lunedì 30 marzo 2009

Fine vita, Bondi apre. E i laici: ora si cambi la legge

Corriere della Sera 30.3.09
Dopo la sfida del presidente della Camera
Fine vita, Bondi apre. E i laici: ora si cambi la legge

ROMA — Alla bocciatura di Fini della legge sul testamento biologico votata dal Senato (è degna di uno «Stato etico») Berlusconi nel suo discorso non replica in alcun modo. D'altra parte, come commenta il capogruppo alla Camera del Pdl Cicchitto, è giusto che sia così, perché serve «cautela» nel trattare un tema così delicato, serve «tempo» e servono «approfondimenti», perché le divisioni ci sono e alla Camera la pattuglia dei «laici» è consistente e agguerrita. Se Berlusconi non si espone, lo fa però Sandro Bondi: «C'è in me la consapevolezza che è la sfera politica che deve ricercare una mediazione. E io credo che ferma restando la proibizione dell'eutanasia, quando tuttavia l'alimentazione o l'idratazione significhi accanimento o irragionevole ostinazione, debba scattare la libera volontà del paziente». La sferzata di Fini insomma ha colpito nel segno. E infatti se ne rallegrano i laici come Benedetto Della Vedova: «Ho sempre detto che alla Camera almeno una cinquantina di deputati del Pdl avrebbero votato no al testo Calabrò, oggi ne sono ancora più convinto: da Montecitorio uscirà una legge molto diversa». Ci spera Margherita Boniver, che pure preferirebbe che una legge non ci fosse proprio: «Sono certa che qui alla Camera si arriverà a una mediazione, Fini è stato importante». «Non si può certo ignorare l'esistenza di una grande parte di elettori laici nei confronti dei quali abbiamo l'obbligo di cercare una mediazione tra il testo uscito dal Senato e l'esigenza di garantire la libera scelta dell'individuo», ragiona Chiara Moroni.
Mentre già echeggiano le proteste dei cattolici più estremi: «Alla Camera — avverte Alfredo Mantovano — il ddl può essere reso ancora più chiaro: la gran parte dei deputati del Pdl è orientata per la tutela della vita». Con lui si schiera buona parte della vecchia An, da Gasparri ad Alemanno, ma anche un ex socialista come Sacconi, mentre altri ministri come Matteoli, Brunetta e la Prestigiacomo sono sulla linea di Fini. In attesa che qualcuno tiri fuori dal cilindro la soluzione che fin qui non si è trovata. E che secondo i maliziosi è una sola: infilare il ddl in un cassetto, e dimenticarlo lì.
P.D.C.

giovedì 26 marzo 2009

"Ci hanno costretti al no", l'ira dei cattolici Pd

"Ci hanno costretti al no", l'ira dei cattolici Pd

Il Mattino del 26 marzo 2009, pag. 6

Claudio Sardo

«Non hanno accettato neanche uno dei nostri emendamenti. Di fronte a una simile chiusura non posso che votare no»: Franco Marini ha preso la sua decisione dopo la bocciatura dell`emendamento Bosone, «Il testo è peggiorato in aula. Relatore e governo si preoccupano solo di ricucire con i cattolici tradizionalisti»: Luigi Lusi, fedelissimo di Rutelli, si è schierato per il no dopo che è stata bocciato l`emendamento sulla "terza via". La stessa Dorina Bianchi, pontiera fino a ieri sera irriducibile, al voto finale sull`articolo 3 (il più importante della legge, quello che rende obbligatori l`idratazione e la nutrizione dei pazienti in stato vegetativo) ha pigiato il tasto del no. Sia pure procedendo per vie diverse e con tattiche talvolta contrastanti, i cattolici del Pd (35-40 senatori) stanno arrivando, tutti o quasi alla medesima conclusione: voto contrario al testo Calabrò. Lo schema della legge 40 (fecondazione assistita) - l`alleanza trasversale tra il grosso del Pdl e i cattolici del centrosinistra sembra svanito, nonostante l`immutato pressing della Cei. Il voto finale sull`articolo 3 vale forse come prova generale. Due soli voti favorevoli dai democrat: quelli di Gustavino e di Baio, da sempre schierati con la maggioranza sul ddl. Nessuna astensione. Rutelli è partito per il Cile e non parteciperà oggi neppure al voto conclusivo, comunque Lusi ieri ha votato contro. Eppure non sì può dire che i cattolici del Pd non abbiano tentato mediazioni. L`ha tentata Marini. L`ha tentata Dorina Bianchi, sostenuta da Beppe Fioroni. L`ha tentata Rutelli. Il gruppo del Pd è entrato anche in fibrillazione. Anna Finocchiaro si è anche sentita tradita: l`ultima volta ieri sera quando 20 ex-popolari si sono astenuti, a sorpresa, sugli articoli 1 e 2. E ieri mattina ha prima votato «a titolo personale» a favore di un emendamento di Emma Bonino, poi contro l`emendamento Bosone, quello su cui Marini puntava di più (consentiva la sospensione di idratazione e nutrizione nei casi di gravissimo danno cerebrale, se così disposto nella dat). La reazione della Finocchiaro, a sua volta, ha irritato i popolari. Tanto che non pochi democrat pensavano ieri mattina che era già pronta un`intesa separata tra i cattolici del Pd e il Pdl, come sembrano dimostrare le votazioni a scrutinio segreto, di norma più favorevoli al centrodestra. Le ipotesi di intesa, però, sono tutte saltate. Non solo: quando ancora le sorti degli emendamenti-ponte erano incerte, una pattuglia di ex-popolari più vicini a Franceschini, guidato da Giaretta e Di Giovan Paolo, aveva già annunciato il proprio voto contrario (ne è nato un documento con le firme di 16 senatori). A Palazzo Madama è accorso Fioroni, che ha fatto di tutto perché qualche cattolico marcasse una differenza «identitaria». E la Bianchi ha lavorato per rendere sostenibile l`astensione anche dopo il no all`emendamento Bosone. Tuttavia, il suo emendamento sulla sospensione del nutrimento forzato quando il paziente perde capacità di assimilare è stato sonoramente bocciato (innanzitutto dal suo partito, ma anche da un ripensamento del Pdl indotto dall`inflessibile Laura Bianconi, capofila dei teocon). Ora i popolari dovranno vedersela con la Cei. Certo, senza la trasversalità della legge 40 cambia lo schema delle relazioni Chiesa-politica. Il rapporto con il Pdl si fa più stretto. «Senza il Pd sosteneva ieri Stefano Ceccanti, cattolico e senatore democrat - non sarebbe stato possibile questo risultato. Margherita e Ds avrebbero inevitabilmente votato in modo diverso». La vincitrice di ieri è stata comunque Laura Bianconi: cattolicissima, capofila del fronte pro-lite del Pdl, non solo ha fatto passare tutti i suoi emendamenti, ma anche stroncato in aula tutti i tentativi di apertura verso il Pd bloccando al bisogno governo e relatore. In commissione aveva votato no alla legge. Ieri sull`articolo 3 non ha partecipato al voto. Dirà sì soltanto se il Pdl risponderà positivamente a tutte le richieste teocon.

Laici del Pdl all'attacco: ne parliamo alla Camera

Laici del Pdl all'attacco: ne parliamo alla Camera

Il Manifesto del 26 marzo 2009, pag. 5

Sa.M.

Per vedere come andrà e finire la discussione sul testamento biologico bisognerà aspettare l`apertura del dibattito a Montecitorio. Parola di laici e dissidenti dei Pdl, da giorni concentrati nell`affinare le armi della polemica, con qualche affondo qua e là sui diritl, in attesa di riaprire un dibattito che al Senato pare chiuso con la cintura di castità. Tra i più espliciti c`è il laico Benedetto Della Vedova (militante del partito radicale transnazionale). Tanto per scaldarsi i muscoli, tra un paio di giorni, depositerà nella casella postale di tutti i parlamentari la proposta di legge in merito appena firmata dalla Cdu tedesca e dalla stessa Angela Merkel: «Moderata, prudente, assolutamente perfetta sulla libertà di scelta dei pazienti», sintetizza lui. «Nel resto d`Europa e nell`euro parlamento i partiti di centro destra sono profondamente laici. Qui a Montecitorio ci sono almeno venti deputati pdl che pensano che sia quella la linea da tenere». Darà battaglia, manco a dirlo, Beppino Calderisi, come Della Vedova, esponente dei Riformatori liberali nel Pdl: «Mi pare ovvio che la discussione ripartirà alla camera, anche perché del testo votato al senato sappiamo pochissimo. C`è stata una sola riunione con Calabrò ma dopo cinque minuti è scappato via». La pattuglia dei laici, effettivamente, alla camera è folta. Solo a novembre scorso, undici deputati del Pdl presentarono in conferenza stampa un testo che, chiaro chiaro, spiegava che il testamento biologico firmato dal notaio dovrebbe poter dare indicazioni su tutti i «trattamenti sanitari praticati, con qualsiasi mezzo, per scopi connessi alla tutela della salute, a fini terapeutici, diagnostici nonché estetici». In sintesi, anche su alimentazione e idratazione. Oltre a Della Vedova e Calderisi c`erano i socialisti Lucio Barani, Stefano Caldoro e Chiara Moroni, poi Enrico Costa, Lella Golfo, Mario Pepe, l`ex liberale Fabio Gava, i repubblicani Giorgio La Malfa e Francesco Nucara. Non risulta che abbiano cambiato idea. Poi, ci sono quelli che non ti aspetti. Il borsino della dissidenza interna al Pdl dà in buona posizione l`ex coordinatrice di Forza Italia a Roma Beatrice Lorenzin e la padovana Lorena Milanato che è anche presidente del Comitato pari opportunità. O l`ex giovane socialista Simone Baldelli. Pronto al dibattito sembra anche Gaetano Pecorella. Avvocato di fama non solo per la difesa di Silvio Berlusconi, ex aspirante giudice costituzionale incomprensibilmente trombato dai suoi stessi alleati è sempre stato un laico. Pare difficile che accetti di approvare una legge che corre sul rasoio dell`incostituzionalità, anche se non si è ancora espresso pubblicamente. C`è l`ex ministro della Difesa Antonio Martino. Non più tardi di due settimane fa si è presentato all`assemblea dei Riformatori liberali urlando: «Sono un libertario. Difendo questa tesi contro uno stato nazi-salutista», La pattuglia di Alleanza nazionale più vicina a Gianfranco Fini sarà della partita. Il presidente della camera ieri ha ribadito che si aspetta libertà di coscienza dal Pdl: «Sulle questioni eticamente sensibili nessun partito può dire: si fa così», ha spiegato durante un incontro con la stampa straniera. «Un partito plurale deve avere una griglia di valori condivisi, altrimenti diventa una torre di Babele, ma deve aver ben chiaro quali sono gli ambiti della politica e quali non possono essere ricondotti al dibattito politico». Alcuni deputati ex an, la pensano come lui. Sicuramente la presidente della commissione giustizia Giulia Bongiorno, che lo seguì anche nella battaglia sulla legge 40. Ma poi, Maurizio Bianconi, Manlio Contento e la direttora dei Secolo d`Italia Flavia Perina. Pure Enzo Raisi, che troppo vicino a Fini non è, si piazza con certezza tra le file dei laici. E che dire del presidente della commissione sanità Giuseppe Palombo, che un paio di giorni fa si è schierato con la radicale Donatella Poretti chiedendo di cambiare (con più aperture alla scienza) la legge sulla procreazione assistita? Niente da fare, laico anche lui.

