sinistra nel quale Italia dei valori sta per lanciare la campagna referendaria sul nucleare, tema per altro di cui in passato il suo partito si è occupato. C`è la possibilità di una convergenza?
«Mi limito ad osservare che i referendum sono quelli che si fanno e non quelli che si annunciano. Inoltre, posso affermare che in Italia non esiste più il diritto al referendum: noi stessi siamo stati vittime, negli ultimi quindici anni, di un sabotaggio reiterato. Chiuderei ricordando che il vero referendum sui nucleare è stato quello fatto (e vinto) da noi».

Intanto, nel dibattito sulle regionali, incombe l`incognita dell`Udc e la scelta di variegare le alleanze con il centrodestra, il centrosinistra o, diversamente, correre da soli caso per caso. Lei che idea si è fatto?
«E` il risultato dei sistemi elettorali truffa attualmente vigenti per il rinnovo dei consigli regionali. Sistemi che hanno preso il peggio del maggioritario, come la mediatizzazione verticistica, e il peggio dei proporzionale, che favorisce le grandi ammucchiate. Anche su questo la nostra posizione è chiara: sistema anglosassone e referendum locali. Di sicuro, noi non andiamo in giro a chiedere o ad alzare il prezzo».