Lo scontro con Marini prima del voto: alla fine solo Baio e Gustavino votano con il Pdl

La Repubblica 26.3.09
Lo scontro con Marini prima del voto: alla fine solo Baio e Gustavino votano con il Pdl
L’ira della Finocchiaro sui cattolici pd "Gettati al vento tre anni di lavoro"
Il centrodestra usa le parole come spade, non si sa se per Bagnasco o per il congresso
di Giovanna Casadio

ROMA - «Abbiamo lavorato tre anni nel Pd sulle questioni etiche, ciascuno ha dovuto transigere rispetto alle proprie posizioni iniziali, fare un passo indietro, arrivare a una "transazione" politica. E ora, sul testamento biologico voi cattolici fate come se niente fosse. Allora li abbiamo buttati al vento questi anni, rifiuto di credere che sia così, che l´asse politico, la mediazione siano ignorati». Anna Finochiaro è di umore nero. Nella riunione dei senatori, convocata alle otto del mattino, la partita tra le due famiglie del Pd - i cattolici e i Ds - si trasforma in una prova di forza. La capogruppo Finocchiaro si sfoga. Ce l´ha con Franco Marini, con la strategia dei cattolici che continuano a gettare ponti al centrodestra. In nome di cosa? Della loro fede, ma dov´è la laicità della politica? Del totem-Bagnasco, ovvero dell´obbedienza ai vescovi?
A inizio giornata non si sa ancora che il Popolo delle libertà - alla vigilia del congresso di fondazione e corroborato dalle sferzate del Vaticano - i ponti di dialogo sul biotestamento li distruggerà tutti: quello con cui Daniele Bosone cerca di introdurre delle eccezioni nell´obbligo di nutrizione e idratazione obbligata; la "terza via" proposta da Francesco Rutelli e Luigi Lusi; l´emendamento di Dorina Bianchi. Ma prima che la blindatura della legge diventi evidente e anzi, l´ala più intransigente pro-life del centrodestra abbia la meglio, gli ex Ppi decidono di giocare in proprio. Puntano di certo a ridurre il danno di una legge incomprensibile, ma anche a marcare la loro differenza e a renderla visibile.
Nell´assemblea dei Democratici la tensione è alta. I laici sono sul piede di guerra. Sospetti reciproci. Non basta che Paolo Giaretta da cattolico s´inalberi: «Attenti, il corpo non appartiene allo Stato, così è proprio il personalismo cattolico che viene tradito». Ma il segnale chiaro dell´insofferenza nei confronti dei cattolici, Finocchiaro lo dà in aula quando dichiara: «A titolo personale voterò l´emendamento di Emma Bonino». Come dire, se ciascuno rivendica la libertà di coscienza, allora la mia di laica vale la vostra di cattolici. La radicale Emma ringrazia e restituisce il favore appoggiando una modifica presentata dalla cattolica democratica Albertina Soliani. Anche Ignazio Marino sostiene un emendamento di Giovanni Procacci. Del resto il Pd non doveva essere un partito "meticcio"?
Finocchiaro telefona a Dario Franceschini. Al segretario - che Berlusconi in senso dispregiativo ha bollato come catto-comunista, e che è un cattolico democratico abituato alle battaglie di laicità - la capogruppo chiede di fare chiarezza. «La posizione del Pd è molto chiara: siamo contrari, è questa la posizione prevalente, con rispetto per la libertà di coscienza», ribadirà lui. E intanto invia al Senato due fedelissimi, Antonello Giacomelli e Francesco Saverio Garofani. Parlano con Marini. Ma il "lupo marsicano", ex presidente del Senato, una vita da sindacalista, sembra fermo nell´idea che bisogna fare breccia nel centrodestra, che i cattolici devono con pari dignità esprimere la libertà di coscienza. Beppe Fioroni, altro leader dei Popolari, condivide.
Solo nell´epilogo della giornata, quando l´articolo 3 della legge sul fine-vita passa nella forma più restrittiva, impedendo - sono parole del ministro Sacconi - «altri "casi Eluana"», allora Marini ritira l´emendamento di cui è co-firmatario con Bosone. Sarebbe stato l´ultimo ponte. Alla buvette Marini mormora tra i denti contro Dorina Bianchi: «Che figuraccia... «. Dorina infatti presentando l´ennesima mediazione sul sondino di fine vita, aveva accettato la riformulazione grazie alla quale il Pdl afferma avrebbe accolto la proposta. Scena surreale. Finocchiaro si dissocia da Bianchi. Lusi ritira la firma all´emendamento riformulato. Nel Pdl, anche Laura Bianconi, pasdaran pro-life si dissocia da Sacconi e dal relatore Raffaele Calabrò. No a aperture anche da Antonio Tomassini. Tutti fanno retromarcia. La leghista Rossana Boldi aggiunge la sua firma. La mediazione fallisce, Bianchi fa autocritica. E infine, i cattolici del Pd si allineano, solo Baio e Gustavino votano a favore. Finocchiaro torna all´attacco del centrodestra: «Non so se per via di Bagnasco o del congresso del Pdl sabato, il centrodestra è blindato e usano le parole come spade».

Pd, ex popolari divisi alla fine votano tutti contro l’articolo tre

l’Unità 26.3.09
Pd, ex popolari divisi alla fine votano tutti contro l’articolo tre
di Maria Zegarelli

Marini e Rutelli difendono la libertà di coscienza. Finocchiaro
furibonda. Franceschini manda i suoi in Senato per ricucire
Dorina Bianchi media con il Pdl ma viene tradita

L’amarezza per la chiusura totale della maggioranza nel confronto in Aula sul testamento biologico, certo. Ma poi, quella riunione del gruppo Pd di prima mattina, quando alla fine si è deciso che basta con i voti segreti, perché quello che è successo martedì è stato un segnale difficile da ignorare, non ha aiutato l’umore. Trenta astenuti sul voto finale dell’articolo 1, 14 sul 2.
«Avevamo stabilito una linea, c’era un accordo politico tra di noi: gli emendamenti condivisi si dovevano votare con compattezza, su quelli singoli ognuno secondo coscienza. Si era anche deciso di votare contro gli articoli 1 e 2. Invece non è andata così» - ha esordito Anna Finocchiaro. Il patto non è stato rispettato da diversi ex popolari che fanno capo a Franco Marini e Giuseppe Fioroni. Oltre ai teodem, ovvio. «Il tuo intervento mi sembra schematico, su questi temi non si può procedere con posizioni prevalenti» - ha risposto l’ex presidente del Senato. Anche Francesco Rutelli interviene per dire che non può esserci una linea prevalente «ma anche la possibilità di votare secondo coscienza». Insomma, non è una opzione secondaria. Non ci sta Finocchiaro: «Qui siamo tutti grandi e vaccinati, cari colleghi...».
Intanto Dorina Bianchi «media» con Quagliariello, cerca una sponda per far passare l’emendamento che prevede la sospensione di idratazione e alimentazione quando il paziente non è più in grado di assorbire alcun trattamento. «In realtà stanno cercando un appiglio per potersi astenere o votare a favore dell’articolo 3», commentano i cattolici laici. Arriva Beppe Fioroni e fa capannello con 8 senatori, tra cui Claudio Gustavino, Daniele Bosone e Mariapia Garavaglia. Lo notano i laici. Dalla stanza di Finocchiaro parte una telefonata a Dario Franceschini. Tempo dieci minuti e arrivano Francesco Saverio Garofani e Antonello Giacomelli, capo della segreteria di Franceschini. Il sospetto è che si ricreato l’asse Marini-Fioroni. «La stragrande maggioranza degli ex popolari sta sostenendo gli emendamenti Pd, gli altri quanti sono, 10- 12?», commenta Garofani. Paolo Giarretta è furibondo: «Sono contrario all’articolo 3 e all’impianto complessivo della legge. Il corpo non può mai diventare “un corpo di Stato”, ma è la condizione essenziale della libertà della persona. Anche io sono cattolico, ma vedo i pericoli che ci sono in una legge che stabilisce l’indisponibilità della vita. Non è un caso che l’articolo 32 della Costituzione sia stato scritto da giuristi cattolici come Moro e Leone».
Il braccio di ferro in aula all’interno del Pd si esplicita quando Anna Finocchiaro interviene per sostenere a titolo personale un emendamento di Emma Bonino sulla soppressione del comma 6 articolo dell’articolo 3 (divieto di sospensione di alimentazione e idratazione). È un messaggio ai «dissidenti» del suo partito. Bonino capisce. Poco dopo le chiede sottovoce «A chi hai mandato il messaggio appoggiando il emendamento?». La risposta in aula dei radicali è l’appoggio e la firma all’emendamento di Albertina Soliani, sempre sul comma 6. Finocchiaro si sfoga: «Il lavoro di questi 3 anni ha un senso se si crea un asse politico, altrimenti vuol dire che su questi temi nel Pd c’è solo libertà di coscienza». A fine serata quando anche Dorina Bianchi prende atto di essersi fidata inutilmente dei suoi referenti nel Pdl, il Pd vota compatto contro l’articolo 3. La linea Marini-Fioroni, commentano i cattolici laici, «è fallita».

Fine-vita: il Pdl impone accanimento per legge

l’Unità 26.3.09
Fine-vita: il Pdl impone accanimento per legge
di Maria Zegarelli

La destra contro gli emendamenti su idratazione e alimentazione. L’accanimento viene imposto per legge. La discussione prosegue oggi al Senato. Il Pd: una legge così provocherà disastri. È incostituzionale.

Costretti a vivere, anche se in stato vegetativo, anche se si tratta di non vita. Anche se nella piena facoltà delle proprie funzioni si era convinti del contrario. Vietato scrivere le proprie volontà, la famosa Dat (dichiarazione anticipata di trattamento), sull’interruzione di alimentazione e idratazione biologica. Non sarà possibile neanche staccare i sondini quando l’organismo non riceve più i trattamenti medici o «di sostegno vitale», come li definisce il Ddl Calabrò. Ieri il Senato ha dato il via libera all’articolo 3 della legge, quello più controverso. 152 voti favorevoli, 122 contrari, 1 astenuto. Non partecipa al voto Laura Bianconi, Pdl, a titolo personale, perché non condivide lo strumento della Dat. ma alla fine è lei la vera vincitrice: è lei - a capo dei senatori «pro life» - che detta la linea di chiusura totale del Pdl verso l’opposizione e mette le mine che fanno saltare «i ponti», uno dopo l’altro, verso un tentativo di dialogo che in realtà non è mai decollato.
Cade con voto segreto l’emendamento Finocchiaro che consentiva la sospensione di idratazione e alimentazione artificiale in casi eccezionali se espressamente scritto nella Dat: 153 no (Pdl, Lega e Udc), 122 sì (Pd e Idv) e 3 astenuti. Votano no i Pd Paolo Gustavino e Emanuela Baio Dossi. Forti sospetti su dorina bianchi e Daniele Bosone. Si trincerano dietro «il voto è segreto». «Da questo dibattito non mi aspetto più niente», commenta la capogruppo Pd. C’è amarezza quando dice «loro, quelli del Pdl, si sono irrigiditi in una posizione che è per molti versi irragionevole, per altri ingenerosa e per altri ancora incostituzionale». I ponti, come li chiamano i senatori Pd cattolici, sono gli emendamenti respinti in blocco che cercavano di stemperare la rigidità dell’articolo 3. Si sbriciolano come meringhe e travolgono la grande sconfitta di questa giornata: Dorina Bianchi, capogruppo Pd in Commissione Sanità.
La sconfitta
Sconfitta con relativa brutta figura, tanto da far sfuggire a Franco Marini un sonoro «che figuraccia« dopo la Caporetto del voto sul suo emendamento (il penultimo ponte) che di fatto prevedeva la sospensione di alimentazione e idratazione artificiale soltanto nel caso di non assorbimento da parte del paziente in stato vegetativo. Una débacle. Aveva accettato la riformulazione del suo emendamento proposta dal relatore («se accetta la riformulazione esprimiamo parere favorevole», aveva detto Calabrò)e avallata dal governo, tanto da costringere il cofirmatario Luigi Lusi a ritirare la firma e dichiarare il voto contrario, il presidente Renato Schifani a sospendere la seduta. Tornata in aula, strigliata dai suoi, ha ritirato la disponibilità alla riscrittura. Ci ha pensato la solita Bianconi a sparigliare le carte e mandare in aria la mediazione Bianchi -Quagliariello. «Così facciamo rientrare dalla finestra la possibilità di interrompere idratazione e alimentazione», ha avvertito i suoi. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi a quel punto si è rimesso all’aula, ritirando il parere favorevole, ci ha provato anche Raffaele Calabrò, poi Schifani gli ha fatto sapere che essendo il proponente del testo riscritto non poteva. «Allora ritiro la riscrittura dell’emendamento». Si vota l’emendamento Bianchi. Tentativo archiviato. «Una presa in giro», commenta Giuseppe Astore dell’Idv che se la prende con Schifani perché avrebbe «cercato di mettere d’accordo non l’aula ma un parte dell’assemblea». «Bene, la blindatura resiste», commenta Bianconi.
Archiviata anche la «terza via», l’emendamento a prima firma Rutelli, spiraglio per non accanirsi contro un paziente terminale: 210 voti contro, 28 favorevoli (tra cui Franco Marini) e 11 astenuti. La blindatura è così ermetica che in mattinata viene bocciato anche l’emendamento di Lucio Malan, Pdl, sul quale c’era il parere favorevole di governo e relatore: avrebbe esteso la validità del testamento biologico a soggetti in stato vegetativo o «in stato di assenza della coscienza e delle funzioni somatiche, con evidenza clinica di condizioni di persistenza». Anche qui il no della Bianconi ha fatto la differenza.
Sconsolato Ignazio Marino che durante i suoi interventi in aula cita il discorso di Aldo Moro alla Costituente del 28 gennaio 1947 quando affermava del limite «posto al legislatore, impedendo pratiche sanitarie lesive della dignità umana». Marino fa un ultimo appello. «Stiamo trasformando questo provvedimento in una legge che toglie la libertà ai cittadini».
Una semplificazione c’é: il collegio dei medici chiamati a giudicare le condizioni del paziente ai fini della validità della Dat passa 5 a 3 componenti.

mercoledì 25 marzo 2009

Dietro le quinte Primi segnali di insofferenza dell'area laica. Cuperlo: ormai in direzione ci si scambia il segno di pace

Corriere della Sera 25.3.09
Dietro le quinte Primi segnali di insofferenza dell'area laica. Cuperlo: ormai in direzione ci si scambia il segno di pace
E Dario il «pio» preoccupa gli ex ds
Martella: troppi silenzi su Bagnasco. Ma Castagnetti: per noi il capo è il Papa
di Maria Teresa Meli

ROMA — Massimo D'Alema, 17 marzo 2009: «La politica non se la può cavare con la libertà di coscienza sul testamento biologico, questo principio non può sostituire la linea politica ». Dario Franceschini, 22 marzo 2009: «Io dico no a una disciplina di partito per avvicinare sui temi eticamente sensibili laici e cattolici».
Rita Bernardini al presidente della Cei Angelo Bagnasco, 24 marzo 2009: «Preservativo è amore per il prossimo ». Dario Franceschini al presidente della Cei Angelo Bagnasco, 24 marzo 2009: «E' importantissima la scelta annunciata dal Cardinale di istituire un fondo di solidarietà per le famiglie in difficoltà».
Livia Turco, 19 marzo 2009: «Grave l'errore del Papa sui preservativi». Dario Franceschini, 22 marzo 2009: «La voce della Chiesa va ascoltata e rispettata anche quando dice cose scomode. Non si può dire che c'è un'interferenza da parte della Chiesa quando esprime giudizi sui quali non siamo d'accordo».
Era stato salutato come un segretario laico, il giorno della sua elezione, alla Fiera di Roma, per le parole da lui pronunciate sul testamento biologico. Per l'annuncio che l'orientamento prevalente del Pd era per il no, e che quindi non era cambiato niente rispetto alla gestione dell'ex Ds Walter Veltroni. Anzi, l'ala sinistra del Partito democratico sembrava più convinta di Dario Franceschini che del suo predecessore.
E' passato qualche tempo e sia l'area che fa capo agli ex diesse che quella radicale del Pd sembrano ricredersi. C'è chi la butta a ridere, come Gianni Cuperlo: «L'altro giorno abbiamo concluso la direzione scambiandoci il segno della pace». C'è chi si arrabbia: «Io su certe cose parlo sempre, ma vorrei che lo facesse anche il mio partito a livello ufficiale, e invece solo silenzi», sospira Paola Concia.
«E' un errore tacere», ribadisce Rita Bernardini. Scuote la testa Andrea Martella e osserva: «Su Bagnasco che, per difendere le parole del Papa a proposito dei preservativi, attacca duramente tutti i suoi critici, avremmo dovuto dire qualcosa. Ma non è successo ».
«Del resto — insiste Martella — quando una persona come Pierluigi Bersani dichiara ufficialmente che il Pd non entrerà mai nelle file dei socialisti europei, non c'è più nulla da dire. E pensare che nessuno lo ha criticato. Figuriamoci se l'avesse detto Veltroni. E figuriamoci se Walter avesse taciuto su Bagnasco».
Insomma, agli ex diesse sta un po' stretto l'abito del Partito Democratico cucito da Franceschini dopo le sortite della Chiesa.
D'altra parte, il giorno in cui il Papa, in Africa, aveva dichiarato che i preservativi a nulla servono contro l'Aids, il segretario del Partito democratico aveva preferito scegliere la via del silenzio. E aveva rinunciato ad attaccare il governo Berlusconi che al contrario di Francia, Germania e Spagna, non aveva criticato la sortita di Ratzinger. Aveva parlato solo due giorni dopo, incalzato dalle domande di un giornalista.
Ma a spiegare quella che agli ex diesse sembra una situazione assai particolare ci pensa uno degli esponenti del Pd più vicini al segretario. Ossia Pierluigi Castagnetti, cattolico ed ex popolare come Franceschini: «Gli ex diesse fanno fatica a capire. Quelli che per noi sono passi da gigante, come i passi in avanti fatti sul testamento biologico, per loro sono passettini. Noi non abbiamo una tradizione socialdemocratica o comunista. Non facciamo parte di un filone culturale: noi abbiamo due appartenenze: una alla Chiesa, l'altra alla politica. Per me, come per Franceschini, per tutti noi cattolici, insomma, il vero "capo" è lui: il Papa. Per noi è il vicario di Dio in terra, e questo gli ex diesse dovrebbero alla fine comprenderlo ».
Un altro ex collega di partito del segretario del Pd, Ciriaco De Mita, fornisce un'altra spiegazione: «Franceschini non è un democristiano ma un cristiano sociale, però non è uno sciocco e quindi ha capito che sul Papa doveva fare retromarcia».

lunedì 23 marzo 2009

Berlusconi: Pdl con la Chiesa, ma non sarà la Dc

Corriere della Sera 22.3.09
Berlusconi: Pdl con la Chiesa, ma non sarà la Dc
«No ai collateralismi, da laici difenderemo la sacralità della vita». E sul Pd: diffonde il panico
Le linee-guida del Cavaliere: «Crediamo nell'autonomia, nella sovranità della politica rispetto alla religione»

ROMA — La «sacralità della vita e la dignità della persona sono valori irrinunciabili». La Chiesa «può e deve parlare liberamente anche quando si trova a proclamare principi e concetti magari difficili e impopolari ». Ma il Pdl, che «segnerà la storia dell'Italia sarà un partito laico e non ripercorrerà la via del collateralismo con la Chiesa che è stata la linea della Dc».
A una settimana dalla nascita e mentre An si scioglie per fondersi nel nuovo partito unitario del centrodestra, Silvio Berlusconi delinea la fisionomia del Popolo della libertà. L'occasione per farlo è il messaggio di saluto che indirizza (in collegamento telefonico) al convegno dei Popolari liberali del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Carlo Giovanardi, anche se non lesina critiche all'opposizione che «sulla crisi diffonde il panico con spregiudicatezza ». «Crediamo — sostiene — nei valori della vita umana, fondamentali principi indiscutibili e squisitamente liberali e nella libertà della vita che si deve esercitare in una cornice di leggi e di principi, anche se non tutto quello che è fattibile è giusto». Un modo implicito per criticare quanti credono nell'ingegneria genetica e ritengono che staccare la spina (come nel caso Englaro) sia nella disponibilità degli uomini. Detto questo, però, Berlusconi chiarisce: «Siamo certi che il Pdl deve essere ed è un partito laico e rispettoso della libertà di ciascuno sui temi di coscienza. È giusto e doveroso che sia così ma non rinuncerà a dare una linea, a scegliere e difendere determinati valori che sono i nostri valori, in base ai quali dovrà svolgere la sua azione cercando soluzioni ai problemi che l'etica e la modernità ci porrà davanti». Ed ecco il punto chiave, la discriminante primaria: «Cerchiamo e cercheremo sempre soluzioni il più possibile condivise, ma con un punto di riferimento che consideriamo irrinunciabile: la sacralità della vita e la dignità della persona».
Il passaggio successivo Berlusconi lo dedica alla Chiesa, visto che la platea che lo sta ascoltando è particolarmente sensibile al messaggio del-l'episcopato, ma la sua sottolineatura riguarda la distinzione netta dei campi politico e religioso. «Il Pdl — ricorda— sarà un partito laico, non ripercorreremo la via di quel collateralismo con la Chiesa che è stata la linea della Democrazia cristiana. Crediamo nell'autonomia, nella sovranità della politica rispetto alla religione ». Tuttavia, rimarca, «crediamo anche che la Chiesa possa e debba parlare liberamente e svolgere quello che è un suo insostituibile ruolo nella società. Rispettiamo la Chiesa e ne difendiamo la libertà anche quando si trova a proclamare principi e concetti magari difficili e impopolari, lontani da quelle che sono le opinioni di moda e che vanno di moda tra giornalisti e intellettuali».

L’era Bush È tramontato lo spirito di scontro religioso che ha animato gli ultimi 8 anni

l'Unità 23.3.09
L’era Bush È tramontato lo spirito di scontro religioso che ha animato gli ultimi 8 anni
L’era Obama Gli americani, secondo un sondaggio, si fidano più della scienza che della fede
America: Staminali gay, aborto La crisi spazza via le crociate
di Roberto Rezzo

Staminali, aborto, nozze tra gay, uso terapeutico della marijuana, tutti questi temi scivolosi per Bill Clinton e ossessionanti per Bush sono stati spazzati via dalla crisi economica. L’America non ha più voglia di fare crociate.

Spariti all’improvviso dalle pagine di giornali e notiziari gli embrioni congelati, i feti da tutelare, le coppie da santificare. Negli Usa la crisi finanziaria fa dimenticare seni scoperti, viodeogiochi violenti, gay impenitenti. L’acceso dibattito sulla questioni morali che si strascinava dagli anni di Bill Clinton e che sotto George W. Bush aveva assunto toni da crociata non interessa più a nessuno. Le guerre culturali sembrano diventate un lusso che gli americani non possono più permettersi. E persino i conservatori sembrano infischiarsene. Una svolta incredibilmente repentina.
Il 9 agosto del 2001, tre giorni dopo aver ricevuto un rapporto dei servizi segreti su un imminente attacco di Bin Laden, Bush pronuncia il suo primo discorso alla nazione. Il tema – pomposamente definito dalla Casa Bianca come «uno dei più profondi del nostro tempo», sono le cellule staminali. E ancora nell’estate del 2006 Michael Steele, allora presidente del Partito repubblicano, in campagna elettorale paragona la ricerca sugli embrioni agli esperimenti medici dei nazisti nei lager. Obama due settimane fa ha cancellato per decreto le restrizioni sulla ricerca imposte dal suo predecessore. Via libera ai finanziamenti pubblici per trovare una cura contro patologie come l’Alzheimer e il Parkinson. La reazione dei vertici repubblicani? Silenzio assoluto.
LA MINISTRA ALLA SALUTE
Quando Obama ha scelto come segretario alla Salute Kathleen Sebelius, la governatrice del Kansas che pur essendo cattolica difende il diritto di scelta delle donne sull’interruzione di gravidanza, Tony Perkins, leader di Family Research Council, ha tuonato: «Se i repubblicani non insorgono ora, quando mai lo faranno?». Non lo hanno fatto. La ratifica di Sebelius al Senato è passata anche con il voto a favore di due noti anti abortisti: Sam Brownback e Pat Roberts.
Gli storici assicurano che oggi si sta ripetendo esattamente la stessa dinamica che gli Usa hanno vissuto tra gli anni ’20 e gli anni ‘30. Praticamente da Al Capone al New Deal passando per la Grande depressione. Quando Franklin Delano Roosevelt entra per la prima volta alla Casa Bianca, i paladini della morale sono concentrati sul proibizionismo delle bevande alcoliche, causa assoluta di tutti i mali della società. La Anti Saloon League ha consenso e potere sufficiente da scoraggiare qualsiasi iniziativa del presidente contro i ben pensanti. È solo con il tracollo di Wall Street del 1929 che il governo interrompe la caccia a mescite e distillerie clandestine. E Roosevelt viene rieletto contro Hoover, schierato con I proibizionisti.
Il gesto di Roosevelt per molti americani fu una rassicurazione: il presidente non solo aveva a cuore il loro benessere economico, ma si preoccupava di liberarli dalle indebite intromissioni del governo nella loro vita privata. «Avendone persa molta durante la depressione – come spiega Michael Lerner, autore di Dry Manhattan, storia del proibizionismo a New York - la gente non ha intenzione di perdere altri pezzi di libertà per compiacere una vociante minoranza che si picca di voler chiudere i bar».La vera crociata americana dell’ultimo decennio, prima della guerra globale al terrorismo, è stata quella contro la droga. Combattuta specialmente contro consumatori e campesinos. Nel primo caso il risultato è stato quello d’ingolfare i tribunali e di riempire le patrie galere. Nel secondo, di mettere a repentaglio la sopravvivenza d’intere popolazioni andine, dispiegando truppe speciali dell’esercito e cargo dell’aviazione imbottiti di pesticidi contro i coltivatori di coca in Colombia. La svolta si preannuncia drastica anche su questo fronte.
LE MAFIE DEI NARCOS
L’amministrazione Obama ha deciso di affrontare di petto le mafie dei narcotrafficanti e di ragionare sul controllo delle diverse sostanze classificate come stupefacenti in base a criteri scientifici e non più ideologici. Il primo atto è stato quello del segretario alla Giustizia Eric Holder che annuncia la fine dei raid della polizia federale contro i dispensari di marijuana per uso medico autorizzati con leggi locali in diversi Stati dell’Unione. Una decisione che sconfessa l’indirizzo della Corte suprema motivate con logica disarmante: «È l’ora di finirla di perseguitare i malati la gente che non fa danno a nessuno». In California e Vermont sono in discussione due disegni di legge per legalizzare coltivazione e vendita di cannabis, con relativa imposta fiscal.
Frederick Lewis Allen, storico e sociologo, nota che come negli anni della Grade depressione sarebbe stato facile immaginare un arroccamento degli americani su posizioni ideologiche dettate dalla fede. Ma oggi come allora sta accadendo esattamente il contrario. Di fronte alla crisi la gente non si rifugia nelle chiese ma si aspetta e pretende un approccio razionale da parte di chi la governa. Teoria ampiamente confermata dall’ultimo autorevole sondaggio condotto da General Social Survey. Gli americani che hanno fiducia nella scienza sono il doppio di quelli che si affidano alla religione.

giovedì 19 marzo 2009

Gesù e i condom, polemiche su "Le Monde"

Gesù e i condom, polemiche su "Le Monde"

Corriere della Sera del 19 marzo 2009, pag. 9

Alessandra Arachi

La vignetta è d`autore, la firma Plantu, il disegnatore satirico di Le Monde. Apparsa sul quotidiano di ieri raffigura Gesù Cristo che «moltiplica» preservativi mentre da dietro Papa Benedetto XVI lo guarda e commenta: «buffonate»; e ancora più dietro il monsignor lefebvriano Williamson che aggiunge: «.. e poi l`Aids non è mai esistito». E davanti a tutto questo Luca Volontè, deputato dell`Udc, non ce l`ha fatta: «Questa`vignetta è un`offesa e non solo per tutti coloro che credono in Gesù Cristo». Non ha dubbi l`onorevole cattolico: «Esattamente come accadde tre anni fa per le vignette danesi su Maometto c`è un limite netto tra l`umorismo e l`offesa al culto e alla libertà religiosa: il quotidiano transalpino l`ha ampiamente superato. Ogni spirito libero, laico e credente dovrebbe chiedere il ritiro della vignetta». Ma la verità,è che non ogni spirito libero la pensa come Volontè. Anzi. Laico e del Pdl, il deputato Benedetto Della Vedova si stranisce: «Ma come? Proprio Volontè cita le vignette danesi? Lui non fa certo minacce di morte ma così facendo si è messo sulla stessa deriva degli islamici. La satira è satira. E può, deve, toccare anche il Papa, così come il Presidente della Repubblica». Cattolico e del Pd, il senatore Giorgio Tonini non è d`accordo in alcun modo con Luca Volontè. Dice, infatti: «Secondo me quella vignetta di Le Monde non va affatto ritirata. Anche il Papa può essere oggetto di satira. E un uomo come noi, non è fatto di cartapesta. Non è nemmeno santo. Non ancora. E se tante volte decideranno di farlo santo, vorrà dire che è stato preso di mira dalla satira un santo. Non cascherà il mondo». Cattolico e del Pd, il deputato Enzo Carra preferisce invece prendere le difese del Papa. Ma ricorda: «E` dai tempi dell`Asino di Podrecca che i Papi sono abituati a vedere vignette satiriche su di loro. E non credo che si sconvolgano più di tanto. Per essere precisi: la satira religiosa esiste da ben più tempo, da Giuda in poi. Il Santo Padre non si sconvolge, ma è giusto che invece siano i cattolici ad indignarsi».

Legge 40 ancora impallinata

Legge 40 ancora impallinata

L'Opinione del 19 marzo 2009, pag. 1

Alessandro Litta Modignani

Accogliendo il ricorso presentato da una coppia siciliana affetta da beta-talassemia e infertilità secondaria, il giudice ha sollevato nei giorni scorsi eccezione di incostituzionalità degli articoli 6 e 14 della legge. Tornano così in discussione i punti più controversi: l`obbligo di produrre tre ovuli fecondati, non uno in più né in meno; il divieto di procedere a una completa diagnosi pre-impianto; l`obbligo di impiantare tutti e tre gli ovuli nell`utero, indipendentemente dal loro stato; l`impossibilità di conservarli. Secondo il magistrato milanese, la decisione del legislatore di imporre un protocollo rigidamente codificato, non rappresenta una scelta idonea a garantire le stesse finalità della legge, cioè di favorire la gravidanza di persone con problemi riproduttivi. L`articolo 14 costringe alla reiterazione delle procedure, pratica giudicata inefficace, invasiva e gravemente pericolosa. La legge presenta dunque "incongruenze ed effetti irrazionali e non riguardosi di un ragionevole bilanciamento di tutti i soggetti coinvolti", costringendo medico e paziente a non praticare neppure le variazioni di cura necessarie, in relazione a specifiche esigenze del caso. L`atteggiamento del legislatore verso le copie affette da patologie genetiche pone, secondo il magistrato, "limiti illogici e contraddittori". Infine, sussiste un diritto del concepito a una vita futura non limitata da malattie genetiche. La Corte costituzionale sì pronuncerà il prossimo 31 marzo, però solo sulle eccezioni precedenti. Se invece vorrà unificarle con queste più recenti di Milano, dovrà procedere a un rinvio, l tempi si faranno lunghi, ma è chiaro che alla fine i nodi dovranno venire al pettine. L`obbligo di impiantare nell`utero i tre ovuli fecondati appare senz`altro il punto più debole della legge, sotto il profilo costituzionale. Anche il divieto di diagnosi pre-impianto è insostenibile, da tutti i punti di vista. La stessa pronuncia del Tar Lazio lascia ben sperare nella caduta degli aspetti più illiberali di un provvedimento tutto obblighi e divieti. Nell`ambito europeo, frattanto, ha suscitato scalpore la dichiarazione della Commissione, del 19 febbraio scorso, dove si annuncia un autentico boom delle diagnosi pre-impianto in tutto il continente, a seguito dei casi accertati di tumore ereditario, segnalati con grande enfasi dai media. L`Italia resterà l`unico paese al mondo in cui questa prassi è vietata? Per ora il solo risultato certo è il fenomeno del turismo procreativo, in costante crescita, naturalmente riservato a chi se lo può permettere. In Spagna i centri di fecondazione assistita hanno due liste di pazienti, con due listini prezzi ben distinti, per spagnoli e per italiani. Questi ultimi pagano il doppio, ma hanno diritto all`accoglienza in aeroporto, all`accompagnatore, all`interprete e altro ancora. Così va il mondo. Nei centri esteri non si bada certo all`altissimo numero di embrioni prodotti e poi buttati. In Italia, invece, una donna che scopre di avere avuto introdotto obbligatoriamente nell`utero un embrione malato, può sempre decidere di ricorrere all`aborto terapeutico. Questo è il brillante risultato ottenuto dai fautori della legge 40-che si battono "per la vita": meno bambini, più aborti, gran spreco di embrioni. Bell`affare.

Biopolitica vaticana

Biopolitica vaticana

Il Manifesto del 19 marzo 2009, pag. 1

Raffaele K. Salinari*

Di fronte alle statistiche di sieropositività per l`Aids che configurano per il continente africano un vero e proprio genocidio, dobbiamo chiederci qual è il senso politico delle dichiarazioni papali sull`inutilità del preservativo. Non bisogna essere conoscitori profondi del continente, infatti, per sapere che le posizioni vaticane sono totalmente inconciliabili con gli stili di vita della maggior parte degli africani, come d`altra parte dei cittadini di tutto il mondo e che, a maggior ragione,l`uso del preservativo risulta utilissimo anche per fermare altre malattie sessualmente trasmissibili, come la gonorrea. A peggiorare l`impatto delle dichiarazioni di Benedetto XVI nel suo primo, e dunque simbolico, viaggio nel Continente nero, bisogna considerare che queste verranno prese come giustificazione «morale» per l`indifferenza dell`occidente dinanzi ai trenta milioni di sieropositivi, di cui tre milioni di bambini: un vero e proprio crimine contro l`umanità perpetrato da chi promise aiuti che non sono mai arrivati, o vengono elargiti con il contagocce. Se allora provassimo a spiegare la posizione papale per quello che è, cioè una vera e propria forma della biopolitica occidentale che strumentalizza l`Aids, otterremo le risposte per capire. In realtà l`idea, cinica ma realistica, che il continente africano possa essere «ricolonizzato» o «rievangelizzato» dall`occidente tra una decina di anni senza colpo ferire non è nuova, ma la pandemia di Aids ha dato a questa teoria lo «spazio vitale» sia mercantile che ecclesiale, un nuovo impulso. Come non soffermarsi sulla possibilità che un occidente, ma in tempi recenti anche la Cina, in affanno di materie prime e spazi nei quali scaricare le eccedenze e i rifiuti, non aspetti che la pandemia faccia il suo corso per poi cogliere il frutto maturo di un continente deprivato delle sue forze migliori?. E come tacere che la «nuova morale sessuale» vaticana è ritagliata più sulle gerarchie ecclesiali del Continente nero che sulle reali abitudini della maggioranza degli africani? I promessi aiuti infatti, anche se dovessero arrivare, e il papa ha detto che non servono, non basteranno a sconfiggere la malattia né a sostenere la penetrazione commerciale delle multinazionali del farmaco in Africa: il continente è infatti troppo povero per questo. A cosa servono, quindi, realmente quei pochi miliardi di dollari che comunque arriveranno? In sintesi a rafforzare le basi per un controllo mirato delle popolazioni e delle loro relazioni territoriali con le risorse strategiche. Da anni, infatti, con la scusa dell`epidemiologia dell`Aids vengono «tracciate» le popolazioni nei loro flussi migratori e spostate masse umane enormi per allontanarle, ad esempio, dai giacimenti minerari interessanti o, viceversa, stanziarle per «presidiare» quelli che ancora non si vogliono sfruttare. Lo studio del morbo si è inoltre da tempo trasformato in una forma di controllo di popolazioni nomadi per necessità, attraverso pratiche di schedatura di massa. La volontà vaticana di disarticolare una strategia complessiva di lotta all`Aids, rientra in questa, necessità di controllo di un continente esposto alla povertà per poi poter essere «aiutato» dagli apparati burocratici delle organizzazioni internazionali o sostenuto nella sua nobile sofferenza dalla pietà delle confessioni religiose. Sulla pelle degli africani, come sempre, ci guadagnano tutti. Se si adotta questo punto di vista si capiscono molte cose, anche le «antistoriche» e pericolose posizioni papali. Tutto questo è stato già evidenziato, con dovizia di particolari, all`interno dell`ultimo rapporto Undp sullo sviluppo umano, che sottolinea anche il dato strutturale dell`abbandono, da parte dei paesi ricchi, delle politiche che una volta si definivano di sviluppo, per muovere a una concezione decisamente più mercantile ed emergenziale delle relazioni tra paesi ricchi e poveri. Da questo punto di vista il nostro paese, già da qualche anno, risulta all`avanguardia sia nell`abbandono delle politiche di cooperazione che nei ritardi ai versamenti delle quote al Fondo di Lotta all`Aids, Tbc e malaria, peraltro lanciato dal Presidente del Consiglio durante il G8 di Genova. Forse, per un governo così attento ai desiderata delle gerarchie vaticane, le parole del Papa saranno un ottimo motivo per «moralizzare» ulteriormente questa attenta disattenzione.

NOTE

*Presidente Terre des Hommes International

Biotestamento Berlusconi al Pdl: si deve votare compatti

Biotestamento Berlusconi al Pdl: si deve votare compatti

L'Unità del 19 marzo 2009, pag. 16

Maria Zegarelli

Il premier Silvio Berlusconi il giorno in cui il Senato inizia la discussione sul ddl sul testamento biologico entra a gamba tesa nei lavori parlamentari. Con ai suoi senatori ribadisce sì la libertà di coscienza, ma subito dopo afferma che il testo del ddl al loro esame «riprende e traduce in norme alcuni dei valori fondamentali del popolarismo europeo». Arriva al punto: «A pochi giorni dal primo congresso nazionale del Pdl è davvero importante riuscire a dare sostanza a quei principi che dovranno unirci per decenni». Ma per carità, «il governo non è tenuto ad intervenire». Lo fa come «uomo, ancor prima che come» premier perché non può «far finta di dimenticare che questo appuntamento parlamentare fa seguito alla tragica sera nella quale morì Eluana Englaro».

La capogruppo Pd Anna Finocchiaro archivia le speranze di dialogo. Berlusconi «prende atto che la pluralità di vedute riguarda anche il Pdl, ma non rinuncia all`imposizione – dice “Non mi pare neanche bellissimo che il premier, rispetto ai propri deputati e senatori, peraltro nominati con questa orrenda legge elettorale, scrive una lettera con la quale sostanzialmente dice "mi raccomando, coniugate la vostra coscienza con l`etica della responsabilità nei confronti del governo e della maggioranza».

Dice Antonio Paravia: «La mia posizione rimane la stessa, io ho sempre detto che per me questa legge è incostituzionale, illegittima e sbagliata», o Lucio Malan: «Ci sono alcune parti del ddl che non condivido». In aula va tutto come previsto: Pdl, l`Udc e la Lega respingono le 4 pregiudiziali di costituzionalità presentate da Pd, Idv e radicali e la questione sospensiva presentata soltanto dai radicali. «Noi combatteremo fino in fondo affinché "io non lo farei" non diventi "tu non lo devi fare"- dice Emma Bonino -. Nei giorni scorsi avevo avanzato una proposta di moratoria, oggi vi prego di fermarvi. La forza dei numeri non è sempre la forza del diritto». L`incostituzionalità si fonda soprattutto sull`articolo 32 della Costituzione. Da qui partono i senatori dell`opposizione che illustrano le pregiudiziali di costituzionalità. «Poter scegliere di morire dignitosamente è un diritto fondamentale di tutti quanti o per lo meno di chi lo vuole fare e chi lo vuole fare deve essere lasciato libero», dice la Bonino. «Chiedo al centrodestra di essere coerente col suo tradizionale approccio anti-giustizialista e di votare a favore delle pregiudiziali», insiste il Pd Stefano Ceccanti che legge in aula un articolo di Alfredo Mantovano apparso su Il Foglio, che ha «inequivocabilmente ammesso l`incostituzionalità» e cita Peppino Calderisi: «Tale legge è destinata inevitabilmente a infrangersi contro la Corte Costituzionale». E Umberto Veronesi - a lungo applaudito - a ribadire che alimentazione e idratazione «sono trattamenti medici» e quindi non possono essere imposti ad un paziente. Raffaele Calabrò, relatore del Ddl, difende il lavoro svolto - cita Enzo Iannacci cantante, nonché medico «laico». Sostiene che non «sempre libertà e diritto coincidono» e che «il bene comune» deve prevalere. «Il voto finale sul testamento biologico si svolgerà giovedì sera-notte della prossima settimana», annuncia Finocchiaro al termine della conferenza dei capigruppo.

martedì 17 marzo 2009

Fine vita, migliaia di emendamenti presentati al Senato

l'Unità 17.3.09
Fine vita, migliaia di emendamenti presentati al Senato
Solo i radicali ne hanno depositati 2572, il Pd 173 (75 unitari)
Consenso compatto al testo Finocchiaro, firma anche Marini
di Maria Zegarelli

Soffia vento di bufera sul dibattito in aula previsto per domani in aula al Senato sul testamento biologico. Sono arrivati una valanga di emendamenti (ieri è scaduto il termine ultimo per presentarli) al testo Calabrò licenziato dalla Commissione Sanità: i radicali ne hanno presentati 2572; il Pd 173 di cui 75 unitari, gli altri individuali; l’Idv 35; l’Udc 8, la maggioranza ne ha annunciati 9. Oltre tremila in tutto secondo il relatore.
Due eccezioni di costituzionalità sono state firmate dai radicali e una è stata annunciata dal Pd. Fin qui la pennellata generale, il dettaglio rivela aspetti interessanti: l’emendamento Finocchiaro, relativo alla sospensione di idratazione e alimentazione artificiale (il vero nodo di tutto l’impianto della legge) è stato sottoscritto da tutto il direttivo del gruppo (meno Baio Dossi, Bonino e Sbarbati che non è stata raggiunta telefonicamente), dai membri e dal capogruppo della commissione Sanità (tranne Gustavino). L’accordo è arrivato dopo un braccio di ferro andato avanti fino a mezzogiorno tra laici e cattolici (secondo i quali l’emendamento non avrebbe dovuto portare la firma del presidente del gruppo). Alla fine la tela tessuta da Anna Finocchiaro, gli ex popolari e il segretario Franceschini ha dato i suoi frutti e si è ribadita «la posizione prevalente» nel partito, dopo lo strappo che si è verificato con il voto finale in commissione quando il gruppo ha votato in ordine sparso. È questo il significato delle firme di Franco Marini e di altri ex popolari. Un messaggio di unità e compattezza in vista del dibattito in Aula ma anche un avvertimento a Dorina Bianchi. «Cara Dorina così non va», le è stato detto facendole capire che la sua nomina in commissione Sanità potrebbe saltare. Per questo ha firmato controvoglia l’emendamento che considera l’idratazione e l’alimentazione trattamenti di «sostegno vitale», che devono essere sempre garantiti a meno che la sospensione «sia espressamente oggetto della dichiarazione anticipata di trattamento». Ma se è vero che si è detta disponibile in aula a spendersi «maggiormente» in quel senso,poi ha firmato un emendamento (sottoscritto da Gustavino, Lusi e De Sena) che va nella direzione opposta: stop a idratazione e alimentazione artificiali (che non possono essere oggetto di Dat) solo per i casi in stato vegetativo in cui non si verifica più l’assorbimento. Anche Marini ha firmato altri due emendamenti, presentati da Bosone, nei quali si cerca di tracciare confini rigidissimi entro i quali è possibile sospendere i trattamenti ma in uno possono essere oggetto di dichiarazione anticipata, nell’altro no. Ponti verso il dialogo, in sostanza. Un emendamento porta la firma di Ignazio Marino e Umberto Veronesi e raccoglie la posizione più laica del Pd: idratazione e alimentazione sono trattamenti medici e in quanto tali è il malato che decide e lascia disposizioni nella Dat. Albertina Soliani in solitaria sostiene la volontà del paziente ma dà al medico la possibilità di non sospendere i trattamenti nel caso in cui ci fosse un reale beneficio terapeutico.
Poi c’è la «terza via» di Francesco Rutelli, indicata in sei emendamenti: coinvolgere il paziente minore (escluso dal testo della maggioranza); responsabilizzare medici e personale sanitario sul rischio eutanasia; dare la possibilità al medico nelle fasi terminali di non procedere ad accanimento terapeutico e di tenere conto della volontà del paziente anche se le dichiarazioni del soggetto fossero scadute. Il Pdl sgombra il campo da possibili illusioni rutelliane: non c’è alcuna terza via, dice Gaetano Quagliariello, «Noi - spiega -abbiamo dei paletti che non intendiamo superare: difesa della vita da una parte e libertà di cura dall’altra, no all’eutanasia di Stato e no all’accanimento terapeutico».

venerdì 13 marzo 2009

No a Englaro cittadino onorario Il Pdl lancia la «contro-delibera»

Corriere della Sera 13.3.09
Firenze. Ma il centrosinistra: non riusciranno a spaccarci
No a Englaro cittadino onorario Il Pdl lancia la «contro-delibera»
di Marco Gasperetti

FIRENZE — Dopo la delibera che ha spaccato il Partito democratico sulla cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, presentata dal socialista Alessandro Falciani e approvata dal consiglio comunale di Firenze tra le polemiche e lo sdegno dell'arcivescovo Giuseppe Betori, ecco la «delibera blocca delibera ». Ovvero un provvedimento del Popolo della libertà con il quale si chiede la revoca della cittadinanza onoraria — approvata ma non ancora ufficialmente conferita — al padre di Eluana. Tutto questo accade mentre il presidente del consiglio comunale Eros Cruccolini (La Sinistra) telefona a Englaro per fissare il giorno del conferimento dell'onorificenza e insieme decidono la data della cerimonia: lunedì 30 marzo, Salone dei Duecento, Palazzo Vecchio.
La «delibera blocca delibera» è stata presentata ieri dal capogruppo di Forza Italia Bianca Maria Giocoli e dal consigliere e parlamentare di FI Gabriele Toccafondi ed è stata controfirmata dal capogruppo di Alleanza nazionale, Riccardo Sarra. La conferenza dei capigruppo l'ha accettata e inserita nell'ordine del giorno dei lavori consiliari di lunedì e martedì.
«Cercheremo di far discutere e votare la nostra delibera prima possibile — spiega Gabriele Toccafondi —. Nel documento, oltretutto, facciamo nostra la proposta del sindaco Leonardo Domenici che non è passata in consiglio: approfondire il problema con un convegno al quale invitare anche il signor Englaro».
L'iniziativa del Pdl rischia di creare spaccature nella già screpolata maggioranza e soprattutto provocare nuove divisioni nel Pd. Durante il voto in consiglio comunale i democratici si sono divisi: 9 hanno votato a favore della cittadinanza onoraria a Englaro, 5 contro e 3 si sono astenuti. Come voteranno la «delibera annienta delibera» i consiglieri di aria cattolica del Pd? «Stavolta c'è un'indicazione forte del partito — dice il capogruppo Rosa Di Giorgi — perché non è più un problema individuale. Il Pd è sotto attacco del Pdl che strumentalmente vuole provocare divisioni e confusione. Dunque i consiglieri del Pd voteranno no alla delibera del Pdl».
Anche il presidente Cruccolini critica l'iniziativa del centrodestra: «Un atto provocatorio che non tiene conto di un provvedimento votato dal consiglio a maggioranza — dice —. Beppino Englaro mi ha detto di essere molto onorato della cittadinanza fiorentina, ma pure di essere dispiaciuto per le divisioni».
Il presidente Cruccolini ha anche annunciato che scriverà una lettera all'arcivescovo Betori in risposta alle sue critiche al consiglio comunale. «Me lo ha chiesto la maggioranza dei capigruppo. Scriverò la lettera domani (oggi, ndr) e cercherò, nel modo più opportuno possibile, di fare capire al monsignore che il consiglio comunale è autonomo nelle sue scelte. La curia ha il legittimo diritto di critica, ma non può usare toni così pesanti che di fatto rasentano l'interferenza politica e rischiano di delegittimare consiglieri eletti democraticamente».

Passa il testo Calabrò con due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente

l’Unità 13.3.09
Testamento biologico il Partito democratico vota in ordine sparso in commissione
Passa il testo Calabrò con due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente
Finocchiaro: quella legge orribile sfascia la Carta
di Susanna Turco

Il Pd si divide nel voto finale in commissione Sanità al Senato sul ddl Calabrò. Finocchiaro: «È un testo che sfascia la Carta. Possiamo solo diminuire il danno. Un referendum? Non so se riusciremmo a sostenerlo»
«Cercheremo di ridurre il danno. Il referendum? Non so se riuscirebbe»
Poche le speranze

Anna dei miracoli, quella stessa che tante volte è riuscita nell’opera di tenere insieme il gruppo del Senato, si abbatte sul seminario di LibertàEguale dedicato al testamento biologico come un ciclone. Stavolta la Finocchiaro il miracolo in mano non ce l’ha. Ha piuttosto un foglietto. Gliel’ha portato un collaboratore e lei, dopo averlo letto, lo getta davanti a sé con un moto di stizza. Di più, di ira funesta. Al Senato, il gruppo del Pd in commissione Sanità ha appena votato in ordine sparso il ddl Calabrò sul fine vita: due contrari, tre astenuti, tre non partecipanti al voto, un assente. E dire che subito prima i senatori si erano riuniti per concordare una linea: l’indicazione di partenza era il no, pareva la mediazione fosse non votare, ma poi.
Con tutto questo negli occhi, l’ennesima divisione e quel foglio che la rappresenta, la Finocchiaro occhi neri e capelli uguali ma virati argento prova a spiegare quel che davvero ha capito, alla fine, dopo tanti mesi alla ricerca di «una mediazione confortevole», che nei fatti non c’è, tra chi nel Pd sta con Marino e chi no. «In questi giorni», dice la Finocchiaro strappando in due il suo foglietto, «mi si è aperta una finestra che va oltre il fine vita».
Poco dopo lo spiegherà anche ai suoi senatori, convocati subito per una riunione irrespirabile. Ma adesso Anna dei miracoli ha un tempo diverso, e prima di dire che il ddl Calabrò è «un testo inutile e orribile, che sfascia la Costituzione», spiega che il punto di partenza è l’articolo 32 della Carta. Quello che dice che non si può sottoporre nessuno a trattamenti sanitari contro la sua volontà. Quello che tante volte è stato tirato di qua e di là. «Ma in realtà non siamo neanche di fronte a un fraintendimento tra noi e la maggioranza. Considerare o no il sostegno vitale un è un alibi». Un colpo di rasoio, su polemiche di mesi.
«Il fatto è diverso, più profondo. È che la gerarchia dei valori sulla base dei quali è stato scritto il patto costituzionale si sta sgretolando». Lo dice così, senza particolare enfasi ma con infinita durezza, dividendo in quattro il suo foglietto. «Quel patto sulla libertà dell'individuo non tiene più, aggiunge, non assicura più tutti nello stesso modo. È come se si stesse regredendo, come se la Costituzione non fosse più assunta nella sua vigenza». Una norma vige se è condivisa: «Se non la riconosci più mostra la sua fragilità». Quella che lei ha visto sul fine vita.
«Mi sono sentita in imbarazzo, e non ho votato», spiega alle agenzie la senatrice del Pd Chiaromonte. «Ci siamo astenuti come al solito quando si dà mandato al relatore», dice la Bianchi. Intanto, Anna del non miracolo spiega che invece «si deve ripartire dall’articolo 32, che celebrà la libertà umana». Però, certo, è difficile. «Non so quanto il Paese comprenda che sul ddl Calabrò c’è un ribaltamento tra lo Stato e la persona sulle decisioni che riguardano il corpo. Si torna indietro».
Ma è questa, alla fine, la legge che passerà. «Non mi faccio illusioni, né penso a strabilianti modifiche nel voto segreto». Il punto però è ancora oltre. «Forse ci siamo sbagliati. Pensavamo che la risposta nel Paese sarebbe stata un’altra. Ci siamo sbagliati, pensando che queste cose fossero già nella coscienza della gente. Forse non è così». Per questo nemmeno il referendum servirà: «Non sono così sicura che saremmo in grado di sostenerlo. Quello sulla legge 40 è un precedente che mi inquieta». Poi certo, «continueremo con la presenza, le proposte, nel cercare comunque un risultato, anche piccolo. Diminuire il danno, ma più di questo non credo». Quel foglietto che si girava tra le mani è diventato una pallottolina, quasi non si vede più.

mercoledì 11 marzo 2009

Biotestamento, il Pd si divide ancora

Biotestamento, il Pd si divide ancora

Liberazione del 11 marzo 2009, pag. 6

Laura Eduati

Una leggera modifica alla norma sul testamento biologico. Un sottile compromesso, una concessione del centrodestra al centrosinistra, ovvero la riformulazione del primo articolo dove la vita rimane comunque «indisponibile» ma viene introdotto il consenso informato e cioè la possibilità per i malati in grado di intendere e volere di rifiutare i trattamenti sanitari così come stabilito dall`art.32 della Costituzione. In cambio, la maggioranza chiede all`opposizione di abbandonare ogni atteggiamento ostruzionista e comunque, ribadisce il relatore della legge Raffaele Calabrò. «la filosofia del testo verrà conservata». E se questo sia o meno un minuscolo passo avanti non esiste una uniformità di pareri nel drappello dei parlamentari Pd in commissione Sanità: sei hanno votato contro, tre si sono astenuti e tra questi la capogruppo piddì Dorina Bianchi, da sempre convinta che vada incoraggiato il dialogo con la maggioranza: «E` stato fatto un lavoro positivo che ha portato ad un netto miglioramento dell`articolo uno». Bianchi non ha mai nascosto le proprie simpatie per il ddl Calabrò, ecco perché le sue parziali aperture al centrodestra generano grossi malumori nel partito. E difatti non canta vittoria la collega dei radicali Donatella Poretti: «Resta il nodo fondamentale dell`idratazione e alimentazione artificiali, che nel testo Calabrò rimangono obbligatori». Se la legge dovesse essere promulgata come è formulata oggi, ragiona Poretti, i malati non potrebbero decidere di sospendere la nutrizione. Eppure un paziente nelle condizioni di Welby, grazie alla modifica introdotta, potrebbe interrompere il respiratore. O forse no, visto che la vita è «indisponibile»: «Una delle tante contraddizioni del testo» conclude la senatrice dei radicali che lotta per introdurre l`eutanasia. Calabrò considera che nel Pd esistono «due anime», il senatore Ignazio Marino ribatte: «Nessuna spaccatura, il Pd continua a portare avanti l`orientamento prevalente» e cioè l`ostilità ad una norma che lede la libertà di scelta. Per la maggioranza dei senatori Pd l`introduzione del consenso informato è una ovvietà, visto che già oggi negli ospedali italiani è possibile rifiutare le cure. Certo, andava specificato nella legge poiché altrimenti nessuno avrebbe potuto opporsi ai trattamenti sanitari. Insomma, la legge perde qualche dettaglio di incostituzionalità ma continua a vietare eutanasia passiva e suicidio assistito, e dunque introduce una palese discriminazione tra malati coscienti, in grado di decidere le cure, e malati non coscienti che rimarrebbero in balìa delle scelte dei medici nonostante abbiano compilato un Dat (dichiarazioni anticipate di trattamento, ndr). Proprio per scongiurare tale scenario, l`associazione Luca Coscioni invita i cittadini a spedire via web degli emendamenti per migliorare la legge. Le proposte saranno poi presentate a partire dal 18 marzo, quando comincerà la discussione in aula al Senato. Una sorta di «ostruzionismo partecipativo» che non raccoglie l`invito del centrodestra a discutere serenamente senza intralci. «Non riesco ad immaginare una mediazione su alimentazione e idratazione» dichiara a Liberazione il senatore Luigi Manconi (Pd), che proprio con l`associazione Luca Coscioni sta raccogliendo testamenti biologici compilati dai cittadini. Il modulo è scaricabile anche da buondiritto.it. In pochi giorni sono stati inviate 1850 dichiarazioni anticipate che verranno poi girate ai presidenti di Camera e Senato per sensibilizzare ulteriormente il Parlamento sulla questione. Manconi, con i radicali, sta mettendo a punto una rete di notai disponibili a registrare i testamenti biologici raccolti da utilizzare nel caso ce ne fosse bisogno, sia in assenza di legge che nell`eventualità il ddl Calabrò entri in vigore con le sue restrizioni. Non viene esclusa una «via giudiziaria» come accadde per la legge 40: se il testamento biologico di un paziente confligge con le decisioni del medico o della struttura sanitaria, allora quel paziente potrebbe richiedere la verifica della legittimità del suo diritto. In poche parole: potrebbe ricorrere al giudice e citare quel medico o quell`ospedale perché sta ostacolando il diritto a rifiutare le cure, così come è stato concesso dal tribunale e dalla Corte di cassazione a Eluana Englaro. Alle due iniziative popolari si aggiunge quella di Mina Welby, che continua a lottare per l`introduzione di un registro per i testamenti biologici presso i Comuni italiani con la collaborazione delle Asl. La votazione in commissione Sanità continua oggi pomeriggio, e proprio su alimentazione e idratazione, dopo una riunione nel mattino con i capigruppo che si preannuncia caldissima.

Tra i contrari Ignazio Marino: sono sbigottito, si rischia di aumentare la conflittualità tra medico e paziente

Corriere della Sera 11.3.09
Testamento biologico
Voto in commissione, la Bianchi tra gli «aperturisti»
«Fine vita», sì al consenso informato
E il Pd si spacca: 3 su 9 si astengono
Tra i contrari Ignazio Marino: sono sbigottito, si rischia di aumentare la conflittualità tra medico e paziente
di Alessandro Trocino

ROMA — Il senatore del Pdl Enzo Ghigo, uscendo dalla commissione Sanità, lo dice chiaramente: «Abbiamo fatto un passo avanti. Ora si può discutere anche sul divieto di idratazione e alimentazione, insieme ai cattolici del Pd più sensibili». Il passo avanti è l'inserimento esplicito del consenso informato nel testo sul testamento biologico presentato dal governo e votato a grande maggioranza. Un successo del Pd, che lo chiedeva da giorni come punto irrinunciabile. Ma paradossalmente anche un successo per il Pdl, perché con questa mossa strategica riesce ad aprire una spaccatura tra i democratici: della pattuglia di nove senatori, sei votano contro, ma tre fanno un'apertura di credito e si astengono. Oggi pomeriggio si vota sul punto più delicato della legge, quello su alimentazione e idratazione artificiale. Qui la spaccatura tra i poli è più forte: difficile un tentativo mediazione, più probabilmente rimandato all'Aula.
I tre astenuti del Pd sono Dorina Bianchi, capogruppo in Commissione. Daniele Bosone, uno dei pontieri più abili e apprezzati finora. E Claudio Gustavino, senatore vicino a Rutelli. «Incredibile — commenta la radicale Donatella Poretti — Gustavino si è astenuto anche sul consenso informato, una citazione letterale dell'articolo 32 della Costituzione». La Poretti giudica però «dignitoso» il comportamento del Pd e spiega il perché del voto contrario, nonostante il successo sul consenso informato: «Resta l'obbrobrio di definire la vita umana un diritto indisponibile. Tra l'altro, formulata così, la norma è in contrasto con la legge 194, sull'aborto». I radicali ieri hanno anche lanciato l'«ostruzionismo partecipativo»: si può diventare «senatori per due ore», proponendo emendamenti al ddl sul sito www.lucacoscioni. it.
Tra i contrari all'articolo 1 c'è Ignazio Marino, che contesta l'atteggiamento della maggioranza: «Con questo articolo si rischia un aumento della conflittualità tra medico e paziente. Sono sbigottito: non capisco perché non ci sia nessuna disponibilità ad accogliere emendamenti, che non cambiano la filosofia, ma che almeno aiutano a migliorare il testo».
Parere diverso da quello di Bosone. Che è soddisfatto delle aperture: «Il Pd deve rivendicare di aver fatto cambiare volto all'articolo 1, rendendolo meno ideologico. Ma è questione di sensibilità: c'è chi vede il bicchiere mezzo pieno e chi lo vede mezzo vuoto». Sono le «due anime del Pd», come le chiama il relatore Raffaele Calabrò, del Pdl. Anch'esso diviso: ieri Sandro Bondi ha invitato «ad ascoltare anche le ragioni di papà Englaro ». Questa mattina alle 9.30 il Pd riunisce il gruppo. A seguire si incontrano gli ex popolari, convocati da Franco Marini.

Biotestamento. Il Pd vota in ordine sparso sull’articolo 1

l’Unità 11.3.09
Biotestamento. Il Pd vota in ordine sparso sull’articolo 1
di Jolanda Bufalini

Sei contrari e tre astensioni nel primo voto di merito sul testamento biologico. L’orientamento prevalente: «Passi avanti ma il testo è ancora inaccettabile». Oggi la discussione su idratazione e nutrizione.

Sei voti contro, tre astenuti nel gruppo Pd, astensione anche del commissario Idv, Astore: l’articolo 1 del ddl Calabrò è passato ieri sera a larga maggioranza ma, nonostante il lavoro bipartisan che ha portato alla riformulazione del testo, senza il voto del Pd (l’astensione vale in Senato come voto contrario anche se è evidente che segnala una diversa valutazione da parte dei tre Pd che si sono differenziati). È il primo voto espresso sul merito di un testo intorno al quale, poco più di un mese fa, si è acceso - mentre a Udine si concludeva l’esistenza di Eluana Englaro - lo scontro in Parlamento. Dal muro contro muro si è passati al confronto, anche perché nello stesso Pdl il testo originario, palesemente incostituzionale, creava problemi, come quelli espressi dal senatore Giuseppe Ferruccio Saro che, ieri a Udine, ha salutato la nascita della associazione dedicata a Eluana Englaro: «Lo scossone etico sul biotestamento è nato dal Friuli, la sfida sul biotestamento deve essere in grado di equilibrare i difensori della dimensione pro life tanto quanto i difensori del concetto di disponibilità della vita».
Ancora inaccettabile
Il Pdl ha accettato di modificare il primo comma. Il risultato ottenuto fa sì che nel gruppo Pd non ci si stracci le vesti per la differenziazione nel voto. Sottolinea il senatore Marino: «Il Pd non si è spaccato, ma ha portato avanti la linea prevalente». Ma, insiste, è stato approvato un articolo di una legge «che continuiamo a considerare contro la Costituzione, perchè lede la libertà di scelta della persona rispetto alle terapie». Dice il senatore Lionello Cosentino «abbiamo raggiunto un risultato di principio su una legge che è partita malissimo e che è ancora, allo stato, per noi inaccettabile. Però non perdo la speranza che il testo possa essere ancora migliorato, in commissione e in Aula». Nella nuova formulazione la legge «garantisce che gli atti medici non possono prescindere dall'espressione del consenso informato nei termini di cui all'articolo 4 della presente legge, fermo il principio per cui la salute deve essere tutelata come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge e con i limiti imposti dal rispetto della persona umana», praticamente una riscrittura dell’articolo 32 della Costituzione. L'intesa si è trovata con una formulazione bipartisan, che vede tra i firmatari la stessa Finocchiaro, ma anche il presidente della Commissione Sanità di Palazzo Madama Antonio Tomassini. Una riscrittura che non è piaciuta alla componente radicale che, ieri mattina, ha convocato una conferenza stampa per annunciare il proprio «ostruzionismo costruttivo», ovvero la determinazione a discutere nel merito - non leggendo foglietti a vanvera, ha detto Donatella Porretti - tutti i sub-emendamenti presentati al testo Calabrò. Al contrario per il senatore cattolico Bosone «il bicchiere mezzo pieno» vale il segnale di attenzione che si esprime con l’astensione. E mezzo pieno il bicchiere è anche per gli altri esponenti “margheritini” del Partito democratico, che avrebbero dovuto incontrarsi ieri con Franco Marini. Riunione poi rinviata perché, in seduta notturna, si è passati all’esame dell’articolo 4 (ora 2) del testo Calabrò.
L’incognita nutrizione
Nel voto contrario «prevalente» del Pd si riflettono due ordini di motivi. Nel merito dell’articolo 1, Ignazio Marino sottolinea: «avevo proposto anche di modificare la parte che parla di “partecipazione del paziente all'identificazione delle cure mediche”, perchè questa formulazione non è il consenso informato». Secondo il senatore pd, «il paziente deve dire sì o no a una terapia altrimenti si aprirebbe la strada a una serie infinita di contenziosi».
Ma pesa ancora di più l’incognita dell’atteggiamento della maggioranza sulle altre questioni controverse, particolarmente sul problema della nutrizione e idratazione artificiale: terapia e quindi soggetta alla libera scelta del paziente per i laici, sostentamento vitale per i “pro life”. Calabrò ha annunciato che esprimerà il suo parere sui sub-emendamenti dell’opposizione articolo per articolo. Evidentemente non vi sono ancora le basi di un confronto. E, infatti, è Calabrò, dopo l’esito del voto a prendersela con «l’atteggiamento troppo rigido di una parte del Pd». Diverso il commento del presidente Tomassini: «Non sono deluso», «è stato un passaggio molto importante ed è evidente una certa diffidenza a dare un parere favorevole finchè non è conclusa le legge». E il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi, in predicato come coordinatore del Pdl: «Dobbiamo ascoltare le ragioni del papà di Eluana e dobbiamo dar segno di ascoltare le ragioni di chi ha sofferto».

martedì 10 marzo 2009

Englaro porta la sfida in Senato "Vita e scienza hanno dei limiti"

La Repubblica 10.3.09
Englaro porta la sfida in Senato "Vita e scienza hanno dei limiti"
A Firenze cittadinanza onoraria. Il Pd si spacca, la Curia protesta
di Piero Colaprico

L’arcidiocesi attacca la delibera: un atto nefasto, offensivo e distruttivo
Verrà presentata l´associazione "Per Eluana" con il consulente della Chiesa tedesca

MILANO - Tra una settimana Beppino Englaro entra a Palazzo Madama. Sarà anche uno che non fa politica, però un fatto è certo: la battaglia delle idee non gli dispiace. E con questo atteggiamento molto poco diplomatico, che un po´ fa storcere il naso a chi lo voleva zitto e buono, il papà di Eluana non disdegna il ruolo di "testimonial".
Nella sala stampa del Senato - dove il dibattito sul testamento biologico continua anche se a rilento - verrà presentata in anteprima l´associazione "Per Eluana". Ha come presidente onorario lui, come presidente la cugina di Eluana, la signora Germana, psicologa e psicoterapeuta. E vede come numero uno del comitato scientifico dell´associazione il professor Gian Domenico Borasio, consulente della chiesa cattolica tedesca in materia di bioetica. Viene anche stilato da Englaro, dai legali e dai medici che hanno seguito il caso Eluana una sorta di «manifesto del consenso informato».
L´idea base è quella che il comune cittadino, messo di fronte al medico e alle scelte estreme in caso di malattia letale, o perdita della coscienza, abbia davvero l´ultima parola. Nel manifesto si parla della «finitezza della vita umana e della medicina», un concetto che nelle polemiche che hanno preceduto la morte di Eluana sembrava oscurato. E le polemiche non cessano di accompagnare questa vicenda, visto che ieri Englaro ha avuto la cittadinanza onoraria di Firenze: dire che il consenso sia stato unanime sarebbe fuorviante. Nove consiglieri del Pd hanno votato a favore, cinque contro e tre si sono astenuti, quindi il travagliato partito si è spezzettato in tre tronconi. La decisione è passata di misura, con 22 voti favorevoli, 16 contrari e 3 astenuti. E l´arcidiocesi parla di «atto nefasto, offensivo, distruttivo».
«Mi hanno detto che nessuno ha avuto così pochi voti, ma - dice Englaro - sono tematiche che spaccano tutto e tutti. L´importante è che la società civile abbia capito, io resto onorato che anche in questa situazione di spaccatura una città come Firenze mi voglia cittadino. E non gioisco per me, ma per il tema delle libertà dell´uomo». A Roma, con Englaro, andrà anche il professor Borasio. La scorsa settimana questo medico italiano con cattedra a Monaco di Baviera è stato ascoltato dal parlamento tedesco, che è impegnato, come il nostro, in una legge sul fine-vita. E per Borasio c´è una strada maestra: «Le cure palliative sono un requisito indispensabile per l´autodeterminazione del paziente. Se io ho atroci dolori e non c´è nessuno in grado di lenirli, è chiaro che la mia autodeterminazione è limitata».
Englaro da una parte spera di dare un contributo scientifico, avendo bussato a tante porte, ma dall´altra non esita: «Non ho alcun interesse a espormi più del dovuto, resto un cittadino qualunque che difende le sue libertà fondamentali. E come associazione - dice - scenderemo in campo con un referendum se passa l´idea che la nutrizione e l´idratazione siano obbligatorie, che non siano terapie, ma accudimento. Non ci sono alternative, ma ripeto - conclude il papà di Eluana - che non entro in nessun partito politico, men che mai come indipendente, né appoggio campagne elettorali. Cerco solo di dire: "Attenti, potrebbe capitare a voi ciò che è capitato a me ed Eluana, siete sicuri di volere lo stesso calvario?". Mi è consentito domandarlo?».

Firenze, Englaro cittadino onorario.

l’Unità 10.3.09
Il consiglio comunale approva la proposta del socialista Falciani
Il gruppo del Pd si spacca in tre. Sconfessati Renzi e Domenici
Firenze, Englaro cittadino onorario. Ma il Pd si spacca in tre
Duro il commento della Diocesi fiorentina, che parla di «atto nefasto e distruttivo».

Beppino Englaro, padre di Eluana, è da ieri cittadino onorario di Firenze. Così ha deciso il consiglio comunale di Palazzo Vecchio approvando la proposta del consigliere socialista Alessandro Falciani. Il gruppo del Pd si è spaccato in tre tra astenuti, favorevoli e contrari. Ed è andato contro l’auspicio del sindaco Leonardo Domenici che chiedeva di trovare un altro modo per esprimere solidarietà a Beppino. Anche il candidato a succedere a Domenici, Matteo Renzi del Pd, si era espresso negativamente sull’ipotesi. La Diocesi fiorentina parla di atto «nefasto, offensivo e autodistruttivo».
Gli astenuti sono Paolo Imperlati (Pd), la presidente della commissione sanità del Pd Susanna Agostini e Ugo Caffaz, sempre del Pd. Caffaz, Agostini e il vicecapogruppo del Pd Gianni Amunni avevano cercato di mediare tra la loro volontà, come quella di molti altri del gruppo, di votare a favore della cittadinanza e quella di tenere nel dovuto conto la proposta del sindaco, ma senza riuscirvi. A votare a favore della proposta di Falciani sono stati gli ex Ds del Pd, la Sinistra, il Ps, Prc, i Verdi, il Pdci e Unaltracittà. Che non non hanno tenuto conto, oltre che dell’auspicio del sindaco, anche di quello del candidato a succedere a Domenici, Matteo Renzi, contrario alla cittadinanza onoraria a Beppino Englaro. In aula Pdl e Udc hanno votato contro la cittadinanza ad Englaro e i democratici Di Giorgi, Balata, Ricci, Nardella e Carrai.
«Matteo, non ce l’abbiamo fatta»
Se Dario Franceschini in mattinata aveva chiamato il segretario regionale del Pd Andrea manciulli per invitare il gruppo dei democratici di Palazzo Vecchio ad evitare spaccature sul caso Englaro (idem i segretari comunale e cittadino Giacomo Billi e Simone Naldoni con la capogruppo Di Giorgi), ieri sera dopo il consiglio comunale Nardella ha chiamato Renzi. Dicendogli: «Matteo, non ce l’abbiamo fatta». Già ieri, in tarda serata, in una nota, è arrivata la «scomunica» della Diocesi fiorentina, che parla di «un atto nefasto, offensivo e distruttivo». Continuando: «Una maggioranza, peraltro sfilacciata, del Consiglio comunale ha pensato bene di dare un tono di protagonismo a un finale di legislatura problematico. Opporsi a questa improvvida decisione non vuole dire opporsi alla persona del signor Englaro». Intanto, si terrà oggi la seduta del Consiglio regionale dedicata alla votazione degli atti presentati sul testamento biologico e su Eluana. Sul tavolo, la proposta di risoluzione sull'urgenza di una sul biotestamento, presentata dal Pd, e le mozioni presentate da Ps, Sd con Prc, Verdi, Gruppo misto.

Dietro le quinte. La Santa Sede teme una rottura

Corriere della Sera 10.3.09
Dietro le quinte. La Santa Sede teme una rottura
Il Vaticano non vuole un «caso Zapatero» anche Oltreoceano
di Massimo Franco

L'immagine di Barack Obama come una sorta di «Zapatero globale» viene tuttora rifiutata, in Vaticano. È considerata forzata, quasi caricaturale. Significherebbe ammettere che alla Casa Bianca siede un avversario culturale dell'ortodossia cattolica: un esponente di quel Partito democratico statunitense guardato da anni con diffidenza dalla Roma pontificia; e assimilato ad alcune forze della sinistra europea, come i socialisti del premier spagnolo Zapatero, appunto, accusate di fare avanzare l'odiato «relativismo etico ». Ma dopo la decisione della Casa Bianca di non limitare più i finanziamenti alle ricerche sulle cellule staminali, la divisione del lavoro fra vescovi americani e Santa Sede diventa più difficile.
Finora, il tentativo è stato di affidare all'episcopato Usa il compito di criticare l'Amministrazione, mentre il Vaticano si riservava una posizione più defilata; e di distinguere fra il presidente ed i democratici. La tesi di partenza è che Obama ha vinto le elezioni soprattutto in quanto avversario di George W. Bush; ma non perché la maggioranza del Paese condivida l'agenda «liberal» (radicale nella versione europea) del suo partito. Si tratta di un'interpretazione che risponde ad un calcolo paziente: ottenere un distacco della Casa Bianca dal cuore duro ed estremista dell'elettorato; e renderla trasversale. L'operazione nasce da una sintonia oggettiva su immigrazione, crisi economica e politica estera.
Ma per il resto si sta rivelando meno facile del previsto. È vero che alcune assicurazioni sarebbero arrivate. Ad esempio, la nuova Amministrazione avrebbe garantito che il Congresso non affronterà il problema del Freedom of Choice Act, una legge che liberalizzerebbe l'aborto. E la cerchia dei consiglieri presidenziali sta esaminando almeno una decina di candidati alla carica di ambasciatore Usa presso la Santa Sede. Scelta difficile: il Vaticano ha già fatto sapere che darà il gradimento solo ad alcune condizioni. Un paio di nomi circolati informalmente sarebbero stati considerati inadatti, e dunque rimessi nel cassetto. D'altronde, anche i politici cattolici americani sono divisi su aborto e staminali.
E l'episcopato non perde occasione per bacchettare chi non si mostra abbastanza ubbidiente ai principi della dottrina della Chiesa.
Lo conferma l'accoglienza poco meno che gelida riservata al presidente democratico della Camera dei Rappresentanti, Nancy Pelosi, nella sua udienza recente da Benedetto XVI. È solo un altro segnale della difficoltà di ridisegnare i rapporti dopo gli anni di Bush: una fase nella quale, pure, le divergenze fra Usa e Vaticano sulla guerra in Iraq sono state vistose. Ma la sintonia con l'Amministrazione repubblicana sui temi «eticamente sensibili» era quasi totale. Non a caso, nell'ultimo anno a Roma era arrivata come ambasciatrice Mary Ann Glendon.
Bush l'aveva scelta non in quanto giurista di Harvard, ma perché era considerata vicinissima al Papa: al punto da essere la prima donna nominata nel 2004 presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Trovare un nuovo identikit che corrisponda a quello gradito alla Santa Sede non sarà facile. È in atto un silenzioso braccio di ferro, che può diventare imbarazzante se si dovesse prolungare fino all'estate. A luglio Obama è atteso in Italia per il vertice del G8 in Sardegna. E le diplomazie stanno studiando una «fermata tecnica» a Roma che permetta un incontro con Benedetto XVI.
La nomina del nuovo ambasciatore Usa presso la Santa Sede indicherà la piega che stanno prendendo i loro rapporti. E dirà se il fantasma di Zapatero è stato davvero esorcizzato: almeno al di là dell'Atlantico.

lunedì 9 marzo 2009

Il segretario sulla piccola brasiliana rimasta incinta dopo l'abuso

Corriere della Sera 9.3.09
Il segretario sulla piccola brasiliana rimasta incinta dopo l'abuso
«Bimba violentata, sì all'aborto» E Franceschini agita il Pd
di Lorenzo Salvia

Cattolici divisi. Carra: giusto. Fioroni: no, è un'altra violenza
Il segretario del Partito democratico difende la scelta della madre della piccola di interrompere la gravidanza

ROMA — «Credo sia una scelta che dobbiamo rispettare. Probabilmente è stata la scelta giusta». Dario Franceschini, intervistato in tv da Lucia Annunziata, parla così della vicenda della bambina brasiliana di 9 anni che, vittima di uno stupro e rimasta incinta, ha abortito per scelta della madre. Certo, il caso è davvero limite, anche se il vescovo di Recife non ha esitato a scomunicare i medici che hanno interrotto quella gravidanza. Ma resta il fatto che il segretario del Pd, cattolico ed ex Dc, non dice di no all'aborto. E nell'area cattolica del Partito democratico i pareri non sono tutti consonanti.
«Indubbiamente siamo in presenza di un dramma che chiede il massimo rispetto— dice Giuseppe Fioroni — ma è innegabile che per un credente ad una violenza non si può rispondere con un'altra violenza». Sulla stessa linea, anche se «molto tormentato », Renzo Lusetti: «La coscienza si gira e rigira senza trovare pace, ma resto contrario all'aborto anche in un caso limite come questo. Però quella scomunica mi sembra eccessiva. Ne potevano fare a meno». Non entra nemmeno nel merito della questione Paola Binetti, colonna di quella corrente di cattolici di ferro che nel Pd ha preso il nome di teodem. Stavolta sembra un po' imbarazzata: «La cosa sconvolgente è che questi bambini sono fatti oggetto di una violenza che viola la loro innocenza e li espone ad una vita che sarà sempre ferita». D'accordo, ma se la violenza c'è stata, come per la bambina brasiliana, che fare? «Non mi tirerà fuori un giudizio su questo episodio. Sarebbe sbagliato perché daremmo una falsa risposta a un dramma terribile». Fin qui quelli che non condividono le parole di Franceschini. Ma per trovare chi la pensa come il segretario non bisogna andare molto lontano. Anche Enzo Carra appartiene all'area dei teodem, eppure: «In casi come questi bisogna mettere da parte le questioni di principio. Questa è una vicenda talmente eccezionale che richiede un intervento eccezionale. Franceschini ha fatto bene: senza toccare i pilastri della fede stavolta non bisogna aprire il codice morale ma il codice della misericordia umana». Anche un'altra teodem come Dorina Bianchi condivide le parole del segretario Pd: «È una violenza così terribile che non mi sento di esprimere un giudizio negativo sulla scelta della madre di quella povera bambina. A lei va la mia vicinanza e la mia comprensione».
Dalla sponda cattolica del partito, quindi, stavolta arrivano anche parole simili a quelle dell'area diessina: «Credo che Franceschini — osserva Marina Sereni, vice capogruppo del Pd alla Camera— abbia espresso con cautela una posizione di grande buon senso. Anche in Italia, nel rispetto della legge, l'aborto è diventato per tante persone credenti non un diritto o una libertà, ma una scelta in alcuni casi dolorosa ma indispensabile per contrastare il dramma ancora più nero degli aborti clandestini». Cattolici favorevoli all'aborto? «Da almeno 30 anni — dice Marco Cappato — buona parte dei credenti sta dalla nostra parte, dalla parte dei radicali che con la prevenzione e l'informazione vogliono sconfiggere l'aborto clandestino. A restare indietro non sono loro ma le gerarchie vaticane e la politica clericale. Bravo Franceschini. Ma insomma, ha solo detto una cosa di buon senso, nulla di più».

sabato 7 marzo 2009

Il senatore Pd: «Fine vita, il testo Calabrò è incostituzionale»

Liberazione 7.3.09
Il senatore Pd: «Fine vita, il testo Calabrò è incostituzionale»
Marino: «Ripartire da Oviedo. E non farò ostruzionismo»
di Angela Mauro

In vista della discussione sul testamento biologico martedì prossimo in Senato, Ignazio Marino, medico, ex presidente del gruppo Pd in commissione Sanità, di fede cattolica e di fatto promotore instancabile di una legge laica sul "fine vita", non ha perso proprio tutte le speranze per un dialogo con il Pdl in modo da raddrizzare la linea del testo Calabrò. «Se accettano di inserire nell'articolo 1 un riferimento alla convenzione di Oviedo, allora può partire la vera discussione...».
L'esame degli emendamenti è slittato a martedì. Il weekend porterà buoni consigli?
Giovedì in commissione ho parlato chiaramente. Finora del testo Calabrò è cambiato ben poco, è stata eliminata solo la parte impraticabile che obbligava i cittadini che volevano dichiarare le proprie volontà sul fine vita a recarsi ogni tre anni dal notaio accompagnati dal medico e da un fiduciario. Una disposizione che, se attuata da un terzo degli italiani, porterebbe i notai a produrre ben 85mila atti gratuiti e ogni medico, che in Italia ha circa 1.500 assistiti, a recarsi dal notaio 500 volte l'anno, insomma andare dal notaio sarebbe diventata la sua attività principale.
Si trattava di una questione di forma che di fatto rendeva inapplicabile il testamento biologico. Ora, eliminato questo ostacolo, nel testo Calabrò resta però tutta la questione sostanziale. E cioè il fatto che un medico che acconsenta alla volontà del paziente di mettere fine alla propria assistenza e che quindi acconsenta alla fine naturale della vita sia di fatto esposto ad un reato penale. Pensiamo alla situazione di Pier Giorgio Welby: Mario Riccio, il medico che l'ha assistito e che ha assecondato la sua volontà di morire, sarebbe un criminale se il testo Calabrò fosse stata legge. Il Pdl risponde dicendo che sono io a non comprendere che invece la loro proposta non impedisce al medico di comportarsi come ha fatto Riccio. Allora io dico: benissimo, se così è, togliamoci dall'impasse e accettate di scrivere all'articolo 1 che il punto di riferimento è il consenso informato del paziente, cioè che ognuno può decidere di esprimere un dissenso alla terapia in ogni momento, come stabilisce la convenzione di Oviedo recepita in Italia con la legge 145 del 2001.
Il Pdl dice che il consenso informato c'è già nella proposta Calabrò.
Se a me e a molti viene il dubbio che di fatto la legge esponga i medici e i cittadini ad una conflittualità che può finire in tribunale e se il Pdl mi dà ragione sul fatto che invece non debba essere così, allora perché non inserire il riferimento alla convenzione di Oviedo? Da lì poi comincia la vera discussione, anche perché resta lo spinoso capitolo su idratazione e nutrizione che il testo Calabrò non definisce più come trattamenti sanitari e li sottrae alla libera scelta della persona.
Il problema sta solo nel difficile, se non impossibile, dialogo con il Pdl o anche nel Pd ci sono ancora questioni irrisolte tra laici e cattolici sul testamento biologico?
La linea del partito è stata definita in modo molto chiaro dalla presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro. La proposta di legge del Pdl, così com'è, è anticostituzionale: si è passati dall'obiettivo di dare ai cittadini una possibilità di scelta anche quando non potevano più scegliere ad una legge che invece toglie la libertà di scelta anche a chi può ancora decidere.
Pensa che Rutelli tornerà alla carica con la sua "terza via" tanto apprezzata dal Pdl?
Non ho parlato con Rutelli.
Lei ha minacciato l'ostruzionismo in commissione, se il Pdl non darà chiari segnali di disponibilità al confronto. La battaglia si sposterà quindi direttamente in Aula?
Teoricamente è possibile. Dipenderà dall'impegno di tutta l'opposizione e dalla disponibilità della destra. Se deciderà di fare chiarezza e di inserire il riferimento a Oviedo nell'articolo 1, decadrà ogni necessità di fare ostruzionismo. Sennò io, per quanto mi riguarda, considererò il tutto una mancata occasione e farò ostruzionismo.
E nel caso bisognerà vedere quanti la seguiranno nel Pd.
Devo dire che traggo molta forza dal sito - www.appellotestamentobiologico.it - che ho messo su con persone dai percorsi molto diversi tra loro, da Marcello Lippi e Luciana Littizzetto, Eugenio Scalfari. In poche settimane, abbiamo contato 250mila adesioni da parte di cittadini che con nome e cognome ci hanno espresso i loro pensieri, hanno dichiarato il loro appoggio al mio disegno di legge in materia, totalmente ignorato dalla destra che non pensa ad una legge utile ai cittadini, bensì ad un provvedimento che porti una bandiera ideologica.
Ritiene probabili ricorsi alla Corte Costituzionale se il testo Calabrò diventasse legge?
Credo sia inevitabile, ce ne saranno migliaia di persone in situazioni tali da ricorrere alla Consulta.
Sarebbe stato meglio non legiferare su questo tema, come proponeva Panebianco sul Corsera, indicando che negli ospedali italiani si staccano spine ogni giorno senza che l'opinione pubblica lo sappia?
Non so se si staccano spine, ma io sogno un paese dove non si dica "facciamo all'italiana".
Di Pietro, che pensa al referendum abrogativo, corre troppo?
In questo momento bisogna impegnarsi per fare una legge applicabile, utile e che difenda la libertà di scelta. Poi è chiaro che, se non ci si riesce, si indagheranno tutte le altre strade.

venerdì 6 marzo 2009

Pd, testamento cattolico

Il manifesto 4.3.09
Pd, testamento cattolico
di Eleonora Martini

La destra non litiga più, i democratici si affidano al pro-life Bosone Mediazione di Franceschini: si fa spazio la linea Rutelli
C'è una notizia buona e una cattiva, per il Pd, sul testamento biologico. Quella buona è che la Commissione Igiene e Sanità del Senato ha due settimane di tempo in più per lavorare sul ddl Calabrò prima di portarlo in Aula (il 19 marzo anziché il 5, come ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo recependo l'invito del presidente Schifani). Quella cattiva è che il Pdl è riuscito di nuovo, per il momento, a serrare i ranghi incassando il sì della Commissione Affari costituzionali sul testo (dopo le minacce di sostituzione da parte del Pdl, è rientrato il voto dell'ex dissenziente Malan mentre il senatore Saro pur confermando il suo dissenso ha rinunciato a partecipare alla votazione) sia pure con l'invito a «riformulare in modo meno rigido il comma 2 dell'articolo 2», quello cioè che vieta di sospendere qualsiasi attività medica se ciò comportasse un'accelerazione della morte. Due notizie che hanno convinto il segretario del Pd Dario Franceschini a convocare nella sede del partito, insieme alla capogruppo del Senato Anna Finocchiaro, Ignazio Marino e Dorina Bianchi (rispettivamente ex e attuale capogruppo democratico in commissione Sanità, di opposti orientamenti sul tema), per fare il punto sulla "quarta via" proposta dal cattolico Daniele Bosone che sta lavorando ad un emendamento piuttosto pericoloso per l'unità del Pdl in materia. Anche se, secondo la versione ufficiale, nella riunione «si è parlato d'altro» ma Franceschini avrebbe «strigliato» i due «litiganti» Bianchi e Marino perché, «con una forte esposizione mediatica», continuerebbero «a farsi la guerra in pubblico su un tema così delicato».
In realtà l'emendamento Bosone, che sarà presentato direttamente in Aula e che secondo il suo stesso estensore «non sarà certo un motivo di scontro tra di noi, anzi, la proposta di modifica verrà depositata solo se rappresenterà la posizione dominante nel partito», potrebbe addirittura aumentare i mal di pancia dell'area laica del Pd. Perché la bozza di emendamento - «ci stiamo lavorando insieme con tutti i membri Pd della commissione», afferma una ben disposta Dorina Bianchi - va incontro non poco alla «terza via» di Francesco Rutelli, sempre più apprezzata in casa berlusconiana. In poche parole, Bosone sostiene che la nutrizione e l'idratazione artificiali sono da garantire a tutti tranne che in alcuni eccezionali casi: quando esplicitamente rifiutati nel testamento biologico (come da «orientamento prevalente» nel Pd) e si è in presenza di «morte corticale» (come nel caso di Eluana, ma è un concetto non scientificamente definito). In ogni caso, la decisione finale spetta, secondo la "quarta via" di Bosone, al medico (come vuole Rutelli) ma d'accordo con i familiari. 
E ora in Commissione Sanità - dove i 495 emendamenti accettati verranno messi ai voti verosimilmente giovedì - il Pd aspetterà, come annuncia Dorina Bianchi, di sentire oggi «la replica della maggioranza e del relatore per decidere come comportarci». E già Calabrò ha annunciato per oggi la presentazione di «due miei emendamenti, con cui riscriviamo in modo più ordinato gli articoli 1, 2 e 3 che contengono i principi fondamentali, mentre un altro punto modificato sarà quello relativo al notaio, che pensiamo di sostituire con il medico di medicina generale». Una mossa, quella del relatore di maggioranza, dettata dall'«invito» espresso dalla Commissione Affari costituzionali a riformulare «in modo meno rigido» l'articolo 2 («ci porterà a rileggerlo con attenzione ed eventualmente a precisarlo», è stato il commento dello stesso Calabrò). Anche perché con 15 voti a favore e 12 contrari (10 del Pd e 2 dell'Idv) la Commissione ha concesso infine il suo parere favorevole al ddl. Facile, dopo le minacce di sostituzione che il Pdl aveva rivolto ai due senatori dissenzienti Malan e Saro: il primo ha deciso di votare a favore della costituzionalità del testo e il secondo, sia pure esprimendo il proprio dissenso, ha preferito non partecipare al voto. «Se fosse per me il comma 2 dell'articolo 2 andrebbe abolito, come altri articoli del ddl che sono incostituzionali, - racconta al manifesto Giuseppe Saro - perché è impostato in modo tale che potrebbe portare a vietare perfino la morfina ai malati terminali, e la Commissione ha trovato un modo molto elegante per dire che va modificato profondamente». Dunque, perché il senatore Pdl ha scelto di non votare? «Mi auguro che vengano rimossi in seguito». Altrimenti? «Non è un mistero: voterò contro il ddl Calabrò».